Ci sono attori che lavorano da anni a Hollywood, partecipando pure ad alcuni dei film più visti e discussi, e il cui nome non sale mai alla ribalta della cronaca, stampandosi nell’immaginario collettivo, fino a che non arriva il ruolo giusto. Di sicuro David Oyelowo, che di questa categoria fa parte, non è stato aiutato dal cognome (si pronuncia “oh-yellow-oh”), eredità delle sue origini nigeriane. E così, dopo aver recitato in Jack Reacher, The Butler e Interstellar (è il preside che quasi litiga con Cooper durante un colloquio con i genitori), David a 38 anni ha finalmente incrociato il ruolo della sua vita: quello di Martin Luther King, pastore protestante, leader del Movimento per i diritti civili degli afroamericani tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, e fautore della lotta non violenta. Un impegno che rischiava di essere emotivamente schiacciante per un attore americano di colore, e che invece un inglese come lui ha saputo interpretare con immedesimazione ma anche con la giusta distanza. Una miscela che gli è valsa tra l’altro l’attenzione della Hollywood Foreign Press e la prima delle quattro nomination ai Golden Globe guadagnate da Selma (il titolo del film viene dal nome della città dell’Alabama da cui partì una delle più famose marce di protesta guidate da King), la cui notizia è giunta poche ore dopo la nostra intervista.
Best Movie: Quali sono le similitudini e le differenze tra te e Martin Luther King?
David Oyelowo: «Purtroppo ci sono meno similitudini di quelle che speravo. Condividiamo la stessa fede cristiana ma lui ha dato la vita per la sua causa, non solo perché è stato assassinato, ma perché conosceva molto bene il suo destino e la difficoltà del suo cammino, iniziato all’età di 26 anni: sapeva che la gente lo avrebbe voluto togliere di mezzo insieme con tutta la sua famiglia. C’erano state minacce ai suoi bambini e a sua moglie, ma lui ha continuato per la sua strada. Io ho quattro bambini a casa, proprio come lui, e se la gente minacciasse loro o mia moglie per tredici anni, non so se avrei il coraggio di continuare a combattere, di fronte a tutto questo. Tra l’altro ha messo se stesso sotto una grande pressione: è sempre stato lontano da casa, da quando aveva 28 anni, ogni dannato mese. Questa è un’altra delle cose che io non potrei sopportare: era un uomo decisamente migliore di me».
BM: Cosa ti sei trovato, da inglese, a impersonare un’icona americana?
DO: «Anche se conoscevo bene il peso di un personaggio come King, è vero che non fa parte della mia storia o della mia cultura. In realtà è stato solo quando ho letto lo script del film nel 2007 che ho avuto una reazione viscerale e spirituale assieme per la sua storia. Ero determinato a ricoprire questo ruolo. Sfortunatamente, il primo regista designato a quei tempi (Stephen Frears, NdR) non aveva la stessa connessione spirituale con me, e sono stato rifiutato. Ma ho continuato a studiare il copione, sperando in una seconda opportunità. Nel frattempo sono stato scelto da Lee Daniels per The Butler, e il mio personaggio aveva a che fare con i diritti civili. Poi proprio Daniels è diventato il regista del film (alla fine è toccato però ad Ava DuVernay, NdR): un giorno mi ha detto che sarei stato perfetto per quella parte, perché ero l’unico attore di colore che non sentiva sulle spalle la responsabilità di quel ruolo. Gli attori afroamericani affrontavano il personaggio quasi spaventati: “O mio Dio, è il nostro grande leader!”. Io invece non sentivo questa cosa, l’ho interpretato semplicemente come uomo e questo mi ha aiutato a ottenere la parte».
BM: Ti sei mai confrontato direttamente con il razzismo?
DO: «Sono nato e cresciuto nel Regno Unito. Lì la situazione è simile a quella americana, almeno per certi versi: ovvero, se hai i soldi sei il benvenuto e vai avanti, non importa il colore della pelle. Però non puoi “comprare” il tuo ceto sociale, ti definiscono un “parvenu”, un arricchito. Posso dire che il giorno in cui avremo un Primo Ministro di colore in Inghilterra è ancora molto lontano». […]
Leggi l’intervista completa su Best Movie di febbraio, in edicola dal 28 gennaio.
(foto: Getty Images)
© RIPRODUZIONE RISERVATA