Fino alla Fine, anticipato dal dark twist che caratterizzava già la seconda stagione di A casa tutti bene – La serie, rappresenta la prima autentica incursione di Gabriele Muccino nel territorio dell’action thriller. Un nuovo esperimento di cinema fortemente voluto, meditato da lungo tempo, come abbiamo scoperto grazie al nostro incontro stampa con il cineasta romano. Perché, se pure per qualcuno possa suonare del tutto inaspettato, già ai tempi de L’ultimo bacio Muccino aveva seriamente considerato l’ipotesi di spingere la sotto trama thriller del film fino all’estremo, ovvero la morte di uno dei personaggi. Il passaggio a questa sorta di lato oscuro è dovuto però avvenire molto più gradualmente, fino ad esplodere ora con il suo tredicesimo lungometraggio, nella Palermo crepuscolare di Fino alla Fine. Ma scopriamo che ora per lui non sarà che l’inizio: il regista ha già anticipato di aver terminato la stesura di un nuovo thriller e di essere contemporaneamente al lavoro sulla sceneggiatura di un secondo nuovo film, sempre legato a questo genere cinematografico.
«Questo è il mio tredicesimo film escludendo i diciotto episodi di A casa tutti bene però devo dire che comunque con ogni film torni al punto di partenza, la stessa ansia da prestazione… Ma penso di aver fatto un buon film, come altre volte ho pensato di aver fatto film meno buoni. E questo è successo quando non ho rischiato. Ho lavorato molte volte nella mia safe zone. Quando ho iniziato ad annoiarmi, ho pensato che iniziavo a navigare troppo comodamente, volevo cambiare la declinazione del linguaggio. Questa volta ho voluto lasciare la zona di comfort. Non ho cambiato genere perché il thriller c’era anche ne L’ultimo bacio, anche se non c’era “il morto”. Quando stavo scrivendo il film ho visto American Beauty di Sam Mendez e da allora, anche se “il morto” non c’è stato ho desiderato scavalcare questo muro» rivela Gabriele Muccino.
Abbiamo chiesto al regista chi ha rischiato la vita tra i personaggi de L’ultimo bacio, scoprendo quando è arrivato invece il punto di svolta: «Semplicemente non ero pronto. Ma è tanto che volevo fare un film dove qualcuno morisse, ci ho messo tanto perché io stesso non riuscivo a scavalcare quel muro. Da cineasta, da scrittore e da drammaturgo è un muro importante, vai in un altro territorio, ipnotizzante, ma anche spaventoso. Con A casa tutti bene – La serie ho visto invece che potevo farlo e in quel territorio mi trovavo anzi molto a mio agio, mi divertivo e sentivo di esprimermi ancora meglio. Allora ho pensato di scrivere un film che declinasse tutte le mie intuizioni in chiave thriller, action. Fino alla Fine è fondamentalmente un film drammatico, un film d’amore, un Romeo e Giulietta, un Titanic e un heist movie. Non so neanch’io trovare una definizione univoca perché c’è tanto cinema, e anche tanto di me».
«L’umana natura ha una linea invisibile tra giusto e sbagliato, bene e male che è molto facile attraversare – prosegue Muccino -. Trovarsi dall’altra parte è molto più semplice di quanto possiamo pensare. La prevaricazione è alla base della natura umana. In quanto cacciatori siamo stati assassini per millenni. Lo spirito di sopravvivenza, la reazione fight or flight, combattere o fuggire, è insita dentro ciascuno di noi. Le scelte della protagonista vengono anche da questo potere ancestrale di sfidare il pericolo, poterlo dominare. Tutti siamo forieri di qualcosa di scuro e di nero. Tutti siamo cacciatori o guerrieri, sono le circostanze che ci trasformano. Il film inizia come un romance, sembra uno dei miei tipici film. Poi c’è un twist molto forte. La protagonista Elena Kampouris ha almeno sei o sette opportunità di fermare questo treno in corsa. E invece rilancia la posta perché questo per la prima volta la fa sentire viva. Lei è pronta anche eventualmente a morire quella notte. C’è una componente autodistruttiva, ma vuole sentire l’adrenalina».
«Questo film l’adrenalina non la simula, la vive. Quello che respirate da spettatori gli attori l’hanno vissuto sul loro corpo e io anch’io per primo» aggiunge Muccino, che di sfide e anche rischi per Fino alla Fine ne ha affrontati davvero molti. Anzitutto per le scene di azione, in particolare gli inseguimenti automobilistici al cardiopalma per i vicoli di Palermo nel cuore della notte. Poi chiedendo alla sua protagonista di imparare l’italiano in appena un mese e mezzo, così da interpretare la giovane californiana che nell’arco di una sola notte si lascerà trascinare da un incontro d’amore travolgente, ma anche da un’avventura che sterza in modo tanto drastico quanto improvviso nel territorio del crimine. Infine, invece di far doppiare il film, come normalmente accade, Muccino ha sperimentato un’idea produttiva totalmente inedita. Ovvero, girare due versioni gemelle del film, una in italiano e una in inglese, che restano però assolutamente identiche, visto che il regista ha rigirato ogni singola scena due volte, replicando i medesimi movimenti di macchina mentre mentre gli attori recitavano nelle due diverse lingue. Un fatto senza precedenti, destinato forse a fare scuola.
«Faccio film per comunicare chi sono e raccontare cosa vedo. Ma essere giudicato mi atterrisce come quando avevo sedici anni. Balbettavo moltissimo e mi sentivo sempre giudicato. Ogni tanto mi chiedo perché ho scelto di fare una cosa che mi costringe ancora oggi, ogni volta ad essere costantemente giudicato. Ma i film hanno salvato la mia vita. Io sono i film che ho fatto» conclude il regista, certo ansioso di scoprire la reazione del pubblico a questo suo nuovo, ardito esperimento di cinema.
Dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024 Fino alla Fine arriva in sala il prossimo 31 ottobre. E voi cosa ne pensate? Andrete a vederlo? Diteci la vostra, come sempre, nei commenti.
Foto: Franco Origlia/Getty Images
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