Gomorra - La Serie: le cinque ragioni di un successo. Scoprile nella nostra gallery
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Gomorra – La Serie: le cinque ragioni di un successo. Scoprile nella nostra gallery

5 buoni motivi e 1, il sesto nella nostra gallery, meno buono: perché guardare il serial di Sky Atlantic e perché definirlo (già) un cult

Gomorra – La Serie: le cinque ragioni di un successo. Scoprile nella nostra gallery

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Scrivendo di Gomorra – La Serie, Variety ha detto: «è la risposta italiana a The Wire», serie di culto Usa. In realtà, Gomorra – La Serie non ha niente a che vedere con The Wire e con il suo stile documentaristico. Se proprio un paragone si vuole istituire tra i due format, è quello relativo agli alti standard qualitativi. Che in Italia sono un’assoluta novità, oltre che la risposta a una domanda che da tempo si faceva più urgente nel nostro Paese. La domanda di un mercato esigente e che pretende un tipo di televisione che in Italia non c’è mai stata. Il serial che sta spopolando, dopo il successo di Romanzo Criminale, racconta l’ennesima storia di mala, l’ennesima tragedia, l’ennesima cattiveria umana (non solo italiana, no: umana). Questa è televisione, è un’opera di finzione, ma in alcuni momenti è così reale che fa quasi male agli occhi vederla. Specie se siete di Napoli e se certi atteggiamenti – certe voci – vi suonano così familiari.

I protagonisti sono i Savastano e i loro uomini, camorristi e uomini di camorra che pur di fare soldi – «Il denaro non ha bandiere» – sono pronti a tutto: a uccidere, a torturare, a distruggere. Non c’è speranza tra le loro fila. C’è solo avidità, pura e semplice. Al capofamiglia, Pietro, si contrappone il figlio, Genny. E, in un’escalation senza fine (e paradossalmente: senza inizio), tutta la narrazione diventa un gioco volto alla distruzione e all’autodistruzione, dove sfilano personaggi come Ciro l’Immortale e Salvatore Conte, il boss rivale. Si spara, si uccide senza pietà e ci si aggrappa ad un solo sentimento: l’odio. Gomorra – La Serie è la demonizzazione su piccolo schermo della camorra. Che alla fine dei conti, senza attenuanti o scuse, è il male.

Il problema, forse, è che a questa faccia della medaglia non viene contrapposta l’altra: non c’è luce nel tunnel costruito dagli autori, nemmeno alla fine. La qualità visiva e quella delle interpretazioni degli attori non hanno niente a che vedere con quello che si è visto fino ad oggi in televisione. Qua si vola alto: è la tv italiana che rialza la testa.

Una crew di oltre 600 persone, quasi tutte provenienti dalla Campania, ha lavorato per (ri)creare un mondo alternativo, dove non esistono eroi, ma solo mostri. Tutto è di un solo, terribile colore: il nero. A capo del progetto c’è Stefano Sollima, showrunner e regista, già autore di Romanzo Criminale. Se c’è un modo per confrontare queste due serie, così simili e allo stesso tempo diverse da loro, è farlo con i numeri: alla prima puntata, Gomorra – La Serie ha avuto un’audience di circa 620 mila persone, più di quanto abbia fatto Romanzo Criminale.

Del libro di Roberto Saviano, che pure si è occupato dell’editing e di supervisionare la sceneggiatura, c’è – nome a parte – poco o niente. E va bene così. Va bene così perché funziona. Il risultato finale non è, ovviamente, perfetto, ma la materia in oggetto è scottante e complessa, e quindi anche l’imperfezione qui acquista valore.

Alla fine di Gomorra – La Serie non abbiamo un vincitore. Non ce ne sono. Ma c’è una scena – La Scena – che lascia senza parole e che ancora una volta fa rimpiangere l’assenza di un “eroe” da contrapporre ai cattivi: quella della madre che prova a proteggere il proprio figlio, vietandogli di andare con Genny e schiaffeggiando, addirittura, il boss. Urla, si dispera, è pronta a tutto – anche a morire. Ma alla fine resta sola, impotente, a vedere il figlio sparire dalla sua vita.

12 puntate di circa cinquanta minuti ciascuna, che sono terminate, splendidamente, in un punto e a capo: un finale talmente aperto che una seconda stagione era praticamente inevitabile. Dare del cult, già ora, già adesso, a Gomorra – La Serie sarebbe un azzardo. Ma non è un azzardo dire che è il miglior prodotto televisivo degli ultimi quindici anni.

Per questo, nella gallery che segue, abbiamo raccolto cinque motivi per cui va vista; e uno, uno soltanto, che potrebbe, forse, stonare con tutto il resto.

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