Hors-saison: l'irripetibile bellezza nostalgica di un amore "fuori stagione". La recensione da Venezia 80
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Hors-saison: l’irripetibile bellezza nostalgica di un amore “fuori stagione”. La recensione da Venezia 80

Lo straordinario film di Stéphane Brizé con protagonisti Guillaume Canet e una sensazionale Alba Rohrwacher uscirà prossimamente nelle sale con I Wonder Pictures

Hors-saison: l’irripetibile bellezza nostalgica di un amore “fuori stagione”. La recensione da Venezia 80

Lo straordinario film di Stéphane Brizé con protagonisti Guillaume Canet e una sensazionale Alba Rohrwacher uscirà prossimamente nelle sale con I Wonder Pictures

Hors-saison Stéphane Brizé Guillaume Canet Alba Rohrwacer

Mathieu (Guillaume Canet) vive a Parigi, Alice (Alba Rohrwacher) in una piccola località di mare nella Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla quarantina. Innamorati quindici anni fa, successivamente separati. Il tempo è passato. Ciascuno ha preso la propria strada e le ferite si sono lentamente rimarginate. Quando Mathieu va in una spa per cercare di superare la malinconia che lo attanaglia e sottoporsi a una talassoterapia, si imbatte nuovamente in Alice…

Hors-saison non poteva chiudere meglio il Concorso di Venezia 80, dov’è passato proprio in chiusura. Si tratta di un melodramma di coppia sussurrato e trattenuto, che brucia a fuoco letto per poi, progressivamente, accumulare minuzie e sottigliezze, mozzare il fiato e strappare via il cuore, conquistando inesorabilmente lo spettatore grazie alla forza sublime e sotterranea dei suoi interpreti e alla limpidezza di una scrittura che è, dall’inizio al fine, una meravigliosa, sottilissima partitura di ricordi, emozioni, stati d’animo, rimpianti e nostalgie lasciati germogliare in profondità e poi sbocciare a fior di pelle.

«Avevo già realizzato diversi film che affrontavano i devastanti meccanismi finanziari delle multinazionali, quando è sopravvenuto il Covid. Quell’esperienza di isolamento ha obbligato tutti noi a “mettere in pausa” le attività. In quanto individui che esistono in gran parte attraverso la propria funzione sociale, probabilmente siamo stati tutti profondamente scossi dalla sconcertante precarietà dell’esistenza» ha dichiarato Brizé, autore della recente, sensazionale trilogia del lavoro con Vincent Lindon, a proposito della genesi del suo nuovo film, che è articolato secondo una precisa partitura anche per quanto riguarda l’uso, straordinario, delle musiche, che cambiano a seconda dei momenti del film, puntellando a contrappunto il percorso emotivo dell’uomo e della donna protagonisti. 

Brizé in Hors-saison evoca e sviscera quelle scelte mancate che ci fanno tanto soffrire, quelle traiettorie esistenziali malandate che potevano indirizzarsi in modo completamente diverso e alle quali sarebbe bastato un nonnulla per prendere una china diametralmente opposta. La sceneggiatura, che Brizé ha scritto con Marie Drucker, è di una lucidità tale da evitare sempre l’autocommiserazione dei personaggi per preferire un mélo raggelato eppure caldissimo, sempre in sottrazione ma puntualmente in grado di scaldare il cuore e la mente. La regia, nell’accarezzare una costa francese grigia, piovosa e col mare puntualmente in tempesta, non è da meno, estremamente sapiente nel lavorare su superfici, paesaggi e oggetti: dagli scenari naturali ai rilievi delle camere d’albergo, passando per degli altrettanto anonimi ristoranti turistici, ma sempre con la medesima dose di irripetibile poesia e sensibilità. 

A benedire Hors-saison ci pensano però in primo luogo le prove dei due interpreti, un Guillaume Canet forse mai così intenso e misurato e – soprattutto – un’Alba Rohrwacher mai così brava, espressiva e devastante in ogni piega della sua recitazione, tanto che perfino i più scettici di fronte a quest’interpretazione dovranno arrendersi alle parole al miele che aveva speso per lei qualche anno fa una signora di nome Meryl Streep, quando erano in giuria insieme alla Berlinale. La sua Alice, col cui nome Brizé omaggia anche la sua celebre sorella regista di Lazzaro felice e dell’ultimo La chimera, è una donna italiana che parla un pessimo francese dall’ottima pronuncia, ride, piange, ama, si nasconde nelle pieghe di una malinconia tenerissima e senza nome e si abbandona con dolcezza empatica, non vista dallo spettatore, a interviste a vecchie signore che interroga sulla loro sessualità e che il film ci mostra, come se quegli inserti video fossero piccole e irrinunciabili gemme a impreziosire l’intera galassia del racconto. 

Anche in questa fluidità di stimoli e formati, viene da pensare, sta tutta la cifra irripetibile di un maestro del cinema contemporaneo come Brizé, che si conferma uno dei registi odierni più sensibili, attenti e decisivi, anche in virtù di uno sguardo meravigliosamente impressionistico, apparentemente svagato ma in realtà spaventosamente chirurgico nel raccontare gli esseri umani e dare un valore straordinario anche ai vuoti e ai silenzi. Tanto che Mathieu e Alice, alla fine di Hors-saison, sembra di conoscerli davvero da sempre, nei loro incanti, miserie, idiosincrasie e – vivaddio -preziosissime, irrinunciabili debolezze. 

Foto: NOMAD Films , Film I Väst, Common Ground Pictures, Polish Film Institute

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