Quando Biggio e Mandelli ammettono con candore che la loro comicità si basa sull’osservazione sociale, non dicono che l’esito di quell’osservazione è una caricatura completamente priva di empatia, una deformazione e una forma di disprezzo. Nel mondo di silicone sagomato e mascheracce degli ex Soliti Idioti non c’è riscatto dalla bruttezza, è una satira non costruttiva, scomposta, definitiva (alla fine, Dio letteralmente muore). Per questo molto più radicale (e in un certo senso “faticosa”, per loro e per chi guarda) di quella di Maccio Capatonda, che pure si muove negli stessi territori linguistici, ma con un’idea di cinema vagamente predicatorio e in definitiva “ben fatto”, più compiuto, che qui è sacrificata alla furia sboccata/sfacciata/sfigurata del duo. Il che potrebbe sembrare un attacco, quando invece – per chi scrive – è un complimento.
La trama, velocemente: Minosse non sa più come organizzare i gironi dell’inferno, ci sono troppi nuovi peccati (per dirne due: lo stalking e la dipendenza da tecnologia). Per questo chiama Lucifero, che a sua volta chiede un appuntamento con Dio (la cosa più divertente e “cinematografica” del film, dentro una specie di grande nulla senza eco). Dopo una seduta del Parlamento dei Santi (a proposito: è roba alla Charlie Hebdo), si decide di rimandare Dante sulla Terra a catalogare i dannati, visto che la prima volta era stato tanto bravo. E Dante (Mandelli) va, trova il suo nuovo Virgilio (Biggio, ovviamente uno sfigato qualunque, non il Poeta), e affronta le neo-Bolge della Milano pre-Expo: il bar, il traffico (ma non in tangenziale, bah), il supermercato, il condominio, la pubblicità invasiva (?), la discoteca.
Satira episodica, da cabaret, o addirittura da quotidiano, ma come detto con due o tre punte notevoli di messa in scena (la parabola del tecnodipendente), La Solita Commedia – Inferno non segna un’evoluzione nel linguaggio comico di Biggio e Mandelli, né un progresso in quello cinematografico; non è un racconto costruttivo, non suggerisce soluzioni di alcun genere, politiche, formali, umane. È un deserto, e la sensazione è che abbia perfettamente senso, più di tutto il resto di quel che chiamiamo commedia italiana e abbiamo visto ultimamente.
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