Hors du temps: la recensione del nuovo film di Olivier Assayas dal Biografilm Festival
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Hors du temps: la recensione del nuovo film di Olivier Assayas dal Biografilm Festival

Abbiamo visto l'ultimo lavoro del regista di Personal Shopper e Il gioco delle coppie, uno slice of life intimista che si svolge durante la pandemia

Hors du temps: la recensione del nuovo film di Olivier Assayas dal Biografilm Festival

Abbiamo visto l'ultimo lavoro del regista di Personal Shopper e Il gioco delle coppie, uno slice of life intimista che si svolge durante la pandemia

Hors du temps

Presentato in concorso al Festival di Berlino e quindi in anteprima nazionale al Biografilm Festival 2024, Hors du temps rappresenta il primo lockdown e l’inizio della pandemia attraverso gli occhi di Olivier Assayas. E dopo il successo della magnifica serie Irma Vep, il cineasta francese sceglie ancora il suo attore feticcio Vincent Macaigne per quest’opera intimista e fortemente autobiografica.

La casa di campagna, situata nella piccolissima cittadina di Boullay-les-Troux, comune di appena 671 abitanti, è realmente il luogo dove il cineasta è cresciuto e che ora si trasforma nel perfetto teatro di un racconto sospeso tra verità e finzione. E il risultato è un film in grado di catturare come pochi altri l’atmosfera rarefatta, quasi irreale del lockdown, una sorta di vacanza intessuta di paura, incertezza e dell’ombra sottile della morte. 

E non sarà certo un caso che Paul, il protagonista di Hors du temps, sia un regista reduce dallo straordinario successo di un film con Kirsten Stewart (che nella realtà è stato Personal Shopper nel 2016). Lo stesso autore, interpretato da Vincent Macaigne, si interroga su quale potrà essere il futuro del cinema se i set saranno costretti ad adeguarsi al nuovo regolamento sul distanziamento sociale. La risposta di Olivier Assayas sembra chiara, volgendo i divieti e le difficoltà nell’occasione per realizzare un film lieve, interamente incentrato sulla quotidianità, i gesti minimi, la nostalgia e il ricordo che fa breccia nelle cose di tutti i giorni.

La stessa memoria e la voce del regista in voice over si inserisce così nella storia in forma di inserti in bianco e nero e digressioni sui libri, gli artisti e i cineasti amati dal padre, le influenze che hanno segnato gli anni della sua formazione culturale. Nel mentre, il protagonista condivide il lockdown nella casa di campagna con il fratello Etienne (Misha Lescot), insieme alle rispettive compagne. Per entrambe le coppie si tratta in realtà del primo esperimento di convivenza vera e propria, ma se le giovani donne sembrano perfettamente a loro agio i due fratelli bisticciano come forse hanno fatto fin da bambini.

I due rappresentano anche i diversi atteggiamenti che tutti abbiamo assunto all’inizio della pandemia rispetto al Covid-19. Vincent Macaigne è naturalmente il più spaventato, attento a indossare mascherina, guanti e lavare scrupolosamente le mani seguendo scrupolosamente un video tutorial. Il fratello ostenta invece comportamenti ben più spregiudicati, criticando certe attenzioni (o forse ossessioni) come una forma di isteria collettiva.

Chiunque non nutra una spiccata predilezione per questa visione intimista del cinema come slice of life, stralcio di vita, l’ultimo lavoro di Olivier Assayas apparirà certamente come un’opera minore. Di contro, nell’apparente semplicità di questi istanti di vita quotidiana catturati dalla macchina da presa con sicurezza e classe innate, c’è tutta l’ineffabile eleganza di uno dei più interessanti registi del panorama europeo contemporaneo. E dopo Il gioco delle coppie e Wasp Network, ritroviamo finalmente la tenerezza di un amore ritratto senza nevrosi e sovrastrutture. Senza escludere che un giorno, quando il periodo della Pandemia verrà rivisto con il privilegio del distacco storico, saranno proprio film come questo a raccontare un momento del tutto inedito per l’umanità.

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