Heretic, dal 27 febbraio al cinema l'horror psicologico con un "cattivissimo" Hugh Grant. Lo abbiamo intervistato insieme ai registi
telegram

Heretic, dal 27 febbraio al cinema l’horror psicologico con un “cattivissimo” Hugh Grant. Lo abbiamo intervistato insieme ai registi

Un viaggio nell'orrore tra fede e fanatismo nell'ultimo lavoro degli sceneggiatori di A Quiet Place, Scott Beck e Bryan Woods, in sala dal 27 febbraio. Ne abbiamo parlato coi registi e Hugh Grant, villain indimenticabile del film.

Heretic, dal 27 febbraio al cinema l’horror psicologico con un “cattivissimo” Hugh Grant. Lo abbiamo intervistato insieme ai registi

Un viaggio nell'orrore tra fede e fanatismo nell'ultimo lavoro degli sceneggiatori di A Quiet Place, Scott Beck e Bryan Woods, in sala dal 27 febbraio. Ne abbiamo parlato coi registi e Hugh Grant, villain indimenticabile del film.

Hugh Grant in Heretic

Il 27 febbraio arriva finalmente nelle sale italiane con Eagle Pictures Heretic, uno degli horror più acclamati degli ultimi tempi oltreoceano. Vuoi per l’etichetta distributiva a esso associata – quell’A24 che continua a imporsi nel mercato internazionale con intriganti proposte di genere – per l’astuto concept di partenza, o per il coinvolgimento di Hugh Grant in uno dei ruoli più atipici della sua carriera, quello diretto da Scott Beck e Bryan Woods è un titolo che ha fatto, giustamente, parlare di sé a lungo. 

Bastano, infatti, pochi minuti di visione per capire immediatamente che quello confezionato dal duo registico è un thriller psicologico scritto con enorme scaltrezza, che si fonda tanto su una sceneggiatura brillante quanto su ammirevoli scelte di casting. Progettato intenzionalmente come l’anti-A Quiet Place (film che Beck e Woods hanno scritto), il terrore in Heretic si basa interamente sui dialoghi taglienti e sulle parole usate come armi, che riescono a mantenere lo spettatore in uno stato permanente di allerta e stupore. In poche parole, è impossibile distogliere lo sguardo da una provocazione tanto memorabile.

Al centro della storia ci sono due giovani missionarie mormoni, sorella Barnes e sorella Paxton, interpretate rispettivamente da Sophie Thatcher (Yellowjackets, The Boogeyman) e Chloe East (The Fabelmans) che, impegnate a fare proseliti in una remota cittadina del Colorado, bussano alla porta sbagliata e si ritrovano prigioniere di un uomo tanto affabile quanto inquietante. A interpretarlo è un inedito Hugh Grant, che con il suo carisma trasforma il personaggio di Mr. Reed in un villain machiavellico, avvolgendo le protagoniste in un gioco psicologico fatto di inganni, teologia e pericolose riflessioni sulla fede.

Sophie Thatcher e Chloe East in Heretic

Courtesy of A24 – © A24

Quello che inizia come un incontro imbarazzante – l’insistita cordialità dell’uomo e la sua curiosità circa il mormonismo sembrano fin da subito sospette – si trasforma gradualmente in una lezione di teologia infernale. Le due ragazze scopriranno infatti presto che, dietro alla sua facciata di estrema cortesia, il signor Reed nasconde una conoscenza religiosa impressionante. Lo scontro dialogico tra i tre diventa via via più malsano e subdolo, un esercizio di retorica tenuto in piedi da un diavolo scettico che esorta le due giovani a riconsiderare le loro convinzioni, la loro fede e la loro chiesa. La porta è chiusa a chiave, Sorella Barnes e Sorella Paxton non possono andarsene e l’unico modo per uscirne è capire cosa questo oscuro individuo voglia da loro. Qualunque cosa sia, non promette nulla di buono.

Heretic mette in scena un’intelligente rivisitazione del genere horror psicologico, sostenuta da tre interpretazioni forti, in particolare quella di Grant, che manda in frantumi l’immagine del romantico rubacuori che si era costruito negli anni ’90 interpretando un cattivo davvero inquietante: non a caso, questa brillante performance gli è valsa una nomination ai Golden Globe 2025.

Come dicevamo, dietro la macchina da presa ci sono Scott Beck e Bryan Woods, già noti, oltre che per il gioiello horror di John Krasinski, per la sceneggiatura e regia dello sci-fi 65 – Fuga dalla Terra (2023) e dello slasher Haunt – La casa del terrore (2019). Dopo l’incursione in vari sottogeneri, con Heretic costruiscono un horror sofisticato e provocatorio, capace di unire tensione e dialoghi carichi di significato. Best Movie ha intervistato in esclusiva i due registi per scoprire i segreti dietro la lavorazione della loro ultima fatica e, soprattutto, come sono riusciti a convincere Hugh Grant a interpretare un ruolo tanto inedito quanto memorabile. 

