Fino all’avvento di Star Wars e alla successiva esplosione della nuova-nuova-Hollywood, quando si parlava del costo di un film si intendevano tutta una serie di cose che andavano dalle star coinvolte all’ampiezza degli scenari raccontati, dalla sofisticatezza dell’illuminazione alla ricchezza dei costumi, e via dicendo.
Dopo Star Wars è diventata una questione di effetti speciali. Più il budget di un film era alto, più erano garantiti spettacolari effetti speciali che avrebbero convinto il pubblico a credere all’incredibile. Il Padrino di Francis Ford Coppola è un film uscito nel 1972 che è costato un mucchio di soldi.
In parte sono serviti per comprare i diritti di sfruttamento del romanzo di Puzo (uno dei libri che hanno creato il concetto di “best seller”), in parte per l’ingaggio di Marlon Brando, in parte per la lunga lavorazione, in parte per le numerose location e, in parte… per la profondità di campo della sua scena iniziale.
Immagino che quest’ultimo punto vi abbia lasciato perplessi, cerco di illustrarlo rapidamente.
Nel cinema “di una volta” la profondità di campo era un elemento distintivo delle produzioni più sfarzose. Più livelli di piani prospettici si riuscivano a sovrapporre nella stessa scena, più la sequenza era capace di immergere lo spettatore nel film, ricca, e di difficile esecuzione. Le produzioni a basso costo del cinema si caratterizzavano per scene con due, al massimo tre, piani prospettici (lo sfondo, gli attori e le quinte), quelle ad alto costo per una molteplicità di piani sovrapposti, atta a creare una vasta profondità di campo. La scena iniziale del Padrino è strutturata in due luoghi maggiori (il giardino di casa Corleone, dove è in atto la festa nuziale, e lo studio di Don Vito) e due sotto-scenari (il tavolino dove stanno seduti Michael e la sua fidanzata, e il bagno dove Sonny fa sessocon la damigella). Quello che ci interessa in maniera particolare è il giardino, perché è qui che Francis Ford Coppola compie un miracolo di regia che proietta l’incipit del Padrino nella storia del cinema (ancora di più dell’interpretazione di Brando).
Questo perché il numero di livelli in “parallasse”(per usare il gergo videoludico) di questa sequenza è, semplicemente, incalcolabile, pur restando sempre distinti l’uno dall’altro e non creando mai quell’effetto da indistinta “scena di massa” tipico delle scene con un gran numero di comparse a schermo. La logica è quella di un complesso balletto in cui tutti gli attori si muovono nello spazio scenico seguendo una logica che è tanto narrativa quanto coreografica. A farci attenzione, si può se guire il percorso di qualsiasi personaggio e anche di qualsiasi comparsa all’interno della festa, e apprezzarne la coerente logica spaziale. Nessuno si “agita a caso”, tutti hanno una loro “storia” personale che si svolge sotto i nostri occhi e che contribuisce a creare la “storia” più ampia del ricevimento in quanto tale.
Ogni livello di profondità è separato e perfettamente distinguibile, ma gli elementi che lo compongono sono fluidi, sempre in movimento, capaci di passare dagli strati più profondi dell’inquadratura a quelli maggiormente in primo piano. Nulla è casuale ma tutto è straordinariamente naturalistico. Si tratta di una danza sociale che lo spettatore conosce bene (perché è la danza di ogni festa matrimoniale) e che viene portata a schermo attraverso un caos rigidamente organizzato, artefatto ad arte, che avvolge lo spettatore e lo rende un invitato di quel ricevimento, posto appena più indietro di tutti gli altri. Quello di Francis Ford Coppola non è un cinema di effetti speciali propriamente detti ma, in questa sequenza, in qualche misura lo è: perché c’è poco di più speciale di una scena del genere, pensata, organizzata e ripresa con una perizia così assoluta che ha del trascendente.
Un lavoro di geometrie spaziali, di movimento, di illuminazione, di fotografia, che ha pochi eguali nella storia della settima arte (mi viene in mente il ballo del Gattopardo di Luchino Visconti) e nessun emulo successivo.
Il Padrino è un capolavoro e non sono certo io che ve lo devo dire, ma la sua scena iniziale è, se possibile, qualcosa di più: è divina.
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