Il punto di partenza de Gli Incredibili 2 non è certo dei più semplici: i supereroi sono ormai considerati fuorilegge e la famiglia Parr è costretta a nascondere i propri superpoteri, anche se la tentazione di uscire allo scoperto a combattere il crimine è sempre dietro l’angolo.
Helen si ritrova invischiata in una missione con l’obiettivo di riportare al centro della scena internazionale e riabilitare l’immagine dei supereroi, mentre suo marito Bob dovrà prendersi cura della famiglia, ovvero di una figlia adolescente (Violetta), un figlio pre-adolescente (Flash) e un neonato che si cimenta per la prima volta con i suoi incontenibili superpoteri da bimbo polimorfo, che porteranno con sé delle svolte a dir poco pirotecniche ed esilaranti (che siano un rimando alla definizione freudiana del bambino come “perverso polimorfo”?).
C’è poco da fare, con la Pixar: anche quando ti aspetti o pensi di sapere dove andranno a parere, riescono sempre a sorprenderti, spiazzarti, illuminarti, con un senso del racconto e dell’epica che ha pochi uguali negli scenari dell’intrattenimento contemporaneo da quasi un trentennio, semplice come un racconto per bebè e sfaccettato come la più adulta delle fiabe.
Dopo Toy Story 3, il prequel Monsters University e il sequel Alla ricerca di Dory, ecco arrivare un altro seguito che fa i conti con un grosso successo, nelle sale 14 anni dopo il capostipite (nelle nostre sale arriverà il prossimo 19 settembre, in America è già uscito e ha già superato gli incassi del primo film): una distanza temporale di sicurezza, perché l’attesa nel frattempo ha fatto lievitare l’acquolina in bocca e i sequel della casa d’animazione di Emeryville sembrano non conoscere crisi a livello commerciale, rastrellando sempre dei bottini lusinghieri.
C’è una donna forte e lavoratrice, al centro de Gli Incredibili 2, emancipata e non solo banalmente in carriera, ma anche un marito costretto all’insonnia delle fatiche da genitore incastrato nel bel mezzo delle paturnie dei propri pargoli: un ribaltamento con cui la Pixar si mostra ancora una volta avanti e sintonizzata sui tempi, sempre e comunque.
Si dà lustro così all’epoca del #MeToo senza mancare di confezionare il miglior spy movie possibile per equilibrio spettacolare e sensibilità industriale, giocando con gli archetipi e la dittatura della famiglia multi-tasking (a proposito di minoranze da valorizzare: Bao, il delicato corto d’animazione nipponica che precede il film, variazione sul tema delle lacrime da coccodrillo, è diretto da Domee Shi, prima donna a firmare la regia di un corto Pixar, oltre che asiatica).
Il regista e sceneggiatore Brad Bird, dal canto suo, si conferma una macchina da guerra sul piano dell’intrattenimento e del ritmo e anche in questo caso mescola svolte action e risvolti spionistici con consumata maestria e smaliziato equilibrismo, ricorrendo a un magnifico villain ipnotizza-schermi che molto dice, con una risata amara in sottofondo, della dipendenza malsana e tirannica da piattaforme digitali e social, perché è innegabile che, a prescindere da come vada a finire, un monitor ci seppellirà.
Mr. Incredibile (Bob) ed Elastigirl (Helen) maturano anche come coppia, in un film che li vede molto scissi: poteva essere un modo di auto-sabotarsi dal punto di vista narrativo e invece, coi colpi di coda geniali e i ribaltamenti propri dei maestri, diventa l’aspetto più interessante e intimamente contemporaneo del film, il più connesso all’idea tanto necessaria e conformista quanto di questi tempi snobbata e bistratta di famiglia (la Pixar su questo tema insiste da sempre, e sempre mirabilmente), per non parlare dell’amore sempre a misura di ricordo da preservare e di memoria da trascinare e sollevare (come in un Inside Out e Up).
Gli Incredibili 2 si allaccia in maniera organica e naturalissima agli eventi del primo film, prende per mano amorevolmente lo spettatore già consapevole così come il nuovo arrivato, per poi trasportare entrambi dentro un meccanismo tanto efficace quanto raffinatissimo, che può sembrare collaudato e poco rischioso rispetto ad altri risultati quasi sperimentali della Pixar (Wall-E, il già citato Inside Out del kubrickiano Pete Docter), ma in realtà ha addosso tutta la sconfinata sapienza commerciale di Brad Bird, che flop (immeritato) di Tomorrowland a parte dà l’idea di essere uno che sul suo territorio d’elezione, l’animazione, non sbaglia un colpo nemmeno a pagarlo.
Non a caso, oltre a essere un ottovolante spericolato e pensato al millimetro, Gli Incredibili 2 sa anche dire moltissimo sulla società di oggi, sulle sue nevrosi e insicurezze, sul suo gigantismo feroce ma dai piedi d’argilla, tra politici che bazzicano solo i panfili e non possono tollerare chi agisce davvero per il bene comune, perché gli sale la nevrosi, e Ground Zero vuoti da contemplare, per un attimo, come in un fugace frammento de La 25ª ora di Spike Lee. Senza dimenticare di essere però, soprattutto e prima di tutto, un prodotto nerd e autosufficiente, e perciò tutto da godere, anche per un pubblico esclusivamente infantile.
A cominciare dal formidabile score del compositore Michael Giacchino, che alza nuovamente l’asticella della propria idea di performance stilistica e confeziona una colonna sonora perfettamente raccordata sulle molteplici coreografie alla James Bond del film, che tornano in grande spolvero come nel precedente capitolo: da sola, per l’autonomia linguistica e narrativa e l’elettrizzante capacità di far balzare in punta di poltrona ogni volta che parte, vale il prezzo di almeno tre biglietti e altrettante visioni.
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