Festival di Berlino 2014: The Beloved Sisters, un ménage a trois ai tempi dell'Illuminismo
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Festival di Berlino 2014: The Beloved Sisters, un ménage a trois ai tempi dell’Illuminismo

Diretto da Dominik Graf, un dramma storico dalle risonanze inaspettatamente contemporanee

Festival di Berlino 2014: The Beloved Sisters, un ménage a trois ai tempi dell’Illuminismo

Diretto da Dominik Graf, un dramma storico dalle risonanze inaspettatamente contemporanee

Un ménage a trois ai tempi dell’Illuminismo. Al secondo giorno di concorso la Germania sforna con The Beloved Sisters di Dominik Graf un dramma storico dalle risonanze inaspettatamente contemporanee. Una storia d’amore unica, che ha per protagonista il poeta, drammaturgo Friedrich Schiller e due sorelle, nobili ma squattrinate: la giovane e timida Charlotte von Legenfeld e la sorella infelicemente maritata Caroline von Beulwitz. Le due giovanissime avevano giurato di dividersi tutto e a quel che si vede nel film il giuramento viene preso seriamente. La prima a conoscere Schiller, allora un poeta squattrinato e in esilio dalla sua stessa patria, è la giovane Charlotte, che vive presso la sua madrina in attesa di trovare un partito facoltoso quanto quello che è capitato alla sorella Caroline che ha salvato dalla povertà lei è la madre. A incoraggiare la relazione, però, ci pensa l’intraprendente Caroline, che invita il giovane Schiller a passare l’estate seguente vicino casa sua dove è ospitata anche Charlotte. Ma nell’estate del 1788 a Rudolstadt, quella che all’inizio sembrava una storia romantica come tante altre diventa un legame unico e particolare. A unire i tre sono la poesia e la letteratura, ma anche un inaspettato bagno nel fiume che fa scoprire alle due sorelle le doti non solo letterarie del loro amato. Da qui un patto segreto che prevede il matrimonio di Schiller con Charlotte e il trasferimento da loro di Caroline, che non sopporta il marito ricco ma ottuso e ossessionato dalla discendenza. Ma i ménage a trois, anche quelli animato dalle corrispondenze di amorosi sensi, non funzionano proprio pacificamente e i contrasti e le gelosie non tardano ad arrivare.  Se Charlotte diventa moglie e madre, la passionale Caroline condivide con Schiller la scrittura di un romanzo pubblicato anonimo e anche di qualche notte molto focosa dalle conseguenze prevedibili. La storia, tra alti e bassi, andò avanti per quattordici anni, e mentre l’Europa prima conosceva gli entusiasmi per l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese e poi la violenza che ne nacque i tre si scambiavano lettere in codice per non farsi scoprire da parenti troppo interessati e dai benpensanti.

«Un ménage a trois basato sulla tenerezza, non sull’erotismo, un’unione di cuori che battono all’unisono» sottolinea il regista Graf, che ha all’attivo  sia cinema che televisione ( non a caso The beloved sisters ha già in effetti una versione un po’ più lunga pronta per diventare una miniserie TV). «Mi interessava fare un film sulla scoperta dell’amore. Anche quando andavo a scuola si parlava d’amore. Le parole sono al centro di questa storia, le parole usate per descrivere l’amore». I tre innamorati, del resto si scrivono e leggono moltissime lettere, che seguono passo passo l’evolversi della loro storia e che il regista riporta fedelmente…. Salvo farci scoprire solo nel finale che molte di esse sono frutto della sua invenzione, ricostruite a posteriori da quelle rimaste dopo che Carolina ormai vecchia, vergognandosi del suo passato, ne aveva distrutto la maggior parte. «Ci siamo divertiti a scrivere queste lettere, che sono piene di sentimento, anzi dei sentimenti liberamente riversati sulla carta».

Secondo l’attore Florian Stetter, che interpreta uno Schiller timido e pure un po’ imbranato ma con donne disposte a tutto per averlo (una ex amante minaccia anche il suicidio): «lui era sinceramente innamorato di tutte e due le sorelle, ha cercato di amare tutte e due».
Entusiaste anche le due attrici (Henriette Confurius e Hannah Herzsprug) che non hanno sentito il peso di recitare in un film storico: «Ci sono i costumi e per un po’ ti sentì come se recitassi in un mondo fantastico, ma i costumi cambiano anche subito i tuo modo di comportarti, di muoverti, e alla fine te li dimentichi». E se a qualcuno quasi tre ore per raccontare questa storia d’amore sono sembrate un po’ troppo il regista risponde convinto: «Parliamo di un’epoca in cui la gente ci metteva molto a viaggiare. La lunghezza ha anche a che fare con l’epoca, ma per un’epoca in cui ci si muoveva lentamente non ho voluto dare a film una velocità artificiosa».

Vedremo cosa ne penserà il pubblico…

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