«Il cinema italiano non è Salvo... ma neanche morto»: Grassadonia e Piazza presentano il film che ha trionfato a Cannes, ora in sala
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«Il cinema italiano non è Salvo… ma neanche morto»: Grassadonia e Piazza presentano il film che ha trionfato a Cannes, ora in sala

Dopo la vittoria alla Semaine de la Critique, Salvo arriva finalmente nei nostri cinema distribuito da Good Film

«Il cinema italiano non è Salvo… ma neanche morto»: Grassadonia e Piazza presentano il film che ha trionfato a Cannes, ora in sala

Dopo la vittoria alla Semaine de la Critique, Salvo arriva finalmente nei nostri cinema distribuito da Good Film

Salvo, il nuovo film di Fabio Grassadonia e Michele Piazza, ha rappresentato l’Italia al Festival di Cannes dove è stato accolto con grande entusiasmo da parte della critica internazionale, trionfando alla Semaine de la Critique, sezione parallela e più sperimentale della selezione ufficiale del Festival. Si è infatti aggiudicato entrambi i premi disponibili: il Grand Prix della Giuria, presieduta dal regista portoghese Miguel Gomes, e il Prix Révélation, assegnato da una seconda giuria presieduta dalla regista francese Mia Hansen-Løve.
Salvo racconta la storia di un killer professionista, interpretato dall’attore palestinese Saleh Bakri, al soldo di un clan mafioso siciliano che gli affida l’ingrato compito di uccidere un membro della famiglia rivale. Incappa però nella sorella della vittima, Rita (l’esordiente Sara Serraiocco), una giovane ragazza cieca che riacquista per miracolo la vista proprio in seguito all’incontro/scontro con l’assassino del fratello. Salvo la rapisce per eliminarla, rinchiudendola in una vecchia fabbrica abbandonata. Alla fine però le cose andranno diversamente, tanto che il killer cercherà una redenzione che solo la salvezza della ragazza gli può dare.

Salvo, che è una coproduzione italo-francese, uscirà nelle sale italiane il prossimo 27 giugno distribuito da Good Films. Fatto di cui i registi Fabio Grassadonia e Michele Piazza sono particolarmente orgogliosi data la difficoltà incontrata nel trovare una casa di distribuzione italiana. Durante la conferenza stampa che si è svolta oggi a Milano, i due hanno parlato con passione non solo del loro ultimo film ma anche della situazione poco rosea del nostro cinema in generale: «In tutti i contesti internazionali, il nostro lavoro è stato accompagnato da un ottimo riconoscimento, e sopratutto in Francia. In Italia invece è estremamente difficile trovare un interlocutore perché il budget a disposizione è minimo. Durante il Festival di Cannes avevamo già trovato una distribuzione francese, americana e australiana, ma nessuna italiana, nonostante avessimo fatto più proposte». Una situazione difficile che vale per tutto il sistema cinematografico del Bel Paese: «Abbiamo letto più volte articoli intitolati “Il cinema italiano è Salvo”, ma purtroppo non è così; il nostro film non cambierà la situazione del cinema italiano perché ottenere una distribuzione e i mezzi per fare un film è un percorso difficile per chi come noi non vuole fare una commedia immediatamente riconoscibile e facilmente commerciale». Nonostante le prospettive poco ottimiste, Fabio Grassadonia e Michele Piazza non hanno intenzione di fermarsi: hanno infatti affermato di voler ritornare dietro la cinepresa perché «il cinema italiano non è morto. È un’affermazione che circola molto e di cui ci si vuole convincere, ma solo in Italia, perché all’estero non c’è questa percezione».

I registi hanno anche parlato della realizzazione di Salvo e delle motivazioni che li hanno spinti a scegliere un tema come la cecità, partendo dalla loro esperienza personale: «Siamo cresciuti durante gli anni ’80 a Palermo quando la guerra di mafia era nel vivo. Ci veniva insegnato a non vedere e a fingere, eravamo circondati da ciechi volontari. È questo il nocciolo del film: dall’incontro tra una cieca vera/Rita e un cieco volontario/Salvo nasce la possibilità di vedere davvero». Un ruolo non facile, quello interpretato dall’esordiente Sara Serraiocco che per immedesimarsi al meglio nei panni di Rita è stata “costretta” dai registi a provare personalmente cosa significhi essere non vedente: «È stato un lungo percorso di studio sia scientifico che di conoscenza diretta con persone cieche. Abbiamo forzato Sara all’autentica cecità facendole indossare delle lenti accecanti che le impedivano la vista durante le riprese».

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