Gabriele Mainetti è tra i registi più apprezzati dell’anno con il suo sorprendente Lo chiamavano Jeeg Robot, vincitore di oltre trenta premi e meritevole di aver regalato all’Italia il suo personale supereroe su misura, di periferia.
Il successo è stato praticamente immediato, ma la strada per raggiungere il buio della sala è stata lunga e irta di ostacoli, come racconta il 39enne regista romano al Fatto Quotidiano: «Chi non mi riceveva e chi diceva “sembra una stronzata”», racconta, parlando della ricerca di fondi: «Mi liquidavano con un “il cinema di genere è morto”. Ma non accetto questo atteggiamento e anzi combatto la pigrizia mentale, l’idea che certe cose qui non si possano produrre. Non siamo in America? Sti ca**i».
E da lì, con un copione scritto a quattro mani da Menotti e Nicola Guaglianone, Mainetti ha trionfato sia per la critica che per il pubblico. Successo, a detta del regista, arrivato anche grazie al suo approccio non autoriale: «Non sono caduto nell’errore di sentirmi nipote di Fellini e Antonioni, registi che ho studiato e amato ma mai idealizzato. Valevano esattamente come i miei amati cartoni animati. Mi sono salvato dalla trappola dell’autorialità. Sapete cosa mi diceva sempre Silvano Agosti? “Oh, mi raccomando, al pubblico non gli raccontare le tue pippe mentali, perché stanno comprando un biglietto e ti stanno concedendo due ore del loro tempo. Hai una grande responsabilità, non li stroncare con le tue stronzate intimiste”. Un precetto che mi è entrato in testa».
Adesso Mainetti è pronto per lo step successivo, sempre con Lucky Red, anche se non tratterà del sequel di Lo chiamavano Jeeg Robot, come rivela il filmmaker: «Recentemente in svizzera ho incontrato un grande regista indiano. Anurag Kashyap mi ha fatto riflettere. Mi ha detto “ricordati che i fan di Jeeg sono il tuo più grande nemico, perché si aspettano Jeeg 2 mentre tu in realtà stai ancora cercando. Anche a costo di farli arrabbiare non devi smettere di cambiare”. E così Jeeg 2 non lo faccio, ma con grande paura alzo l’asticella e coprodurrò un film con Lucky Red che non c’entra nulla con il precedente. Guaglianone ha scritto un soggetto, ma è ancora una pianta giovane. Se la mettiamo sul davanzale e la esponiamo alla curiosità appassisce in un attimo. Sta prendendo forma. Ci vorrà tempo».
Bocca cucita, quindi, su quale genere affronterà con il nuovo lavoro e sui primi particolari della trama, anche se Mainetti un dettaglio lo anticipa quando gli viene chiesto se il progetto sarà girato in America: «Macché», risponde: «Stiamo a casa. Restiamo in Italia».
Fonte: IlFattoQuotidiano
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