«Trovo molto simbolico presentare questo film in una città come Venezia». A parlare è Greta Thunberg, la giovane attivista che negli ultimi anni è riuscita a dare vita a un movimento popolare contro il cambiamento climatico che ha coinvolto milioni di giovani (e non solo) in tutto il mondo. «È la prima volta che vengo a Venezia», le fa eco il regista di Greta, documentario presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia, Nathan Grossman: «Ieri ho navigato lungo i suoi canali, è una città bellissima, ricca di storia. Sarebbe terribile vederla devastata dall’innalzamento del mare. Io e Greta pensiamo alle conseguenze del cambiamento climatico in ogni luogo in cui ci rechiamo e devo dire che questo è uno dei luoghi che più di tutti mi ha fatto riflettere sugli argomenti di cui trattiamo nel documentario».
Greta è una cronaca dettagliata dei mesi che hanno visto la giovane svedese al centro dell’attenzione mediatica di tutto il mondo, nel quale il regista evita qualsiasi tipo di spettacolarizzazione o strumentalizzazione. «Quando ho iniziato a girare il documentario non sapevo bene cosa avrei avuto tra le mani, mi sono semplicemente limitato a riprendere Greta e la sua famiglia nella loro quotidianità. Andando avanti nelle riprese, ho capito che questo approccio da Cinéma Vérité era quello giusto, soprattutto quando il movimento contro il cambiamento climatico ha iniziato ad assumere dimensioni importanti e questo ci ha portati a viaggiare molto. Ho ritenuto inopportuno inserire interventi di altre persone».
«Sono sempre stata appassionata di scienza, fin da quando ero molto piccola ho preso coscienza del problema del cambiamento climatico. Temevo di crescere e passare il resto della mia vita chiusa in un laboratorio o in una cantina a fare esperimenti. Invece, ho capito che, oltre a un maggior impegno scientifico, in questo momento c’è un estremo bisogno di agire per cambiare la coscienza sociale in merito a questi argomenti».
«Molte persone sostengono che non parli a mio nome, che ci sia qualcuno che mi controlla e che sfrutta la mia immagine. Spero che il documentario dimostri una volta per tutte che non è così», continua la Thunberg, della quale, nel film, si esplora anche la convivenza con la Sindrome di Asperger, condizione in grado di crearle forti sbalzi emotivi, soprattutto viste le situazioni di forte tensione che il suo impegno la costringe ad affrontare. «Abbiamo lavorato per molti mesi al montaggio, in cerca del giusto equilibrio che ci permettesse di raccontare sia il personaggio pubblico di Greta che la sua sfera privata, non è stato semplice», sostiene la produttrice, Cecilia Nessen.
Per far comprendere ulteriormente l’approccio intimistico del progetto, Grossman chiede alla Thunberg di spiegare ai giornalisti da quante persone era composta la troupe che la seguiva: «Be’, fondamentalmente c’eri soltanto tu che cercavi di gestire tutto quanto», gli risponde la giovane attivista. «Sembrava tutto molto poco professionale. Sembrava tutto molto spontaneo. Nathan si limitava a seguirmi e a riprendermi, cercando di farsi notare il meno possibile. Sono contenta perché, contro ogni mio dubbio iniziale, Nathan è riuscito a ritrarmi per come sono veramente, non come le persone credono che io sia. Sono molto diversa dalla ragazzina che grida e si agita davanti alle Nazioni Unite».
«La cosa più bella di lavorare a stretto contatto con Greta è stato scoprire quanto sia non solo carismatica, ma anche molto divertente», continua Grossman. Quando gli viene chiesto se ha intenzione di continuare a seguire Greta nei prossimi passi del suo percorso, il regista sostiene di non avere piani in tal senso, ma che ha intenzione di continuare a dedicare il suo lavoro alla tematica del cambiamento climatico, che ritiene della massima importanza.
Infine, quando le viene chiesto quali saranno i prossimi passi che il movimento dovrà compiere nel mondo colpito dal Coronavirus, Greta risponde: «Dobbiamo continuare a lottare per i nostri obiettivi, non possiamo fare altro che andare avanti pensando alla sicurezza di tutti. Nel rispetto delle norme di sicurezza legate alla pandemia, dobbiamo continuare a lavorare affinché sempre più persone comprendano qual è la posta in gioco».
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