Festival di Venezia 2020, Tilda Swinton e Pedro Almodóvar: la strana coppia che conquista il Lido
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Festival di Venezia 2020, Tilda Swinton e Pedro Almodóvar: la strana coppia che conquista il Lido

Presentato a Venezia il cortometraggio "La voce umana" in cui Tilda Swinton e Pedro Almodóvar lavorano per la prima volta insieme

Festival di Venezia 2020, Tilda Swinton e Pedro Almodóvar: la strana coppia che conquista il Lido

Presentato a Venezia il cortometraggio "La voce umana" in cui Tilda Swinton e Pedro Almodóvar lavorano per la prima volta insieme

Lei, la più algida, tanto eterea da sembrare una creatura caduta sulla Terra da un altro pianeta. Lui, il re delle “donne sull’orlo di una crisi di nervi”, delle passioni terrene, sanguigne. Tilda Swinton e Pedro Almodóvar sembravano agli antipodi, eppure dal loro incontro è nato un film esplosivo, La voce umana, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia in occasione del Leone d’Oro alla carriera per l’attrice britannica. Nel cortometraggio, trenta minuti ispirati al classico monologo di Jean Cocteau celebre anche nella versione di Roberto Rossellini con Anna Magnani, Tilda ci regala la sua ennesima trasformazione, forse la più inedita. Dopo ruoli diversissimi come la strega di Suspiria, il vampiro moderno di Solo gli amanti sopravvivono, l’androgino Orlando e l’immortale Antico di Doctor Strange, per Pedro diventa in una donna travolta dalla disperazione dell’abbandono, in attesa che l’amante venga a casa per l’ultima volta a prendere le sue valigie e sparire dalla sua vita. Non verrà, ma le farà una telefonata, della quale noi sentiamo solo la conversazione di lei, che prima finge indifferenza, poi si abbandona al dolore.

© Jacopo Raule/Getty Images

Pedro Almodóvar: «La casa può essere una prigione: uscite per andare al cinema»

Il film, il primo di Almodóvar in lingua inglese, è stato girato solo un mese fa, subito dopo la fine del lockdown, in un teatro di posa vuoto dov’è stato ricostruito un intero appartamento. Tilda si muove dentro e fuori la scenografia, rivelando la messa in scena, come a dire che il mondo in cui viviamo, in realtà, è finto. Un po’ come ci pareva a guardarlo dalla finestra delle nostre case durante il confino della pandemia. «Il lockdown ci ha mostrato fino a che punto la gente dipenda dalla fiction: le serie tv, la narrazione sono state il modo più importante per trascorrere il tempo. La cultura è assolutamente necessaria», ha detto Almodóvar al Lido. «Ma ci ha mostrato anche la casa come una prigione dalla quale possiamo lavorare, comprare, incontrare l’amore della nostra vita, anche senza uscire. È inquietante e pericoloso. Come antidoto propongo di uscire per andare al cinema: certe emozioni si vivono solo davanti a un grande schermo, insieme ad altre persone e nel buio della sala». Intanto, Almodóvar sta preparando un nuovo film, un western e un film distopico in cui le sale cinematografiche sono sparite.

© Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Tilda Swinton: «Per me vita e cinema sono un solo gesto»

Per Tilda Swinton, Pedro Almodóvar è l’ultimo amore professionale, l’ultimo connubio artistico dopo le amicizie con Derek Jarman (col quale ha iniziato, nel 1986, in Caravaggio), Wes Anderson, Bong Joon-ho, Luca Guadagnino. Tilda compirà 60 anni a novembre, ma sembra senza tempo. Non si definisce un’attrice ma una filmmaker, quasi una co-autrice dei film ai quali partecipa. Perché per lei l’unico modo di fare cinema è  trovare delle anime affini e condividere con loro arte e vita. «È una questione di sensibilità condivisa», ha detto l’attrice a Venezia, commossa per il Leone d’Oro. «Lo chiamano Premio alla carriera, ma “carriera” è una parola che non riconosco: ho avuto il privilegio di sviluppare carriera e vita in un solo gesto insieme ai registi che sono anche i miei amici più stretti. Insieme cuciniamo, scherziamo, cresciamo, siamo fratelli. Da questa fratellanza nascono i film».

Anche quando ha partecipato al cinema più mainstream è riuscita a tenere fede al suo modo di lavorare, «perché ci ho trovato sempre qualcosa di sperimentale. Costantine con Keanu Reeves, per esempio, dove interpretavo l’angelo Gabriele, era un fantasy innovativo per il tempo. In Le cronache di Narnia il regista Andrew Adamson era animatore che faceva il suo primo film live action». Molti dei ruoli più interessanti sono arrivati dopo i 40 anni, mentre molte colleghe coetanee lamentano il contrario. Ma del resto Tilda rifiuta le catalogazioni in ogni campo e plaude a decisione del Festival di Berlino di aver eliminato il premio alla miglior interpretazione maschile e femminile a favore di un riconoscimento “gender free”. «Che sollievo! Un’ottima decisione. Chiudere le persone in compartimenti stagni non risolve niente, sia quando parliamo di genere, che di razza, che di classe. È solo uno spreco di vita. La sola idea di essere categorizzata in qualsiasi modo, come solo eterosessuale omosessuale, maschio o femmina, mi fa sentire claustrofobica».

©  Daniele Venturelli/WireImage

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