Se c’è un film che non ha bisogno di presentazioni sicuramente è Il gladiatore, entrato per direttissima nella leggenda di Hollywood. A renderlo un cult indimenticabile e citatissimo ancora oggi hanno contribuito la storia avvincente, la ricreazione di una Roma antica credibile attraverso la CGI, l’interpretazione piena di carisma di Russell Crowe, le musiche di Hans Zimmer, e nel nostro Paese la voce bassa e profonda di Luca Ward, che ha doppiato il protagonista.
Tra i monologhi più citati della storia del cinema c’è infatti quel proclama che Crowe fa a Joaquin Phoenix, che nel film interpretava il crudele imperatore Commodo:
“Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio. Padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa… E avrò la mia vendetta, in questa vita o nell’altra“.
Non era così noto, però, che nella sceneggiatura originale, Massimo sopravviveva nei titoli di coda, ma quando Crowe e Scott hanno discusso insieme la storia, non hanno visto altra scelta che vederlo morire.
Ecco cosa ha rivelato in una recente intervista Crowe al magazine Empire: «Mi chiama Ridley e mi dice: “Il discorso ‘Mi chiamo Massimo Decimo Meridio…’ è fondamentalmente una nota suicida». E poi continua: «Ricordo che Ridley mi disse: “Guarda, per il modo in cui il racconto si sta sviluppando, non vedo come egli possa sopravvivere. Questo personaggio parla di un atto di pura vendetta in nome di sua moglie e di suo figlio e, una volta che lo ha realizzato, cosa fa?“. E io gli ho risposto:”Sì, cosa fa Massimo? Finisce per gestire una fottuta pizzeria al Colosseo?”. Il suo unico scopo è quello di incontrare sua moglie nell’aldilà e scusarsi per non esserci stato. E questo è tutto”.
Il resto è storia immortalata dalla pellicola.
Vi sarebbe piaciuto un happy ending per Massimo, magari al fianco di Augusta Lucilla e di suo figlio?