Festival di Roma 2012: il Verdone privato raccontato in Carlo! «La mitomania è la malattia dell'oggi»
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Festival di Roma 2012: il Verdone privato raccontato in Carlo! «La mitomania è la malattia dell’oggi»

Presentato il documentario di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni sull'attore e regista romano, tra le testimonianze dei colleghi e uno sguardo esclusivo al suo privato

Festival di Roma 2012: il Verdone privato raccontato in Carlo! «La mitomania è la malattia dell’oggi»

Presentato il documentario di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni sull'attore e regista romano, tra le testimonianze dei colleghi e uno sguardo esclusivo al suo privato

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È un ritratto a 360° sull’uomo e il personaggio Verdone quello realizzato a quattro mani da Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni in Carlo!, documentario presentato alla stampa al Festival Internazionale del Film di Roma come evento di apertura della nuova sezione voluta dal direttore Marco Müller e dedicata al nostro cinema, Prospettive Italia. In 75 minuti l’attore e regista romano si racconta, mettendo a nudo davanti alla telecamera la sua abilità di far ridere con poco, e al contempo la sua natura più nascosta e malinconica. L’intento di Giagni e Ferzetti non è quello, più classico, di raccontare la carriera dell’artista, che naturalmente viene tratteggiata, ma di focalizzarsi sul Verdone uomo, che pur avendo raggiunto la notorietà non ha perso la sua vera essenza di romano e di persona semplice. Certo si ride molto grazie alle imitazioni regalate dall’artista alla telecamera, a un montaggio sapiente in cui le battute dei suoi film più famosi e gli sketch memorabili vengono riproposti in uno spassoso susseguirsi, ma soprattutto si cerca di guardare sotto la superficie del personaggio per raccontare appieno la sua specificità, il segreto della “verdonità”.

A questo servono i due registri usati dagli autori, quello più “da fan” e costruito per suscitare l’entusiasmo degli appassionati, e quello più rigoroso, realizzato con sequenze in studio e con un contenuto davvero eccezionale, un filmato ripreso nella casa d’infanzia ormai dismessa dell’artista, in cui un commosso Verdone ricorda dove metteva in scena i primi spettacolini da bambino o spiava il celebre padre Mario (docente universitario, grande studioso di teatro e cinema, ndr) con i suoi amici. A legare le due anime del film le tante testimonianze di chi lo conosce bene: Margherita Buy ricorda la tensione sul set di Maledetto il giorno che t’ho incontrato; Laura Morante svela di aver ricevuto lo sconto in un negozio perché riconosciuta come l’attrice di Verdone, mentre «nessuno mi ha mai detto niente per Bertolucci»; la figlia Giulia confessa di aver capito quanto fosse famoso solo all’università, ma ricorda che da bambina il padre le chiedeva di includere Jimi Hendrix nella preghierina della sera.

L’onestà di questo documentario è anche nella completezza del racconto: non solo il Verdone mitico e divertente, ma anche il regista non tanto riuscito e l’artista che ha dovuto faticare. Il critico Goffredo Fofi torna a dire come Verdone sia un buon attore ma che, come Alberto Sordi e Massimo Troisi prima di lui, non si può dire lo stesso della qualità della sua direzione. Un taglio rigoroso che da subito è piaciuto all’oggetto del documentario, lo stesso Verdone: «Non avrei mai accettato si facesse un lavoro su di me che fosse celebrativo» ha detto in conferenza stampa. «Anzi, da subito ho apprezzato che a propormelo fossero Gianfranco, che conosco, e Fabio, un critico che con me e i miei film è sempre stato severo». E puntuale è anche il risultato di questo lavoro (che sarà distribuito in home video nell’arco di un mese, probabilmente da Warner, e in seguito passerà sui canali del bouquet Rai): Verdone è innamorato della gente, un grande osservatore, ed è ancora estremamente curioso. Questo, in sintesi, il suo segreto.

«Prima ogni personaggio aveva una sua particolarità: il coatto, il trasteverino con la battuta sarcastica sempre pronta» ha spiegato Verdone. «Oggi sono tutti uguali, nessuno svetta in modo particolare, è una società omologata di cui il calcio è uno specchio nitido: hanno tutti i capelli tagliati allo stesso modo, tutti vistosi tatuaggi. È sempre più difficile scovare qualcosa di curioso tra la gente. Noto piuttosto delle patologie, per esempio la mitomania è una malattia dell’oggi. Noi comici siamo stati scavalcati dalla politica, che ormai per quanto puoi inventare ti surclassa con le verità assurde che leggiamo sui giornali. Adesso sento che il mio desiderio di raccontare non è più legato al personaggio ma al tema. Mi rimaneva il desiderio di andare ai festival perché le commedie ci vanno raramente, ma grazie a questo documentario ci sono riuscito e sono molto grato».

Radiografia totale su carriera, vita e idiosincrasie di Verdone, Carlo!  ha il merito di regalare al regista e attore il testamento artistico che forse da solo non si sarebbe concesso.

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