«Non parteciperò alla cena di gala del signor Roman Polanski perché rappresento molte donne che lottano, in Argentina, e non vorrei trovarmi lì ad applaudirlo». Si è espressa così la presidente di giuria di Venezia 76, la cineasta Lucrecia Martel, commentando la partecipazione in concorso del nuovo film del regista polacco, J’accuse, incentrato sul raccontato del celebre affare Dreyfus. Una dichiarazione che ha acceso la tradizionale conferenza stampa di presentazione delle giurie, infiammando la prima polemica della Mostra ai nastri di partenza.
«Io non divido l’uomo dall’opera e ritengo anche che la presenza di Polanski sia un disagio per me – ha proseguito la Martel -, Mi sono informata su internet e mi sono confrontata con degli scrittori che hanno lavorato sull’argomento: la vittima del caso ha considerato la faccenda chiusa. Non ha negato i fatti, ma ha affermato che Polanski aveva fatto ciò che gli era stato chiesto dalla giustizia. Non posso mettermi al di sopra delle questioni giudiziarie, chiaramente, ma di sicuro posso empatizzare con la vittima». Il riferimento è ovviamente al famoso caso di “violenza sessuale con l’ausilio di sostanze stupefacenti” perpetrato da Polanski a Los Angeles ai danni di una ragazzina allora tredicenne, Samatha Geimer, nel 1977.
«Ritengo che Polanski meriti una chance per le riflessioni sull’umanità che ha prodotto nei suoi film – aggiunge ancora la Martel -, ma è difficile discernere fino a che punto arrivare nei confronti di persone che hanno commesso atti di questa portata e sono poi state giudicate. Se la vittima si sente già risarcita, cosa facciamo? Lo giustiziamo? Gli impediamo di essere al festival per proteggere il festival? Sono dibattiti cui la nostra epoca ci obbliga a rispondere e non è affatto facile rispondere».
Una polemica alla quale il direttore della Mostra Alberto Barbera ha dovuto rispondere in presa diretta, difendendo la sua posizione e quella di Polanski: «Credo che si debba distinguere l’uomo dall’artista. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini, di varia gravità, e non per questo abbiamo smesso di ammirare le loro opere. Polanski è uno degli ultimi maestri europei in attività; ho visto il suo nuovo film, mi è piaciuto, e non ho avuto dubbi sull’opportunità di invitarlo. Non sono un giudice, non posso stabilire se un artista deve o no andare in carcere, ma sono un critico cinematografico cui viene chiesto se un film è meritevole di partecipare a una competizione o no. Secondo me lo stesso dovrebbero fare gli spettatori davanti al film».
La conferenza stampa, oltre al caso Polanski, si è sviluppata anche nel segno di un’altra questione fortemente connessa all’attualità, ovvero la presenza ai festival cinematografici di registe donne. «Il discorso delle quote non è mai soddisfacente – ha detto a tal proposito la Martel -, ma non ci sono altre possibilità per consentire l’inclusione delle donne. Non credo ci sia una forma più pertinente, non mi piace ma non conosco un altro sistema per obbligare l’industria per prendere in considerazione film diretti da donne. Sono del parere che, per un paio d’anni, la Mostra dovrebbe provare a includere il 50% di registe donne e vedere cosa succede».
Di tutt’altro avviso, però, il direttore della Mostra Barbera: «Ho sempre dichiarato di essere contrario alle quote e ribadisco la mio opinione. Così facendo si verrebbe meno al criterio della qualità che deve guidare la selezione di un festival, perché poi bisognerebbe dare spazio anche a tutte le minoranze meno protette nell’accesso all’industria. Sono poche le registe donne perché l’industria del cinema è maschilista, lo è sempre stata e tutt’ora rema contro la capacità delle donne, più volte dimostrata, di tenere in mano un set. Sono pregiudizi destinati a scomparire, ma ci vorrà del tempo purtroppo. A cambiare dev’essere soprattutto l’atteggiamento dei decision maker, di coloro che hanno il potere di far partire un film o meno, per porre finalmente sullo stesso piano uomini e donne».
In giuria per il Concorso principale, oltre alla Martel, troviamo anche Piers Handling (Canada), storico e critico del cinema, Stacy Martin (Regno Unito), attrice, Rodrigo Prieto (Messico), direttore della fotografia, il cineasta Shinya Tsukamoto (Giappone) e il regista italiano Paolo Virzì.
Foto: Getty Images
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