Il nuovo film di Maccio Capatonda, Il migliore dei mondi, arriverà il 17 novembre su Prime Video. A Lucca Comics & Games 2023, nell’ambito dell’Area Movie, è andato in scena un panel a cui ha partecipato lo stesso Maccio assieme ai due co-registi del film, Danilo Carlani e Alessio Dogana. Il migliore dei mondi è, nelle intenzioni degli autori, una “disto-dramedy”, cioè una commedia distopica con qualche momento più serio. È la storia di Ennio (Maccio Capatonda), un uomo profondamente legato alle abitudini tecnologiche della nostra epoca, che improvvisamente si trova in un 2023 alternativo, in cui il progresso si è fermato al 1999, in epoca pre-internet. Ecco quel che ha detto Maccio al pubblico di Lucca.
Una regia per tre
«Ho deciso di dirigere collettivamente il film dopo essere rimasto traumatizzato con The Generi: dire “Azione” e poi correre in scena a recitare era diventato ingestibile. Ho sentito il bisogno di un supporto. Noi lavoriamo da 15 anni assieme, siamo un piccolo collettivo che gira spot e altre cose. Inoltre uno sguardo che non è esattamente “quello di Maccio Capatonda” è stato un arricchimento: e si vede che c’è. Ognuno ha la sua opinione ma quel che si ottiene è diverso da quello che avremmo ottenuto come singoli».
Ridere ma non solo
«Per me fa ridere e riflettere al 51 e 48 per cento rispettivamente. Poi per il 2 per cento fa parcheggiare e per il 4 per cento telefonare agli amici. E per l’1 per cento fa cacare».
Ho fatto un film diverso
«Da un po’ di anni sto cercando di fare cose in cui sono più me stesso, meno maschera, e in questa scia ho voluto fare un film che avesse più al centro la storia che non un personaggio fortemente caratterizzato. Fa strano dirlo per quello che è comunque un fantasy, ma c’è più verosimiglianza, coerenza interna. È un cinema “più cinema”, meno comico e più commedia. Forse è un film di transizione. Ma c’è comunque anche il vecchio Maccio Capatonda, cioè le gag, solo che sono usate in modo più “delicato” penso».
Ennio e Maccio
«Ennio nasce come estensione di me stesso: è all’80 per cento me. Da un lato è comodo fare se stessi ma è anche vero che quel 20, 25 per cento di “non te” è molto difficile da gestire, perché quando fai una scena non sai mai quanto metterci di te».
Il porno
«Se parliamo della passione per il porno di Ennio, le sue perversioni sono anche le mie… magari non proprio le stesse “categorie”. E il file rouge del porno è abbastanza importante nel film…»
Lavorare con gli amici
«Il mio lavoro nasce sempre dal cazzeggio con gli amici, i miei colleghi spesso erano amici prima che ci lavorassi e lo sono rimasti dopo. La condivisione dell’umorismo, l’affinità, è fondamentale. Anche perché non è facile da trovare».
Gag
«Tu magari fai una gag che funziona dal vivo, sul set, ma al montaggio non funziona più. Oppure viceversa. È un lavoro che va avanti parecchio e che richiede molta precisione».
Black Mirror
«Stavamo pensando a una serie chiamata Black Maccio: era fatta da 6 o 7 puntate, comica, e nel pilota c’era questo tipo dipendente dalla tecnologia che andava in una clinica in cui, per disintossicarlo, veniva spedito in un mondo in cui la tecnologia era rimasta indietro. Poi però il soggetto ci piaceva così tanto che abbiamo voluto svilupparlo in un film, ci sembrava che ci fosse “spazio” per farlo».
Ispirazioni
«Black Mirror, si sarà capito, è la mia serie preferita. Tra i film mi vengono in mente Harvey, i lavori di Spike Jonze, Se mi lasci ti cancello, Ritorno al futuro naturalmente».
Pietro Sermonti
«Avevo sempre sognato di lavorare con Sermonti, lo sentivo molto affine, a proposito di quanto dicevo prima. In realtà per il ruolo del fratello di Ennio avevamo preso Giorgio Montanini, ma 4 giorni prima del film si ammala di polmonite… Arriva di colpo Sermonti e dice “Io ci sono!”, anche se avevamo pensato prima. Io e lui abbiamo quel pizzico di autismo e maniacalità che ci fa sembrare quasi fratelli. Ripete sempre le stesse frasi sul set… Gli voglio molto bene».
Romanticismo
«Io sono un po’ più romantico di Ennio. Forse Ennio sono io 6 anni fa. Ho preso spunto dal me stesso del 2015. Anzi, è stato difficile interpretare uno freddo, un po’ cinico. Ma perché la tecnologia, ed è il punto del film, ti rende un po’ così, ti tiene a distanza dalla realtà, ti vizia, ti rende un po’ arido. Il problema è che un personaggio così rischia di non far empatizzare lo spettatore, che è quello che accade all’inizio del film».
Perché gli anni ’90
«Nel film, per un avvenimento che non spoilero, la tecnologia si è fermata al 99, agli albori dell’era internettiana, che ci sembrava l’inizio dell’era digitale, l’ultima volta che è cambiato tutto».
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Foto: Lucca Comics & Games / Franco Origlia / Getty Images
Fonte: Lucca Comics & Games
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