Festival di Venezia 2019, Panama Papers: la recensione del film di Steven Soderbergh con Meryl Streep e Gary Oldman
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Festival di Venezia 2019, Panama Papers: la recensione del film di Steven Soderbergh con Meryl Streep e Gary Oldman

Al centro della storia, lo scandalo finanziario che ha coinvolto politici e celebrità internazionali

Festival di Venezia 2019, Panama Papers: la recensione del film di Steven Soderbergh con Meryl Streep e Gary Oldman

Al centro della storia, lo scandalo finanziario che ha coinvolto politici e celebrità internazionali

A seguito di un tragico incidente, una vedova si ritrova a indagare su una fantomatica compagnia assicurativa che aiuta i miliardari del mondo a prosperare ancora di più trovando espedienti e modi per raggirare il sistema finanziario.

Per il suo secondo film dell’anno (il primo, High Flying Bird, è su Netflix da diversi mesi), Steven Soderbergh affronta un argomento complesso e poco audience-friendly come lo scandalo finanziario dei Panama Papers, che un po’ di tempo fa ha catalizzato l’attenzione dei media internazionali grazie anche al coinvolgimento di numerosi politici e celebrità. Il regista, però, evita sia l’inchiesta drammatica che la ricostruzione didascalica, scegliendo piuttosto un registro fatto di umorismo grottesco e strambo: in sostanza, l’opera non si prende (quasi) mai sul serio, e lo dice chiaro e tondo fin dall’incipit, in cui Gary Oldman e Antonio Banderas rompono la quarta parete interagendo col pubblico in compagnia di alcuni uomini primitivi (WTF?!).

I dialoghi sono serrati e continui, la narrazione passa costantemente da un personaggio all’altro (ritagliando dei veri e propri capitoli che sembrano film a parte), e l’ambientazione si sposta da Los Angeles a Las Vegas alla Cina al Messico a Panama City senza soluzione di sorta: non è sempre facile seguire tutti i meccanismi in atto e quello che sta succedendo, ma il ritmo – scandito alla perfezione – non ti molla mai un secondo per tutti e 96 minuti di durata, e a prevalere è un mood ludico con tanto spirito e brio. Soderbergh, insomma, trasforma uno dei più grandi scandali finanziari dei nostri tempi in un pimpante divertissement: non esattamente ciò che uno tenderebbe a fare quando racconta un argomento così attuale e scottante, per quanto, effettivamente, la soluzione più plausibile che ci saremmo aspettati dal regista della trilogia di Ocean’s Eleven e di The Informant.

A rendere la visione ancora più godibile, ovviamente, è lo stellare cast: Gary Oldman e Antonio Banderas fanno grande sfoggio di carisma; ci sono – chi in ruoli più di spicco e chi in brevi camei – nomi come Sharon Stone, David Schwimmer, James Cromwell, Matthias Schoenaerts, Alex Pettyfer, Will Forte e Jeffrey Wright; ma la migliore della squadra – e siamo pronti a scommettere su un’altra candidatura ai prossimi Oscar – è Meryl Streep, qui addirittura in un doppio ruolo. Le poche scene drammatiche ce le regala lei e arrivano inaspettatamente, spezzando l’atmosfera burlesca per iniettare un tocco di umanità in questa pazzesca storia. E quando infine si rivolge alla cinepresa per il discorso conclusivo, a scoppiare in sala – qui al Festival di Venezia – sono gli applausi.

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