Da febbraio 2016, Roberto Recchioni (fumettista e romanziere, oltre che curatore di Dylan Dog per la Sergio Bonelli Editore) firma su Best Movie “A scena aperta”, rubrica in cui svela i segreti delle scene più belle dei film disponibili in home video.
La battaglia di Hacksaw Ridge è un film che si pone su tre livelli diversi.
Il primo, il più superficiale, è quello della solida pellicola di guerra. La formula è nota: si sceglie un momento più o meno significativo in un conflitto su vasta scala e si scende nel dettaglio, andando a raccontare una storia umana al suo interno. Se possibile, ci si basa su qualcosa di reale. Se non è possibile, si inventa di sana pianta, cercando di essere più o meno plausibili. Apocalypse Now, Platoon, Hamburger Hill, Full Metal Jacket, Salvate il soldato Ryan, La sottile linea rossa, Il nemico alle porte, Pearl Harbour, seguono tutti questo schema. E Hacksaw Ridge non fa eccezione: Gibson scova una bella storia anomala di eroismo e sacrificio e la racconta alla maniera classica, suddividendo la pellicola nei canonici tre atti, con il primo tutto ambientato nel campo di addestramento e i due seguenti su quello di battaglia. Confeziona una pregevole ricostruzione storica, lavora sui personaggi dedicando a ognuno il proprio spazio (in modo da farci soffrire di più quando li vedremo morire), mette su un carnaio di epiche proporzioni e, prima di infilare lo stufato nel forno per farlo cuocere a fuoco lento, spolvera il tutto con romanticismo e retorica QB (quanto basta). Una ricetta sicura per portare in tavola un film riuscito che non dice nulla di nuovo o di diverso rispetto a quanto visto in precedenza.
Il secondo livello, invece, è quello profondo, e ha a che fare con le personali ossessioni dell’autore. Perché se è vero che Hacksaw Ridge è un classico film di guerra, è altrettanto vero che è anche l’ennesima riflessione religiosa di Mel Gibson che, ancora una volta, decide di raccontarci la storia di una figura cristologica. Desmond Doss, il personaggio portato sullo schermo da Andrew Garfield, è infatti un martire che prima viene processato in nome della sua fede, poi affronta la sua personale via crucis e si sacrifica sulla croce per redimerci dai nostri peccati e, infine, viene deposto e riconosciuto per il santo che è. A conti fatti, che si tratti di un professore ingiustamente accusato e condannato, di un ribelle scozzese, di un guerriero Maya, a Gibson interessa raccontare sempre la stessa cosa: la Passione di Cristo. E Hacksaw Ridge gliene fornisce la perfetta occasione.
L’ultimo livello è quello del linguaggio visivo. Ovvero la maniera in cui l’autore statunitense (ma cresciuto in Australia) decide di raccontare la sua storia. Ed è qui che l’opera si distacca dal semplice polpettone bellico infarcito da feticismi religiosi e diventa qualcosa di sublime. Perché di Gibson si possono dire molte cose: che sia un pazzoide, un bigotto, un uomo che ha una concezione delle donne ferma al secolo scorso, un violento (forse), ma non gli si può appuntare nulla in termini di talento registico. Mel il Pazzo è un regista straordinario. E lo dimostra, ancora una volta, nell’apertura della battaglia vera e propria.
La scena (che vi raccontiamo su Best Movie di maggio da oggi in digitale e dal 26 aprile in edicola) si apre con i soldati americani impegnati a scalare una parete verticale per raggiungere il fronte (1), dopo che questo è stato bombardato dalle navi da battaglia dispiegate lungo la costa giapponese. Lo scenario che i combattenti si trovano davanti una volta arrivati sulla sommità del crinale pare onirico (2): il fumo non si è ancora dissipato e dalle nebbie emergono solo macerie e soldati maciullati di entrambe le fazioni.
I G.I. Joe statunitensi avanzano cauti, camminando in mezzo ai cadaveri. Sopra ai cadaveri. L’occhio di Gibson indugia sulla carne dilaniata, sulle larve e sui vermi (3). È un attimo di tensione assoluta che si spezza con l’esplosione del primo colpo e il primo soldato a cadere (4). Da quel momento in poi è il massacro. Portato in scena con la stessa potenza e impietosa limpidezza con cui Gibson aveva già tratteggiato gli scontri all’arma bianca di Braveheart, solo che qui non si tratta di lance e spadoni ma di fucili d’assalto, mitragliatori e, soprattutto, lanciafiamme (5). E l’effetto sui corpi è del tutto diverso. La camera spazia sulla scena di battaglia e fornisce una visione d’insieme degna di uno degli inferni di Bosch, poi stringe nel dettaglio e tutto diventa una allucinante lezione di anatomia interna. “Sangue e merda”, direbbe il “regista de paura” Rokko Smitherson (6). La lezione è quella di Spielberg e del suo soldato Ryan, ma la messa in atto è quella di un macellaio sotto anfetamine. Mai si era vista in un film ad alto budget una resa più spietata e realistica di un conflitto armato. La scena è coreograficamente sontuosa e mirabile sotto ogni punto di vista. Un set talmente grande e complesso da far venire l’ansia a Michael Bay viene gestito da Gibson in maniera straordinaria. Organizzazione e controllo degli spazi, costanti riferimenti visivi per impedire che lo spettatore perda la bussola nel caos imperante. Ci saranno un centinaio di comparse a schermo e fiamme da tutte le parti, eppure si riesce a seguire il destino di ogni singolo soldato e la storia continua a venire servita. Una rappresentazione semplicemente incredibile. Ed è solo la prima. Altre due la seguiranno e saranno, se possibile, ancora più impressionanti (specie la seconda, con la carica dei giapponesi e Gibson che emula le scene di massa di Kurosawa).
Hacksaw Ridge è una pellicola tremendamente appesantita dal suo sottotesto religioso e discretamente già vista nella sua struttura bellico-drammatica, ma la battaglia portata in scena, quel vero e proprio film nel film, vale da sola la visione.
2.
Di seguito il blu-ray disc di La battaglia di Hacksaw Ridge, con i contenuti extra:
Contenuti speciali:
- Making of
- Scene tagliate
- Grazie veterani
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