Le sinapsi tentacolari e trasparenti di un cervello vengono prima innestate in un corpo hi-tech e poi coperte, strato dopo strato, da un lattice di colore bianco che costruisce dettaglio dopo dettaglio la sagoma di una giovane donna, ovvero lo Shell (il guscio) del titolo. Il processo di “creazione” avviene in una sorta di “utero” ipertecnologico di cui ci viene mostrata prospetticamente la profondità. La ragazza, una volta completata, ha un caschetto nero, il volto di Scarlett Johansson e un corpo cybernetico che riproduce perfettamente le forme sexy della diva statunitense. A supervisione di tutto il processo troviamo una Juliette Binoche di rosso vestita, nei panni della dottoressa Ouélet, che assiste al suo risveglio.
Nella scena dopo vediamo la ragazza sdraiata su un lettino e con addosso un camice bianco, che trova ad accoglierla la dottoressa che le spiega la procedura a cui è stata sottoposta. Subito, però, si accorge che qualcosa non torna: «Perché non sento il mio corpo?». La scienziata le spiega che quello purtroppo non sono riusciti a salvarlo, ma che sono riusciti a preservare intatto «il cervello, l’anima». E le racconta l’antefatto, ovvero che faceva parte di un gruppo di rifugiati che sono stati massacrati dai terroristi. La spiegazione del salvataggio e il fatto di essere riusciti a preservare la parte più importante del suo essere, però, non soddisfa la giovane donna che inizia ad agitarsi e a scalciare, motivo per il quale – dietro indicazione del superboss di turno che ha lo sguardo spietato e beffardo di Takeshi Kitano viene immediatamente sedata.
La scienziata informa anche un’altra misteriosa presenza del successo dell’operazione, esaltando l’eccezionalità di un essere che per la prima volta in assoluto non è banalmente un robot incapace di prendere decisioni di testa propria e di rispondere creativamente a un qualsiasi problema, ma di un “cervello umano” innestato in un corpo hi tech e pertanto un unicum senza precedenti. L’uomo smorza sprezzante l’entusiasmo della ricercatrice, sottolineando il fatto di considerare la ragazza semplicemente come un’arma.
L’azione si sposta cronologicamente di un anno, in una Tokyo iperavveniristica che mescola oggetti concreti e digitali, dominata dall’alto di un grattacielo dalla Johansson coperta da un trench. La donna, che viene interpellata come il Maggiore Mira Killian, comunica tramite auricolare col suo superiore – il Kitano di prima – scannerizzando i vari palazzi della città, finché non trova un gruppo di uomini riuniti attorno a un tavolo, nel classico locale giapponese in cui i clienti vengono serviti dalle geishe. Una di queste si scopre subito essere un cyborg travestito che permette l’ingresso nel salone dove si sta tenendo un’importante riunione d’affari sugli sviluppi di cyber tecnologia tra il leader della della Hanka Robotic e un presidente africano.
Nel locale sta per irrompere un gruppo di uomini armato, motivo per il quale (come già abbiamo intravisto nel trailer) Mira si spoglia, rimanendo con indosso solo la tuta che la rende invisibile, e si lancia dal grattacielo per irrompere nel locale, nonostante l’indicazione di non agire del suo superiore, ma avendo compreso che indugiare oltre sarebbe letale. I criminali di prima infatti si sono messi nel frattempo a sparare indifferentemente sul gruppo presente nel ristorante, mentre la geisha cyborg tramite dei tentacoli fuoriusciti dalla sua bocca risucchia dalla nuca del capo della Hanka tutte le informazioni presenti nel suo cervello, come se effettuasse un trasferimento dati.
Con una velocità sorprendente, dapprima invisibile e poi irrompendo da una vetrata che fa in mille pezzi, la Johansson fa fuori in più mosse tutti i suoi avversari, uccidendo la geisha cyborg che l’ha implorata di avere pietà di lei. Dopo averla uccisa vediamo del turbamento sul suo viso. Intanto viene raggiunta dai suoi uomini, i membri della task force d’elite Sezione 9 di cui è a capo, dedicata a contrastare i più pericolosi criminali ed estremisti e ad affronta un nemico il cui unico obiettivo è eliminare la Hanka Robotic. Qui vediamo anche che il suo vice la rassicura sul fatto di essere molto diversa dal robot eliminato.
Questo prologo alle avventure dell’eccezionale ibrido umano-cyborg che riprendono l’opening dell’omonimo anime di Mamoru Oshii, ma citano apertamente nella scena del ristorante il manga di Masamune Shirow, ci ha sorpresi piacevolmente e resi desiderosi di vederne il resto. Anche se il teaser e il trailer ci avevano già allettati mostrandoci un veloce assaggio, questi primi 15 minuti ci hanno chiarito le idee (almeno parzialmente) anche sui toni e sul ritmo del film.
A colpire immediatamente è il livello visivo sofisticatissimo degli effetti speciali (che abbiamo avuto la fortuna di ammirare nel formato IMAX 3D presso l’UCI Cinemas di Pioltello-Milano), non solo la fluidità con cui si passa dalla plasticità all’ologramma quando si mette in scena il personaggio di Maggiore, ma anche la capacità di riprendere i corpi in movimento da prospettive molto diverse tra loro , un’abilità (complimenti a Rupert Sanders, qui da noi intervistato) che si rivela efficacissima nelle ipercinetiche scene di combattimento.
Il tono drammatico e quella mesta malinconia sotterranea sempre presente negli anime giapponesi, intrecciata con i conflitti interiori della protagonista, oltre alle dinamiche in atto con l’organizzazione che la governa (che via via svela il suo volto cinico e spietato) fanno sì che il film non sembri solo un giocattolone ipertecnologico, ma un dramma avvincente puntellato da scene action ipercinetiche.
La Johansson, dopo la performance offerta in Lucy, aveva già mostrato ampiamente di avere tutte le carte in regola per un ruolo del genere e – tenendo conto delle sue performance nel ciclo degli Avengers – con Ghost in the Shell promette di diventare la donna action definitiva, perché oltre a essere credibilissima nelle scene di combattimento offre quella sfumatura sentimentale che fa la differenza con un qualsiasi altro corrispondente maschile. Discorso al termine del quale, vacue ci sembrano le polemiche che tornano a più riprese su web sulla questione del white washing, anche perché il personaggio raffigurato da Mamoru Oshii non ha tratti somatici così marcatamente nipponici da escludere l’ingaggio di un’attrice non giapponese.
Ghost In The Shell uscirà nei cinema italiani il 30 marzo 2017.
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