Gli anni più belli: Gabriele Muccino racconta l’amore e l’amicizia lungo quarant’anni di storia italiana
telegram

Gli anni più belli: Gabriele Muccino racconta l’amore e l’amicizia lungo quarant’anni di storia italiana

Il nuovo film del regista sarà nelle sale dal prossimo 13 febbraio, alla vigilia di San Valentino, e ispirandosi dichiaratamente a C'eravamo tanto amati di Ettore Scola racconta le vicende personali e sentimentali di quattro amici, interpretati da Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti, dagli anni Ottanta a oggi

Gli anni più belli: Gabriele Muccino racconta l’amore e l’amicizia lungo quarant’anni di storia italiana

Il nuovo film del regista sarà nelle sale dal prossimo 13 febbraio, alla vigilia di San Valentino, e ispirandosi dichiaratamente a C'eravamo tanto amati di Ettore Scola racconta le vicende personali e sentimentali di quattro amici, interpretati da Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria e Micaela Ramazzotti, dagli anni Ottanta a oggi

Gli anni più belli photocall

Gli anni più belli, il nuovo film di Gabriele Muccino in arrivo nelle sale italiane in 500 copie il prossimo 13 febbraio, è la storia di quattro amici, Giulio (Pierfrancesco Favino), Gemma (Micaela Ramazzotti), Paolo (Kim Rossi Stuart) e Riccardo (Claudio Santamaria), raccontata nell’arco di quarant’anni, dal 1980 ad oggi, dall’adolescenza all’età adulta. Le loro speranze, le loro delusioni, i loro successi e fallimenti sono l’intreccio di una grande storia di amicizia e amore attraverso cui si raccontano anche l’Italia e gli italiani, come precisa la sinossi ufficiale: al centro di tutto il grande cerchio della vita che si ripete con le stesse dinamiche nonostante sullo sfondo scorrano anni e anche epoche differenti.

«La grande storia è quella che ci definisce – dice in conferenza stampa il regista presentando il film -, Anche se non vogliamo, siamo definiti da quello che la grande storia ci racconta. L’impatto della caduta del muro di Berlino aprì la speranza verso un mondo migliore e Mani Pulite spalancò un’idea di cambiamento e di rivoluzione affinché arrivasse una fase migliore nel Paese. C’è sempre un’idea forte di cambiamento negli snodi storici che ho messo dentro il film. Vale anche per l’11 settembre, pur essendo un passaggio di segno totalmente opposto: in quel momento siamo diventati vulnerabili, ci siamo scoperti fragili e attaccabili e il futuro non ci è apparso più così vasto come credevamo che fosse. Nel 2009 si credette poi che la classe politica italiana avesse sbagliato tutto e che si potesse cambiare ricominciando da capo. Questi slanci verso il cambiamento sono tutti una costante sfida verso il futuro e, allo stesso tempo, nessuno dei miei personaggi è disposto a rassegnarsi.»

«L’adolescenza fu un momento particolare per me e lo è per tutti, mentre i miei trent’anni furono un periodo di grande esplorazione dell’ignoto – aggiunge poi -, Non penso di essere un regista ridondante, lo troverei controproducente, credo di badare sempre alla sostanza. Questo film rappresenta per me l’omaggio più ampio a tutto il cinema di cui mi sono nutrito, da Zavattini a Risi passando per Scola e Fellini. Ci sono dentro omaggi a grandi maestri con cui sono cresciuto e coi quali mi sono realizzato e sono diventato quello che sono, nel bene e nel male. Si tratta sicuramente di un film sull’amicizia, collante di esistenze che sono naufragate e che ritrovano nelle cose più semplici l’essenza di quel momento della vita in cui il mondo sembrava infinito e le cose sembravano essere tutte in tasca. Il loro brindare alle cose che li fanno stare bene fa rima necessariamente con l’amicizia. Questo è il mio film più pacificante, ti dice che la vita va avanti e che certi errori possono essere rammendati. Negli altri miei film il lieto fine era sempre più “strappato”.» 

A chi gli chiede quanto di autobiografico ci sia nel film, Muccino risponde così: «Io sono un po’ tutti e tre i personaggi, anche in Micaela c’è la mia parte femminile. La mia parte contemplativa è in Kim, l’anima ambiziosa e incorruttibile che so di avere è riscontrabile in Giulio e poi c’è una paura della mediocrità e del fallimento che mi accompagna da sempre e che è diventata il personaggio di Riccardo». Ma tra i tanti modelli di riferimento possibili de Gli anni più belli il più palese ed evidente è per forza di cose C’eravamo tanto amati di Scola. Non solo per il fatto che le vicende sentimentali di due dei protagonisti, Giulio (figlio di un meccanico divenuto avvocato) e Paolo (professore di italiano, latino e greco al liceo Visconti di Roma), finiscono per ruotare intorno alla stessa donna, Gemma, proprio come accadeva nel film con Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefania Sandrelli. Ma anche perché Gli anni più belli rappresenta l’aggiornamento generazionale di quel film ai fallimenti e alle insicurezze dei quarantenni e cinquantenni di oggi e, come se non bastasse, il personaggio di Favino realizza un matrimonio di convenienza economica e politica (con Margherita, interpretata da Nicoletta Romanoff) proprio come faceva il Gianni Perego di Gassman con la Elide Catenacci di Giovanna Ralli e quello di Santamaria, tra le altre cose, è un critico cinematografico fallito alla stregua dell’indimenticabile Nicola Palumbo di Stefano Satta Flores. 

