I Monuments Men invadono Milano per presentare l'ultimo film di George Clooney
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I Monuments Men invadono Milano per presentare l’ultimo film di George Clooney

Pellicola che racconta di un plotone di cercatori di tesori durante la seconda guerra mondiale inviati a preservare le opere d’arte del vecchio continente contro la furia nazista

I Monuments Men invadono Milano per presentare l’ultimo film di George Clooney

Pellicola che racconta di un plotone di cercatori di tesori durante la seconda guerra mondiale inviati a preservare le opere d’arte del vecchio continente contro la furia nazista

Nella settimana dell’anniversario dell’attacco all’Abazia di Monte Cassino, da cui ha origine il film, arriva in Italia The Monuments Men, film diretto e interpretato da George Clooney con Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban e Dimitri Leonida. La pellicola si basa sull’omonimo libro e racconta di un plotone di cercatori di tesori durante la seconda guerra mondiale inviati dal Presidente degli Stati Uniti a preservare le opere d’arte del vecchio continente contro la furia nazista. A far parte della spedizione non sono dei militari ma curatori dei musei, storici dell’arte e studiosi che per amore della cultura hanno imbracciato le armi e salvato migliaia di opere dal saccheggio e distruzione da parte di Hitler.

Presente all’incontro anche l’autore del libro Robert Edsel e Harry Ettlinger, uno dei veri Monuments Men. Tra uno sguardo ammiccante di Clooney (che non si riserva di scherzare ancora sulla mancata vittoria agli Oscar contro Dujardin) e un siparietto comico tra Bill Murray che battezza con acqua minerale John Goodman, ecco cosa ci hanno raccontato:

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Conoscevate i Monuments Men prima di leggere lo script? E come avete conosciuto la storia del vostro personaggio?
Bill Murray:
«Sapevo solo quello che George mi aveva raccontato prima di realizzare il film, non sapevo però che i nazisti avessero visitato i musei anni prima della guerra, per poter identificare i pezzi da rubare durante il conflitto bellico. Purtroppo non tutte le opere d’arte trafugate sono state trovate».
John Goodman
: «Non sapevo niente di loro fin quando non mi hanno offerto di partecipare al film. Con il mio personaggio condividiamo la stessa città».
Jean Dujardin
: «Io non conoscevo l’esistenza dei Monuments Men ma mi ha affascinato subito il progetto e la loro storia».
George Clooney: «Ho visto un documentario chiamato “The Rape of Europa” ma fin quando Grant Henslov, il co-sceneggiatore con me alla pellicola, non ha trovato il libro non conoscevo bene la storia. Dopo aver letto il libro non riuscivo a credere che Hollywood non avesse già realizzato una storia a riguardo».
Matt Damon: «Il mio personaggio è basato su un vero curatore del MET di New York. Il quesito principale riguarda cosa conta l’arte nel mondo e nella nostra vita? Per loro, i Monuments Men, era qualcosa per cui rischiare, perciò è stato bellissimo poter partecipare alla realizzazione di un film che raccontava la loro stori.
Bob Balaban: «Tutto quello che avevano raccolto i nazisti sarebbe stato distrutto alla morte di Hitler, questo non lo sapevo! Mentre il mio personaggio è basato su chi ha fondato il New York City Ballet, qualcuno che di arte ne capiva».
Dimitri Leonida: «Ho conosciuto la loro storia solo dopo aver letto la sceneggiatura, sono stato fortunato ad essere scelto per la parte, ho ricevuto lettere da Harry Ettlinger, che interpreto nel film, con una biografia della sua vita, delle condizioni difficili del passaggio dalla Germania a New York, sono stato fortunato ad avere questo contatto diretto con lui. Credo che quando leggi direttamente l’esperienza di un personaggio romanzi un po’ sopra, ma quando parli con la persona riesci ad avere una visione più nitida della sua vita».

Spesso la vediamo in ruoli particolari, come in quelli di Wes Anderson, come ha affrontato questo ruolo così classico?
Bill Murray:
«Non riesco a sentire bene la traduzione mi chiedevate con chi è più divertente andare a cena giusto? Dunque, se vai a cena con Wes Anderson è più divertente che con George Clooney perché George beve di più ma mangia più sano, mentre Wes mangia quantità enormi di cibo come se dovesse morire domani. Perché questo è più importante per me come attore? Con Wes andrà sempre avanti il discorso di girare un film per quanto mangia! Ma soprattutto perché per lui il film è un’opera artistica, mentre con George abbiamo girato un film sull’arte, che parla di arte, dove alla fine delle riprese stacchi e bevi fino alla fine del giorno».

C’è leggerezza nei dialoghi, come ha lavorato alla sceneggiatura dopo la lettura del libro?  Perché si avverte l’umorismo e la goliardia in alcuni dialoghi.
GC:
«Quando abbiamo iniziato a lavorare io e Grant abbiamo pensato ai film che ci piacevano da giovani sulla guerra, in cui c’era un umorismo sottile, e volevamo tenerlo nel nostro film».

