Questo nuovo Corto Maltese, firmato da Martin Quenehen e da Bastien Vivès, è diverso e, in qualche modo, fedelissimo all’originale. Lo spirito e l’atmosfera che si respirano sono gli stessi: le cose vengono accennate, mostrate poco, poi rivelate di colpo, come il trucco di un illusionista. Via il velo, via la magia. E Corto è Corto: stesso sorriso, stesso carisma; stessa straordinaria capacità di catturare la scena senza fare nulla di particolare, senza doversi imporre. Siamo in un altro mondo e, ovviamente, in un altro tempo. Oceano nero (pubblicato da Cong) è ambientato nel 2001. C’è l’11 settembre, c’è il terrorismo; e c’è uno stravolgimento profondo, palpabile, delle regole e delle cose, degli uomini e della società. La paura è una compagna fedele e seducente. È una presenza. Un’ombra. Una carezza angosciante. Corto viaggia. Prima con un gruppo di pirati, poi da solo. Vuole recuperare un tesoro, una testa d’oro. Si affida a voci e a libri, ripercorre le memorie e la vita di un uomo.
La sua avventura è un’avventura fatta di improvvisazione e di colpi di scena, piena di primi piani, di silenzi interminabili e di piccoli frammenti di dialoghi. Quenehen, che firma i testi, ha scelto una storia lineare e abbastanza prevedibile, ma comunque ricca e appassionata. Vivès, con i suoi disegni, riesce a trasformare qualunque momento, anche il più piccolo, in un passaggio memorabile: il suo tratto è veloce e immediato; a volte morbido, altre più spigoloso. Ma anche sensuale, sintetico e avvolgente. I dettagli sono accennati; le cose più importanti, come gli occhi o i sorrisi, sono incastonate con cura nei volti dei personaggi. Sono pietre preziose, piccole finestre sull’universo dell’anima. Il suo Corto è un Corto più sornione, più enigmatico, meravigliosamente attuale e spudoratamente libero.
In Oceano nero, però, non c’è solo questo. Ci sono le città e ci sono le strade, angoli di luci e di ombre. E ci sono anche gli altri personaggi che non si sostituiscono a Corto, ma che, in qualche modo, finiscono per completarlo – per aggiungere al già noto, al già visto, nuove sfumature. Non c’è nulla di male in questo fumetto. Un personaggio come Corto Maltese, dopotutto, non vive – e non può vivere – confinato e costretto, esiliato nella memoria e nel passato. Hugo Pratt ha creato qualcosa di unico e di potentissimo: un’idea capace di resistere al tempo e agli anni, di evolversi e, allo stesso tempo, di rimanere immobile.
Forse, per i vecchi lettori questo Corto Maltese è troppo moderno e giovane, o forse no. Forse risponde alle stesse domande, con la stessa forza e la stessa presenza. Estremisti, fanatici, assassini. Ma pure grandi amori e grandi incontri. L’avventura non è solo un atto, un movimento meccanico rivolto verso l’esterno, è anche uno stato d’animo, un modo di essere e di sentire. Corto Maltese ha sempre rappresentato queste cose e ha sempre parlato con estrema onestà. E lo fa anche oggi: nelle parole e nella sceneggiatura di Quenehen e nel tratto e nella visione di Vivès.
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