Gli anni più belli photocall

«L’antagonismo tra ricchi e poveri, con i ricchi cattivi e i poveri solidali, del film di Scola non poteva avere però più senso se riproposto oggi – dice Muccino a questo proposito lanciandosi in riflessioni relative alla sua generazione, che poi è la stessa dei personaggi che racconta -, Come generazione siamo stati schiacciati dalla Storia degli altri, dei nostri padri: coloro che avevano vissuto la guerra partigiana ma anche il ’68 e perfino il ’77 e gli anni di piombo. Abbiamo vissuto spaesati all’ombra dei bagagli ideologici delle generazioni precedenti e non siamo riusciti a metabolizzare questo lascito. Ragion per cui, pur ispirandomi direttamente al film di Scola, molte cose dovevano necessariamente essere diverse.» 

«Sono d’accordo con Gabriele – gli fa eco Favino, Siamo la generazione silente che si è messa in un angolo aspettando di vedere riconosciuta la propria voce e tutt’ora continuiamo a non averla. Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che fosse una storia che riguardasse tantissime persone. Per Santamaria il suo Riccardo è «un personaggio, smarrito, cerca anche la sua strada politica in un movimento di pancia (il Movimento del cambiamento, che ricorda da vicino il Movimento 5 Stelle, ndr) e pensa che basti l’onestà, quando in realtà non è affatto sufficiente per fare politica. Serve una competenza che lui non ha e tenta ingenuamente di esprimere la sua opinione, percependo che forse non ha mai avuto una voce.»

«Anche se per i valori sociali è un po’ perdente, attraverso una visione della vita scevra da vittimismo e da un tentativo esasperato di trovare a tutti una conferma fuori di sé e da parte degli altri il mio personaggio raggiunge un’esistenza piena e bella, che condivido – dichiara dal canto suo Rossi Stuart sul suo Paolo -, Quando Gabriele mi ha fatto leggere la sceneggiatura ho amato subito questo personaggio e in un periodo come il nostro, in cui è tutto sovvertito, l’eroe non è più Batman ma un vittimista per eccellenza, Joker, che attraverso il vittimismo raggiunge il consenso.» 

«Il personaggio di Stefania (Sandrelli, ndr) forse aveva più orgoglio, scappava e si faceva degli autoscatti. Gemma invece, quando a Fontana di Trevi il personaggio di Paolo la insulta, rimane lì, non va via – riflette la Ramazzotti rincarando il paragone con la Luciana Zanon di C’eravamo tanto amati -, Le basta il sorriso di un amico, uno sguardo e un flirt per ritrovare un po’ di vita e di battito cardiaco. È depressa e un po’ disperata e mi piace flirtare con i personaggi fragili e vessati, sono la mia più grande passione. Anch’io mi sento sbagliata e amo le donne perché siamo tutte un po’ sbagliate. Le eroine non mi piacciono, non mi sono mai piaciute, l’umanità è piena di imperfezioni e più interpreto personaggi di questo tipo più faccio pace con me stessa. Per lei i migliori anni sono quelli che verrano, e forse anche per me.»

Nel ruolo della moglie di Riccardo si ritaglia invece un’interpretazione a tutto tondo anche la cantante Emma Marrone (fortemente voluta da Muccino): «Non ho mai recitato nemmeno a scuola, nelle recite scolastiche. Ho accettato questa sfida che quel pazzo di Gabriele mi ha lanciato, è un regista comprensivo e garbato con tutti. Mi sentivo piccola piccola in mezzo a questi titani del cinema italiano, che però non mi hanno mai fatto sentire a disagio o inadeguata. Alla mia Anna mi sono approcciata di pancia, in maniera ludica, come quando da ragazzini si giocava a mamma e figlia e a vendere la frutta al mercato.» 

Scritto da Gabriele Muccino insieme a Paolo Costella, come già il precedente A casa tutti bene, Gli anni più belli vede nel cast anche i giovanissimi Alma Noce, Francesco Centorame, Andrea Pittorino e Matteo De Buono nei panni delle versioni adolescenti di Gemma, Giulio, Paolo e Riccardo e prende il titolo dall’omonima canzone di Claudio Baglioni, uscita di recente. «Ho incontrato Claudio a una cena, gli ho parlato del film e lui e mi ha proposto di farmi sentire degli inediti che aveva tra le mani in quel momento – racconta infine Muccino sull’incontro col cantautore -, C’era questa musica che mi è piaciuta moltissimo e Claudio ha poi scritto le parole dopo aver visto il film: è un brano molto anni ’80, ma allo stesso tempo è nuovissimo. Baglioni è stato il cantautore più comprato e ascoltato degli ultimi cinquant’anni in Italia, pur essendo stato vittima di quello snobismo che porta sempre a guardare il pop con diffidenza.»

Foto: Getty Images

© RIPRODUZIONE RISERVATA