Future Film Festival 2012: La recensione di Midori-ko
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Future Film Festival 2012: La recensione di Midori-ko

Abbiamo visto in anteprima l'opera di animazione di Keita Kurosaka: ecco le nostre prime impressioni

Future Film Festival 2012: La recensione di Midori-ko

Abbiamo visto in anteprima l'opera di animazione di Keita Kurosaka: ecco le nostre prime impressioni

Abbiamo visto per voi, al Future Film Festival di Bologna, Midori-Ko di Keita Kurosaka. Ecco le nostre prime impressioni a fine visione

Non è facile spiegare Midori-Ko, né trascriverne la trama può essere sufficiente. Opera prima del giapponese Keita Kurosaka, che l’ha anche scritto, animato e montato, è una piccola opera visionaria – la durata non raggiunge l’ora piena – che oscilla tra ecologismo, satira, horror e psichedelia. Chi l’ha paragonato a una versione animata di David Lynch non ci è andato lontano: simbolismi e metafore abbondano, il non-detto e il non-spiegato contano più di ogni didascalia, il tono passa dalla poesia rurale al terrore puro senza soluzione di continuità.

È difficile raccontare Midori-Ko anche avvalendosi di semplici immagini. Il film appare così:

Ma la staticità dell’immagine non rende l’effetto straniante che fa il vederla in movimento. Potete provare a guardare il trailer, ma prendetelo come un antipasto, e non date un giudizio basandovi su questo scarno minuto. Quello che abbiamo di fronte è un esperimento visivo purissimo, in cui personaggi, oggetti e fondali sono sfumati-non-definiti, il tratto ricorda quello di un dipinto di Degas ma il modo in cui è animato richiama più gli anni Sessanta della psichedelia e quello che fecero i Beatles nel loro Yellow Submarine.

Midori-Ko racconta la vicenda di Midori, scienziata vegetariana che vive di stenti, conduce a casa le proprie ricerche e convive con una pletora di personaggi bizzarri (donne-pesce, uomini con un serpente ghignante avvolto intorno alle spalle) nel retro di un impianto di produzione di fertilizzante. Il sottotesto ha chiaramente a che fare con il vegetarianesimo e i risvolti etici del non mangiare carne per non uccidere altri esseri viventi, ma viene piegato alle esigenze visive e simboliche prima che narrative. Fin da piccola, Midori avrebbe voluto abitare nella Terra dei Vegetali per non dover avere a che fare con la carne: Kurosaka dà vita a questa terra, popolandola di creature deformi, stilizzazioni dei cinque sensi (l’uomo-occhio, l’uomo-bocca…) e germogli di piante antropomorfe. Una delle quali entra in contatto con Midori, che la cresce, la coccola, la studia e la tiene al sicuro da chi la vorrebbe mangiare per il suo aspetto. Quello che accade poi è tutto da scoprire, ma ha un messaggio molto forte: siamo tutti cibo, siamo tutti commestibili.

Come questo messaggio venga veicolato ci riporta al discorso visivo: Midori-Ko non è un film facile da guardare, perché ogni linea e ogni tratto sfuma nei contorni, luci e ombre diventano solide, le proporzioni si sgretolano e non esistono più regole fisiche, biologiche, logiche. È un viaggio, breve ma intenso, un viaggio che ha coinvolto tutti i presenti in sala (strapiena, eppure non volava una mosca) e che ha fatto scattare, alla fine, un meritato e liberatorio applauso. Non siamo ancora sicuri di cosa Midori-Ko abbia voluto dire, non del tutto almeno, ma una cosa è certa: l’ha fatto straordinariamente bene.

PS: un plauso particolare va alla colonna sonora, sospesa tra rumorismo, elettronica e arrangiamenti jazz deviati e disturbanti. La classica ciliegina sulla torta, insomma.

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