Festival di Roma 2010: The Back, il noir che arriva dalla Cina
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Festival di Roma 2010: The Back, il noir che arriva dalla Cina

Liu Bingjian dirige un noir che attraversa gli orrori della Rivoluzione Culturale cinese degli anni 70 e ne mostra le conseguenze contemporanee

Festival di Roma 2010: The Back, il noir che arriva dalla Cina

Liu Bingjian dirige un noir che attraversa gli orrori della Rivoluzione Culturale cinese degli anni 70 e ne mostra le conseguenze contemporanee

Il regista Liu Bingjian si fa notare alla fine degli anni novanta con Men and Women, un film subito censurato a causa dei suoi contenuti omosessuali. Oggi Bingjian scrive e dirige Bei Mian – The back, interpretato da Hu Bing, Xu Ning, Xu Chengfeng, Jia Yuanyuan, Chen Youwang e Hairong Tiantian.

Il film, coproduzione franco-cinese, racconta la storia di Hong Tao, un trentenne che gestisce un ristorante, con molte ombre sul suo passato. Il padre del ragazzo infatti, ai tempi della Rivoluzione Culturale, era letteralmente ossessionato dai dipinti del presidente Mao, che raffigurava in ogni modo su ogni superficie. La sua ossessione lo porta addirittura a tatuare brutalmente pelli umane. Hong Tao vorrebbe scrollarsi di dosso il passato e rinnegare questa eredità cancellandone le tracce, ma questo non è facile poiché avidi collezionisti di opere d’arte, tra cui anche sui vecchi amici, per denaro, sono pronti a tutto.

Con The Back, Bingjian ci offre una rilettura contemporanea in chiave noir della rivoluzione maoista e delle crudeltà che l’hanno accompagnata.

Il film, basato sull’omonimo romanzo, reca alcuni tratti autobiografici del regista che ha dichiarato: «Fin da quando ero bambino, ho la passione per la pittura, e l’unica cosa che dipingevo era Mao. Quando ho letto la storia per la prima volta sono rimasto sbalordito dall’idea dell’autore di far realizzare al protagonista i dipinti di Mao sulla pelle umana. Mi ha fatto pensare alla mia infanzia e alle sensazioni provate durante lo strano periodo della Rivoluzione Culturale. In quel periodo l’unico soggetto che disegnavamo all’infinito era il ritratto del presidente. Volevo che questa storia si focalizzasse completamente sulle paure, sui sentimenti, sulla vita e le esperienze a partire da quell’epoca fino ad oggi. La trama non è una storia vera, neanche i personaggi lo sono, ma rappresentano la mia visione della società e ciò che la mia generazione ha vissuto. Il protagonista rappresenta la gente che ha dovuto attraversare questo problematico periodo del culto di Mao, i sentimenti che avevamo sono davvero reali».

Il regista ha deciso di utilizzare il genere thriller, convinto che la gente si senta più coinvolta e possa capire meglio quello che lui vuole esprimere, ovvero le oppressioni e le angosce di un passato che ancora oggi è molto presente nei cinesi che lo hanno vissuto.

Bingjian non ha realizzato un documentario, ma un film raccontato in modo «quieto e fermo» per esprimere al meglio i sentimenti dei protagonisti in ogni singolo momento. «La telecamera», dichiara, «doveva essere come un occhio che da distanza osservava la pazzia del mondo. In questo modo il pubblico non si trova in mezzo ma mantiene una visone distaccata. Ho voluto mettere in evidenza la totale mancanza di relazione tra il protagonista e il mondo intorno a  lui».

The Back è un film cupo che ben trasmette le intenzioni del regista, i dialoghi sono ridotti al minimo, tutto è lasciato allo sguardo e alle sensazioni del protagonista, esprimendo al meglio il peso di un segreto troppo grande e troppo doloroso da poter confessare e da poter cancellare, alienandosi da un mondo che lo rincorre e da cui lui vuole sfuggire.

Di seguito alcune foto del Red Carpet:

Hu Bing e Amelie Daure

Incontro di Hu Bing con le sue fans


Il cast ed il regista


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