Partiamo dalla genesi del film. Com’è nato Heretic?

BRYAN WOODS: «Mi viene da ridere al pensiero che abbiamo scritto Heretic prima ancora di concepire A Quiet Place, il film che ci ha fatto conoscere a Hollywood, visto che arriviamo dalle pianure e dai campi di grano dell’Iowa…».

SCOTT BECK: «In fase di scrittura ci scontravamo con un problema, sempre lo stesso. Arrivati alla scena iniziale in cui il personaggio di Hugh Grant si siede con le due missionarie, ci trovavamo sempre impreparati. Ci sembrava tutto inorganico. Così, per dieci anni, abbiamo fatto ricerche, leggendo pensatori interessanti come Christopher Hitchens e Richard Dawkins. Non che andassimo ogni sera in biblioteca, ma abbiamo letto molti teorici contemporanei, oltre a libri sacri che non conoscevamo come il Libro dei Mormoni o il Corano. Dovevamo essere sicuri della fede del suo personaggio, delle sue convinzioni in ambito religioso, letterario, matematico, oltre che della sua pazzia. Ogni volta che scrivevamo una battuta, dovevamo fermarci e poi andare su Wikipedia per verificare.»

BW: «Inoltre c’è stata la perdita di mio padre, morto inaspettatamente di cancro. Sono successe tante altre cose che mi hanno fatto riflettere sulla religione, argomento che avevamo sempre voluto sviluppare. Era il momento di esprimere tutte le nostre paure e ansie su ciò che accade quando si muore, sul mistero della morte. L’idea parte da lì e una volta che ci siamo seduti a scriverla, non ci siamo più fermati.»

Hugh Grant in una scena di Heretic

Courtesy of A24 – © A24

Come vi è venuto di puntare su Hugh Grant nel ruolo del cattivo?

SB: «Per interpretare il complesso personaggio di Mr. Reed, avevamo in mente da sempre una sola persona, uno che avesse la personalità di un guru, un tipo alla Keith Raniere oppure Ron Hubbard, e per noi c’era solo Hugh Grant. Per far sì che tutto collimasse, abbiamo attuato un pressing a tutto campo per portare a casa l’attore che desideravamo. Una volta deciso che Hugh sarebbe stato la persona giusta per il ruolo, abbiamo chiamato tutti quelli che conoscevamo che potessero avere una connessione con Hugh, dall’agenzia a quelli della A24. Li abbiamo supplicati, per favore, per favore, c’è solo una persona che può fare questo ruolo. È Hugh Grant. Aiutateci a fargli arrivare il messaggio e a convincerlo. [ride

Mentre nel caso di Thatcher e East nel ruolo delle due sorelle mormone?

BW: «Be’, Sophie Thatcher la conoscevamo già, perché abbiamo lavorato con lei in The Boogeyman e sapevamo quanto fosse brava. Per quanto riguarda Chloe East, galeotto fu il film di Spielberg The Fabelmans».
SB: «Una volta contattate abbiamo scoperto, con nostra gioia, che sia Sophie che Chloe erano cresciute secondo i dettami della Chiesa mormone prima di intraprendere la carriera di attrici, anche se, sebbene le loro storie personali abbiano influito sul casting, non sono state in alcun modo l’aspetto determinante. La verità è che sono due attrici brillanti, lo vedrete. Ci auguriamo di poter lavorare con loro molte altre volte».

Le due protagoniste di Heretic

Courtesy of A24 – © A24

Di solito i vostri film partono sempre da una premessa: l’atterraggio di un astronauta su una Terra preistorica oppure una famiglia che sopravvive in silenzio ad alieni mortali. Qui invece? 

BW: «Innanzitutto volevamo andare nella direzione opposta a quella di A Quiet Place e 65, che erano due film sostanzialmente privi di dialoghi, degli horror puri. Con Heretic eravamo determinati a fare dei dialoghi e delle convinzioni dei nostri personaggi delle vere armi, per creare qualcosa di spaventoso come A Quiet Place, rimanendo allo stesso tempo strani e misteriosi. In pratica, Heretic è il connubio tra un cinema più fighetto e un altro senza pretese. Almeno, questa era l’intenzione.»