Ha già fatto film basati su storie vere, quanto c’è spazio all’immaginazione in questi casi?
GC
: «Questo è stato un film in cui dovevamo tenere a mente l’accuratezza dei fatti storici, qualche libertà c’è stata come in tutti i film, principalmente nei dialoghi. Ad esempio abbiamo enfatizzato il flirt fra Matt e Cate. Ci sono cose che vuoi che nel cinema siano più accentuate, mentre altre le devi mantenere fedeli, come i riferimenti storici. La cosa strana è che le cose più particolari in realtà sono eventi realmente accaduti».

Come si trova il “francy” in questa bella compagnia di americani e come si trova un attore francese a fare parti europee a Hollywood?
JD:
«La passione! No a dire il vero il mio personaggio è un piccolo “francy” in mezzo agli americani e anche io come lui mi sono ritrovato fra questi grandi attori di Hollywood. Ho imparato a dosare la mia recitazione con loro».

Visto che ne “Le idi di Marzo” ha diretto Philip Seymour Hoffman potrebbe raccontarci un ricordo umano della persona al di là dell’artista?
GC:
«Noi siamo una comunità, tra attori e registi, e lui ne faceva parte a pieno titolo. È molto triste quello che è successo, anche se non faceva i leader nei film era un prsonaggio centrale e ha lasciato un grosso buco nella nostra comunità la sua mancanza si farà sentire».

Difesa della cultura e un interrogativo, conta il sacrificio della vita umana o la difesa della cultura?
MD:
«Stamattina abbiamo avuto modo di vedere dal vivo L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci che si vede anche nel film, e quando l’ho vista il senso di ciò che raccontiamo mi è stato più chiaro».
BB: «Dopo aver visto il film capisci che non salvano solo le grandi opere d’arte ma l’essenza della cultura di centinaia d’anni».

Che cosa rappresenta questo progetto per voi, non solo come artisti ma come uomini?
MD: «
Come attore ho avuto modo di lavorare con un regista con cui volevo, ed egoisticamente mi ha aiutato anche nella carriera! Al di là di questo sono molto contento che siamo riusciti a portare sul grande schermo la storia di questi grandi uomini».
GC: «A Hollywood film sulla seconda guerra mondiale si fanno spesso, e avere una storia nuova da raccontare è stato bello»

 Il bello e il brutto di lavorare con gli amici?
MD:
«Il bello è che non devi essere sempre diplomatico, risolvi i problemi più velocemente. Lui mi dava le note, e mi diceva perché non sei come gli altri attori in scena? E io gli rispondevo: come te quindi? Ovviamente è uno scherzo».
GC: «I giochetti così si traducono sempre male sulla carta, non c’è un lato negativo di lavorare con gli amici e con attori del genere, l’unico lato negativo è che a un certo punto devi finire».

Proiettata negli anni della guerra ma molte opere devono essere ancora restituite visto che ha fatto molte ricerche sul tema com’è la posizione dell’Italia e degli altri governi a riguardo?
Robert Edsel
: «Credo che sia una sfida che l’Italia stia già affrontando. Molte opere sono state trovate dai Carabinieri, se vogliono ritrovare opere arte devono però essere trasparenti su delle opere che sono nei musei italiani che non appartengono proprio a loro. E’ un lavoro che devono fare tutte le nazioni in maniera che tali tesori siano tutti ridati ai legittimi proprietari. Il senso di obligazione che si ha con le generazioni future affinchè possano godere anche loro di tale patrimonio».

Che tipo di rapporto si è instaurato fra voi?
Dimitri:
«Durante le riprese non l’ho incontrato personalmente ma avevo le lettere scritte da lui sulla sua vita, una sorta di biografia, lui l’ho conosciuto qualche giorno fa. Quando giri sei consapevole dell’importanza di fare bene tutto perché sapevo che lui avrebbe visto la mia performance. Volevo onorare la sua esperienza e la sua storia».

Ha già delle idee per lavorare di nuovo tutti insieme?
GC:
«Ohhh no no non ancora, non ci lavorerò piu con loro!Ho visto Jean vincere un Oscar…bastard… scherzo ovviamente, avevo già lavorato più o meno con loro e non vedo l’ora di farlo nuovamente».

Oltre alla distruzione dell’arte c’è una colpa sull’incuria dell’arte? Lei cosa pensa, vive qua conosce un po’ il nostro problema?
GC: 
«La prima cosa che soffre con problemi economici è l’arte, succede anche negli USA. Quando capisci cosa stava facendo Hitler lui voleva distruggere la cultura voleva eleminarli come se non fossero mai esistiti. Prima della parola c’erano pitture sui muri, quello è quello che siamo ,ci dice chi siamo e come siamo arrivati dove siamo arrivati ora».

 

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