Festival di Berlino 2014, James Schamus: «La pirateria è una realtà, ma il cinema non è morto»
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Festival di Berlino 2014, James Schamus: «La pirateria è una realtà, ma il cinema non è morto»

Il presidente della giuria e i suoi colleghi sono intervenuti alla conferenza stampa di presentazione della nuova edizione della kermesse, partita ieri

Festival di Berlino 2014, James Schamus: «La pirateria è una realtà, ma il cinema non è morto»

Il presidente della giuria e i suoi colleghi sono intervenuti alla conferenza stampa di presentazione della nuova edizione della kermesse, partita ieri

La Berlinale si è aperta oggi con la conferenza stampa della giuria, quest’anno presieduta da James Schamus, produttore e sceneggiatore (tra gli altri, di vari film di Ang Lee, tra cui La tigre e il dragone, Lussuria e Tempesta di ghiaccio). Al suo fianco il regista francese Michel Gondry, le attrici Greta Gerwig (Frances Ha, To Rome with Love) e Trine Dryholm (In un mondo migliore, Festen, Love is All You Need), gli attori Christoph Waltz e Tony Leung (che era qui lo scorso anno con The Grandmaster), la documentarista iraniana Mitra Farahani e la produttrice di James Bond, Barbara Broccoli.

Il clima, a parte il triste ricordo di Philip Seymour Hoffman, che di Berlino è stato varie volte ospite, è molto cordiale, con i membri della giuria che trovano anche tempo per scherzare. Come quando un giornalista male informato fa le congratulazioni a Greta Gerwig per una nomination all’Oscar (per Frances Ha, il suo ultimo film, come molti effettivamente si aspettavano) che in realtà non le è mai arrivata….

La giuria, però, non si sbottona quando i giornalisti dei rispettivi paesi (la Cina per Tony Leung, i tedeschi per Waltz, che pure è austriaco) chiedono pronostici sulla qualità delle pellicole nazionali. Schamus si rifiuta di fare previsioni e illazioni, «specie in una stanza piena di giornalisti…».

E a chi chiede se hanno ancora senso i grandi Festival in un mondo di gente, soprattutto giovani, che i film se li vede ormai soprattutto a casa, magari scaricati illegalmente, Schamus ricorda che se lui a New York rischia di essere lo spettatore più giovane nei cinema d’essai che frequenta, in paesi come la Cina nascono ogni giorno decine di nuove sale e i giovani le affollano ora più che mai.

L’imbarazzo è palpabile, invece, quando qualcuno chiede se vadano usati criteri morali nell’assegnare anche i premi cinematografici. Il riferimento a Woody Allen (quest’anno candidato agli Oscar con Blue Jasmine e nei giorni scorsi sotto attacco per le accuse di pedofilia rivoltegli dalla figlia adottiva) è immediato, ma Schamus riesce ad evitare le polemiche (i criteri morali sono già stati applicati nella selezione delle pellicole) e a tornare a parlare del Concorso, che quest’anno si presenta molto agguerrito.

Gondry, il più comicamente in difficoltà con domande e risposte in inglese, si ritroverà a fare doppio lavoro, dato che un suo documentario (Is the Man who is tall Happy?) viene presentato nella sezione Panorama. I Festival, per lui, sono ancora qualcosa di importante «aiutano i film a esistere, a trovare un pubblico che altrimenti non avrebbero». E comunque Berlino gli piace, come gli piace l’atmosfera friendly che si respira, meno caotica che altrove.

Tony Leung è convinto che negli anni a venire, con l’espansione globale del cinema del suo paese, ci saranno sempre più film cinesi ai Festival. Per lui è la prima esperienza da giurato e trova la cosa estremamente gratificante. «Non ho mai avuto modo di vedere dei film insieme ad altri a un festival, perché di solito sto sempre lavorando. Invece stavolta avremo modo di vedere tante pellicole e poi discuterne».

E discussioni dopo le pellicole se le immagina anche la regista iraniana Farahani, qui considerata la “giovanissima”. Secondo lei «il sentimento che si ha quando si fa parte della giuria non è poi così diverso da quello che si ha uscendo dal cinema normalmente. Semmai lo sforzo da fare è quello della condivisione».

In merito ai dibattiti a seguito delle proiezioni, presidente e giurati non si fanno mancare le battute: «La giuria come una grande famiglia? Si vede che non consce la mia di famiglia» risponde Schamus . Ma in un certo senso il paragone resta perché la famiglia «è un luogo dove si interagisce a un livello quasi molecolare, tenuto insieme da qualcosa di potente. Così come in un certo senso anche una giuria è tenuta insieme nello stesso modo… dall’amore per il cinema!».

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