SB: «Come escamotage abbiamo usato una candela al sapore di mirtillo, visto che A24 voleva un oggetto da usare come marketing. Poi abbiamo messo il DNA della nostra formazione umana e professionale, quindi musica, film, registi, tutte le cose che piacciono a noi come il Monopoli, oppure la riflessione su come Radiohead, Lana Del Rey e gli Hollies abbiano tutti delle reinterpretazioni delle loro canzoni. Cinematograficamente parlando, adoriamo ogni singolo film di François Truffaut, ma siamo anche due adepti della filmografia di Dennis Dugan. Insomma, tanta roba, come si dice da voi. Tanta roba

Hugh Grant: «Ne ho abbastanza di commedie e film sentimentali»

Frame da Heretic

Courtesy of A24 – © A24

Hugh Grant (Londra, 1960) individua nel ruolo affidatogli dalle sorelle Wachowski in Cloud Atlas (2012) quello che ha cambiato il modo in cui l’industria lo vede e che, di fatto, ha rilanciato la sua carriera. Fino a quel momento, e per puro caso, aveva costruito una filmografia e una fama smisurata sulla sua immagine di rubacuori generalmente goffo in commedie romantiche di successo: Quattro matrimoni e un funerale (1994), Nine Months (1995), Notting Hill (1999), Il diario di Bridget Jones (2001), Two Weeks Notice (2002), Love Actually (2003)… È una fase – ci assicura – che si è ormai lasciato alle spalle perché fare il cattivo in Paddington 2, l’Umpa Lumpa in Wonka o i ruoli da teppista con Guy Ritchie gli hanno spianato la strada per diventare Mr. Reed, il protagonista di Heretic, in cui ha saputo sfruttare tutto il suo passato di affascinante gentiluomo per dare subito una svolta dark al suo fascino e diventare il peggior incubo delle sue co-protagoniste, Sophie Thatcher e Chloe East.

Scott Beck e Bryan Woods hanno pensato fin da subito a Hugh Grant per interpretare quest’uomo solitario con gravi conflitti di fede. E l’attore ha portato a Mr. Reed molto più di quanto avessero mai immaginato. «Ho creato storie e passati intorno ai miei personaggi per tutta la vita, direi che con gli anni sono andato peggiorando», ha raccontato scherzando durante la sua visita a Madrid lo scorso novembre. «Si tratta di andare avanti e indietro, porsi domande sulla sua infanzia, che rapporto aveva con la madre, com’era sua madre? Mi piace molto questa parte, è creativa ed è come marinare un pezzo di carne per mesi in modo che, quando si arriva alle riprese, la macchina da presa catturi quei dettagli senza doverli interpretare». E poi aggiunge: «Questa è la teoria più assurda, non so se funziona. Perché lo faccio anche per calmare i miei nervi. Se penso alle riprese vado nel panico, ma passare ore a prepararmi mi calma».

Hugh Grant in Heretic

Courtesy of A24 – © A24

 «Garantisco che non riceverò più copioni di commedie», dice. E come la mettiamo con Bridget Jones – Un amore di ragazzo uscito da poco? «Che non sono l’interesse romantico e comunque credo di averne fatti abbastanza. I protagonisti romantici sono molto difficili perché sono sempre al limite della noia. E sappiamo tutti che in questo genere il pubblico è attratto dal corpo», replica ridendo. Dopodiché torna serio per riflettere su cosa, dal suo punto di vista, rende una commedia sentimentale buona e duratura, come alcuni dei titoli della sua carriera. «Ci vuole uno scrittore davvero divertente. Marc Lawrence lo era e anche Richard Curtis. E poi credo che serva anche il dolore, come mia moglie ha detto guardando Love Actually: “Questo film parla di dolore”. Lei è svedese, quindi è piuttosto cupa, ma ha ragione, tutto l’umorismo deriva dall’affrontare il dolore dell’amore non corrisposto, della perdita… Ed è questo che rende questi film senza tempo. Sono tutt’altro che leggeri, sono piuttosto profondi».

«Sono d’accordo che c’è qualcosa di sinistro nel fatto che continuo a ricevere ruoli da cattivo e continuo a farli. Tutti condividono il fatto di essere narcisisti deliranti», ride, «ma è anche molto liberatorio in questa fase della mia carriera in cui posso fare qualsiasi genere e qualsiasi progetto. Sono ancora un po’ riluttante nei confronti della televisione, perché non mi piace. Ho fatto due classici (uno per HBO, uno per BBC, ndr), ma non mi interessa lo streaming. Se c’è una cosa in cui credo fermamente ora è il mio odio verso i social media, internet e le piattaforme perché stanno uccidendo la connessione umana. Preferisco lavorare con due registi come Beck e Woods che hanno un loro cinema nell’Iowa e credono nell’esperienza condivisa della sala. Vedere un film destinato al grande schermo da soli in casa con il proprio cane, invece che con centinaia di persone, piangendo e ridendo insieme, onestamente lo trovo molto triste».

Heretic di Scott Beck e Brian Woods è al cinema dal 27 febbraio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA