Comicissime gag e spassose scene action vengono cucite addosso ad attrici del calibro di Melissa McCarthy e Kristen Wiig per un Ghostbusters che guarda al cult movie del 1984, ma vira prepotentemente verso una comedy nuova che si prefigge un obiettivo chiave (chiaramente riuscito): far divertire! Ma ce ne parlerà più approfonditamente Paul Feig…
Com’è nata l’idea di ricondurre sul grande schermo i, o meglio le, Ghostbusters?
Paul Feig: «Mentre mi trovavo a Budapest e stavo realizzando Spy, ricevetti una chiamata da Ivan Reitman, che mi propose l’idea di un sequel di Ghostbusters. Da grande fan del film originale, non potevo che essere contentissimo di quella proposta, però, letta la sceneggiatura, mi resi conto che era piuttosto insidioso lavorare su un progetto così amato e soprattutto non sentivo mia la strada propria del sequel, così rifiutai. Quando però ebbi modo di confrontarmi con Amy Pascal della Sony, lei mi fece notare come il progetto fosse intriso di comicità, così decisi che, se avessi scelto un cast tutto al femminile e avessi cambiato la storia, dirigendomi verso la formula del reboot, sarei ripartito da zero, senza rimanere vincolato all’originale e quindi avendo più margine di riuscita… E così feci!»
Cosa pensi del ruolo della donna all’interno delle possibilità offerte dal cinema hollywoodiano?
Paul Feig: «Con Le amiche della sposa ho realizzato il primo film completamente ruotante intorno ad un cast tutto al femminile che riscosse anche notevole successo, aprendo un dibattito riguardo il ruolo della donna davanti la macchina da presa. Il problema è che a Hollywood c’è scarsità di ruoli positivi concessi alle attrici, anche tenendo presente il preconcetto secondo cui i film con protagoniste femminili non siano in grado di portare al cinema spettatori maschili. Credo che il punto sia saper scrivere ruoli validi ed efficaci destinati alle donne, una volta fatto ciò vien da sé che gli uomini siano attratti verso film al femminile».
Ponendo l’attenzione sulla ri-creazione dei tratti distintivi di Ghostbusters, esempio eclatante è la scena che racconta la genesi del celebre logo, come hai lavorato insieme alla co-sceneggiatrice Katie Dippold per dare vita a delle scene così funzionanti?
Paul Feig: «Sia io sia Katie siamo fan del film originale e quindi, accingendoci a scrivere la sceneggiatura, ci siamo chiesti “Quali sono quegli elementi la cui mancanza rovinerebbe il reboot?”, e così abbiamo stilato un elenco, tra cui ovviamente non potevano mancare l’Ecto 1, lo zaino a protoni, il logo e la canzone. Fatto ciò, il nostro intento era inserirli nello script, ma in maniera originale, quasi a tracciarne l’origine, di modo che i fan del primo film potessero gradire il fatto che si accennasse agli elementi cardine di Ghostbusters, ma in modo rispettoso, e le nuove generazioni riuscissero a capire da dove provenissero».
Qual è, dunque, lo scopo del nuovo Ghostbusters?
Paul Feig: «Credo che un reboot possa essere paragonato ad una cover: come una canzone già esistente, riproposta da una nuova band, presenta tratti in comune rispetto all’originale, ma possiede un chiaro elemento di diversità e di distacco, proponendo una versione differente della stessa canzone, così il mio film guarda a quello di trentadue anni fa, ma senza rimanerne schiavo. L’obiettivo che mi sono prefissato era uno ed uno soltanto: girare un film che fosse estremamente divertente e facesse ridere… spero di esserci riuscito!»
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