È iniziata sotto un cielo azzurro, nel giardino del Sivori Bistrot, la seconda edizione di Genova Reloaded. A inaugurare gli incontri della rassegna l’attrice Barbora Bobulova e il cantante e regista Federico Zampaglione, stuzzicati dalle domande di Giorgio Viaro, direttore artistico del Festival.
Un dialogo frizzante – come la brezza leggera che ha accompagnato la serata, scacciando l’afa – fatto di aneddoti, storie, racconti di un percorso che ha avuto come minimo comune denominatore il mondo del cinema. Dagli esordi ai grandi successi Barbora Bobulova, avvolta in una sobria ed elegante tuta nera che lascia scoperte le spalle, piglio deciso di chi è abituata a stare sul palco, al festival ha presentato il cortometraggio Paolo e Francesca di Federico Caponera.
In dialogo con Viaro ha raccontato di quando e come è iniziato tutto e, ancora dodicenne, si è presentata a un provino incoraggiata dalla madre, perché la sua era una passione che coltivava da sempre: «Fin da bambina manifestavo una predilezione per questo mestiere: ero il pagliaccio della classe, inventato scenette. Ma da sola senza la spinta di mia madre non avrei mai iniziato e non sarei mai andata a quel provino, perché ero timida».
Una timidezza superata con l’esperienza che l’ha portata a girare con registi come, solo per citarne due, Ferzan Özpetek e Marco Bellocchio. Quest’ultimo fu il primo a portarla in Italia: «Avevo 23 anni e vivevo ancora a Bratislava, frequentavo l’accademia teatrale quando mi è arrivata la chiamata», dice riannodando i ricordi. «Allora non sapevo chi fosse Bellocchio e chiesi a un mio professore: “Un certo Marco Bellocchio, mi ha contattata per un provino, cosa devo fare: accetto o no?”. Lui mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: “Ma Barbora, sei pazza! ci devi andare subito”», e da lì quelli che erano solo esordi si sono trasformati in una carriera di successo, frutto, secondo lei, anche di incontri fortunati: «Devo tanto alle persone che ho incontrato sul mio percorso che mi hanno spinto a salire sui treni che mi passavano davanti, per natura ho un carattere prudente e titubante e senza la spinta di chi ha creduto in me non so se sarebbe andata allo stesso modo», confida al pubblico che ha seguito il filo del discorso con attenzione e curiosità, sorseggiando un aperitivo.
In questo dialogo serrato a tre, gli esordi dell’attrice consacrata al successo da film come Coco Chanel, Manuale d’amore, Sacro cuore e serie televisive che per un po’ l’hanno portata lontano del cinema («Perché mentre in Slovacchia un attore può fare tutto, in Italia invece per i registi cinematografici le attrici che facevano tv non andavano bene per il cinema»), si intrecciano con quelli di Federico Zampaglione, frontman dei Tiromancino e ospite di Reloaded come regista del film Morrison: un lungometraggio che esce dagli schemi dei film realizzati dal cantautore, che finora si è dedicato agli horror, e che questa volta ha deciso di affrontare le emozioni che attraversano le generazioni, dedicandosi a una storia tratta dal libro Dove tutto è a metà scritto da lui insieme a Giacomo Gensini.
Ad avvicinare Zampaglione al mondo della musica è il padre: «Una sera mio padre, quando ancora frequentavo le scuole medie, mi ha portato delle cassette di Eric Clapton e attraverso il blues ho iniziato ad appassionarmi». Ma fin da piccolo un’altra arte ha attirato la sua curiosità: «Ero affascinato da un certo tipo di cinema italiano, da ragazzino ero molto più fan di Dario Argento che di Battisti», rivela con quel fare conviviale che lo contraddistingue. E se il primo strumento suonato è stato una chitarra classica, dopo una parentesi con il liuto, dietro la macchina da presa ci è finito girando i primi videoclip: «Mi cimentavo a fare video particolari, ne ricordo uno iconico per il brano La descrizione di un attimo, con Valerio Mastrandrea e Paola Cortellesi».
E poi i successi come la canzone Un tempo piccolo, che lo riporta con i ricordi a Genova: «Era notte, e stavo attraversando il lungomare in macchina, quando sentii alla radio questa canzone, chiamai Califano, autore del brano, e gli dissi: “Questo è un capolavoro, posso rifarla cambiando alcune cose?” E lui mi rispose: “Sì, basta che non mi cambiate la vodka con l’acqua, potete fare tutto”». Aneddoti che strappano un sorriso al pubblico e anche a chi li racconta, perché la serata è stata piacevole, tra piccole scoperte e vecchie riconferme.
Chiuso l’aperitivo il passaggio è nel Cortile Maggiore di Palazzo Ducale, dove il pubblico ha assistito alla proiezione, prima, del cortometraggio Paolo e Francesca con Barbora Bobulova, che interpreta una donna che non si arrende alla malattia ma vuole vivere: un corto dove live action e animazione si incontrano per descrivere il dolore, ma anche la voglia di vivere. E a seguire Morrison di Zampaglione, film in concorso al Festival, che racconta l’incontro tra una rockstar dalla carriera in stallo e un giovane musicista che con la sua band si affaccia al mondo della musica.
Sotto un cielo stellato davanti al maxi schermo le emozioni si sono susseguite per raccontare le loro storie, che continueranno a scorrere anche nei prossimi giorni del Festival, quando altri attori, registi, personaggi del mondo della cultura si avvicenderanno al Festival.
Foto: Photoa3200iso