Nei film della Warner / DC sembra esserci un conflitto irrimediabile tra potenziale iconografico e narrazione, dove la necessità solo industriale – perché conservativa – di seguire certi schemi nuoce in parte al risultato. Per esempio è evidente che in un racconto costruito per oltre due terzi sul reclutamento di una squadra di antieroi e in cui l’azione si esaurisce nel giro di una notte, non c’è lo spazio né la logica per imbastire l’ennesimo conflitto soprannaturale con in palio la salvezza del mondo. Eppure, in un film in cui è presente un’altra grande incarnazione del villain da fumetto più cinegenico di ogni tempo, si è deciso di mettere in piedi uno scontro fantasy che sembra uscito da Ghostbusters come traguardo dell’azione, relegando il Joker a poco più di una comparsa, probabilmente per conservarlo per un assolo di Batman.
IO JOKER, TU HARLEY
Non sappiamo quanto ci vorrà perché qualche associazione femminista punti il dito contro il film, ma un rapporto distruttivo e sadomasochistico come quello di Harley e Joker in Suicide Squad non si era mai visto in un blockbuster per adolescenti. Jared Leto costruisce un personaggio più controllato e seducente rispetto a Heath Ledger, anche perché tutte le sue scene ruotano attorno al rapporto con Harley – che si lascia conquistare, torturare, offrire a terzi, e accetta infine (spoilerino) di gettarsi per lui in una vasca piena d’acido, ovvero di suicidarsi, una dimostrazione di dedizione che smuove il cuore dello psicopatico (fine spoilerino). È questa la sorprendente anima nera del film, il suo nucleo politicamente scorretto e il suo maggior rischio, mentre tutto il resto si risolve in una questione di coolness e punch line, ovvero in uno sviluppo accattivante quanto innocuo degli altri personaggi di questa sporca dozzina da fumetto, che non danno mai vera dimostrazione della loro natura criminale.
BATMAN
Se la presenza del Joker è la prima anomalia che muove la superficie del film (ma la somma delle sue apparizioni non raggiunge i 15 minuti), l’altra – ancor più ridotta – è quella di Batman, che compare in scena velocemente due volte a inizio film, prima per catturare Deadshot e poi all’inseguimento del Joker. La ragione per cui Affleck non è nei titoli di testa, come si era scoperto nei giorni scorsi, è che è quasi invisibile: vediamo la sua mascella quadrata sotto la maschera in un paio di inquadrature, il resto sono stunt delle controfigure. Quindi all’interno di questa storia il supereroe è una figura senza peso, ma la sua apparizione serve ad alimentare la percezione di continuità con BvS, così come il riferimento alla morte di Superman nel primo dialogo di Amanda Waller con i suoi superiori.
LA SQUADRA
E gli altri? In Killer Croc, Boomerang (improponibile ed esilarante), Katana e gli altri non c’è niente che non vada, ma il minutaggio e la caratterizzazione non gli consentono nemmeno momenti di particolare gloria. Deadshot è costruito su misura per la faccia tosta di Will Smith, è il leader carismatico del gruppo e ha una backstory familiare che lo giustifica e lo motiva. I ruoli più consistenti spettano a Incantatrice e Diablo. Cara Delevingne buca lo schermo come Margot Robbie, ma al contrario di quest’ultima tutte le decisioni sul suo personaggio – dal modo in cui usa i suoi poteri, a quello in cui si muove (lancia maledizioni, ma pare balli la danza del ventre) – sono disastrose: basti pensare che Incantatrice è una stregona quasi onnipotente, ma alla fine si riduce a prendere a cazzotti i suoi nemici. Molto più interessante Diablo, il personaggio con il trauma più grosso da smaltire. Nessuno regge comunque nemmeno lontanamente il confronto con Harley Quinn, che si muove come una marionetta, combatte come un soldato e sorride sbarazzina in camera, con lo sguardo candido e vuoto. Non esistono regole dietro a una performance del genere, è semplicemente il miglior design e il miglior casting possibile per il personaggio, una convergenza miracolosa che dovrebbe spingere la Warner a mettere in produzione uno spin-off a tempo di record.
LA STORIA?
Ci siamo tenuti un paragrafo per la trama, qui in fondo, un po’ perché una gran parte è già nota (Amanda Waller assembla per il governo degli Stati Uniti una squadra composta da prigionieri “meta-umani”, per fronteggiare future minacce soprannaturali, e li affida al soldato Rick Flag), e un po’ perché quando la missione del gruppo va in scena nel terzo atto, tutto si risolve in poche ore e in un’unica lunga battaglia che ha poco senso raccontare. Il film limita cioè le proprie ambizioni in un modo che è sia suggestivo – bella l’idea di quest’unica, interminabile notte di scontri – che riduttivo, ed esplicitabile attraverso il confronto con i Guardiani della Galassia (che partivano da una situazione simile): il film di James Gunn sembra un’epica cavalleresca, quello di Ayer una rissa notturna.
GIUDIZIO FINALE
Tutto quello che trailer e clip promettevano, anche a livello musicale, nel film c’è, e funziona bene: per oltre un’ora è eccitante, in un modo perfino poco classificabile, come se improvvisamente si fosse scoperta una nuova tonalità su cui suonare i cinecomic. Non solo: la sottotrama punk-melò con il Joker e Harley, è la cosa migliore accaduta all’universo DC dai tempi di Nolan.
Quello che invece il trailer non racconta, è superfluo e goffo, e gli ultimi 30 minuti campano di un lessico usurato, blaterando di minacce mondiali, satelliti e basi segrete, allargandosi a un immaginario cinematografico anni ’90 fino a quel momento fuori discussione. E viene da dire che peccato: fosse stato semplicemente un noir con il joker come villain – con Harley contesa tra un amante disturbato, i suoi amici della Squad e il governo -, sarebbe stato un trionfo.
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