Il cinema che si trasforma in discoteca e un curioso esempio di slapstick-thriller: il weekend del Korea Film Fest
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Il cinema che si trasforma in discoteca e un curioso esempio di slapstick-thriller: il weekend del Korea Film Fest

Secretly Gently mischia farsa, azione e melò. Ma il bellissimo Odeon, sede del Festival, ha un problemino

Il cinema che si trasforma in discoteca e un curioso esempio di slapstick-thriller: il weekend del Korea Film Fest

Secretly Gently mischia farsa, azione e melò. Ma il bellissimo Odeon, sede del Festival, ha un problemino

Le cosa bella delle poltrone del cinema Odeon, casa del Korea Film Fest (scopri qui il programma completo del festival), è che sono veramente poltrone. Sono larghe, profonde, imbottite, estremamente comode – quindi ad altissimo rischio abbiocco. Ricordano quelle della Sala Grande del Lido di Venezia, ma sono rivestite con un panno dorato che le fa sembrare anche più preziose. Il cinema tutto è comunque un pezzo di storia, costruito negli anni Venti dentro Palazzo dello Strozzino a conquanta passi dal più noto Palazzo Strozzi, e pressoché integro. Ne segnalo due particolarità: la cupola di vetrata colorata, con un motivo a mosaico, che un tempo si apriva per far uscire il fumo accumulato in galleria, oggi bloccata ma ancora bellissima. E ciò che invece più lo distingue dalle sue origini: la prossimità con alcuni locali notturni che diffondono nello storico quadrilatero della piazza tecno-musica a volume da ampia periferia agricola. Risultato: i film di prima e seconda serata hanno un ritmo scandito dai colpi sordi, tribali, della disco-demenza (TUNZ – TUNZ – TUNZ) che fa vibrare il pavimento della sala, e con esso la suola delle scarpe, lo sterno e un poco i denti. Conferendo a tutte le visioni una nota ossessiva che alle volte giova ma più spesso no.

Tutto questo non ha per fortuna inficiato la proiezione di Secretly Greatly (ore 17.30, quindi in “fascia protetta”), inserito nella sezione Orizzonti Coreani, quella pop, dei successi di botteghino. Si racconta di giovani spie nord-coreane addestratissime e letali infiltrate in vari strati della società sud-coreana in attesa d’ordini. Lo spunto farebbe pensare a un thriller ma con i coreani non si può mai dire. Si parte infatti con il il protagonista che per non destare sospetti si finge lo scemo di un villaggetto, una baraccopoli di disgraziati, alla periferia di Seul. Ha un codice rigidissimo da seguire che gli impone di smoccolarsi addosso, cadere dalle scale tre volte al giorno e fare la cacca in pubblico una volta ogni sei mesi. Quindi per tutta la prima parte, il cosiddetto set-up, il film è una commedia slapstick/demenziale, con questo ragazzo, questa macchina per uccidere, condannato a fare il deficiente e tutti gli equivoci che ne conseguono (la ragazza che gli piace che nemmeno lo guarda, i bulletti di quartiere che lo tormentano, i bambini che lo irridono, eccetera).

Dura un po’, poi l’agente infiltrato ne incontra altri come lui e soprattutto – per una serie di questioni politiche nordcoreane che mi sono sfuggite, ma che ai sudcoreani sono probabilmente chiarissime – viene loro dato l’ordine di suicidarsi. Al che decidono di ribellarsi e il film diventa prima un thriller spettacolare pieno di combattimenti corpo-a-corpo e sparatorie, e poi un melodramma d’eroismo e sacrificio (come solo in Oriente si consentono: pieno di ralenty, pioggia, pioggia in ralenty, flashback). Il messaggio politico è quindi elementare (i bambini soldato nordcoreani vengono addirittura pugnalati, non metaforicamente, per addestramento), l’origine è il web (un cortometraggio diventato miniserie che ha raccolto 40 milioni di views), ma il vero motivo di interesse è la disinvoltura con cui in Corea mischiano generi agli antipodi senza scrupoli di coerenza stilistica e con ottima proprietà tecnica.

PS: Oggi vedo un film in 3D su un gorilla che diventa un campione di baseball. E stasera arriva Choi Min-Sik.

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