Tra le novità in arrivo al cinema, oggi c’è un film di animazione che saprà conquistare il cuore di adulti e bambini: Il Robot Selvaggio, adattamento per il grande schermo del bestseller The Wild Robot di Peter Brown. Questo magnifico romanzo illustrato, nelle sapienti mani dello sceneggiatore e regista Chris Sanders, è diventato non solo un’opera visivamente splendida, ma una autentica fiaba moderna, forte di una morale universale, capace di toccare il cuore dei bipedi di tutte le età. Già, perché nella avventurosa parabola di questa bizzarra famiglia allargata, composta da un robot, una volpe e un’ochetta, si nasconde un messaggio profondamente umano, nonché fortemente contemporaneo, che si rivolge evidentemente a un presente segnato dal dissesto climatico e dalla disgregazione sociale.
Il nuovo piccolo gioiello di animazione targato Dreamworks parte da un naufragio. Una nave cargo della Universal Dynamics perde sei dei suoi robot durante un tifone. Unica superstite sarà l’unità ROZZOM 7134, che si ritrova su un’isola selvaggia, popolata solo da animali. Nonostante sia settata per servire gli umani e portare a termini tutti i compiti a lei richiesti, la fauna dell’isola non sembra interessata ai suoi servigi, anzi, al contrario la vedono come un vero e proprio mostro. Dopo aver inavvertitamente distrutto il nido di una famiglia di oche, si renderà conto di doversi prendere cura di dell’unico, piccolo uovo rimasto, quindi del pulcino che ne fuoriesce. Benché abbia finalmente trovato la sua nuova missione, in realtà non ha la minima idea di come compierla. E così una volpe furbetta di nome Fink si propone subito di aiutarla, mirando ovviamente a divorare il piccoletto. Ma è qui che invece il predatore, il robot soprannominato Roz e l’ochetta, che prenderà il nome di Beccolustro, impareranno a diventare una vera e propria famiglia. E mentre il piccolo deve imparare a volare in tempo per la migrazione stagionale, tutti gli abitanti dell’isola finiranno per imparare qualcosa.
L’idea più alta e intelligente di solidarietà è forse quella che meglio riassume il senso della parabola tracciata da Chris Sanders, già sceneggiatore di capolavori Disney come La bella e la bestia (1991), Aladdin (1992), Il re leone (1994) e Mulan (1998), passato anche alla regia nel 2002 con lo strepitoso Lilo & Stitch. Per Dreamworks Sanders ha poi realizzato nel 2010 il primo film di animazione del franchise Dragon Trainer, ma è solo ora con Il Robot Selvaggio che sembra tornare finalmente ai vertici creativi del passato. La solidarietà e la cooperazione che prevalgono sulla legge di natura, la legge del più forte, rivelandosi l’unica vera chiave per la sopravvivenza, sono il sostrato profondo di una fiaba che riserva gag esilaranti alternati a momenti di vera e profonda emozione. Un equilibrio quasi perfetto, dove la morale non è mai moralistica e il messaggio non è in alcun modo forzato. Senza scene madri, climax e quei monologhi che caratterizzano tipicamente i successi d’animazione contemporanei, il film arriva così a un livello ben più profondo, senza mai smettere di intrattenere.
Superare le diversità, la diffidenza, i pregiudizi fondati su quelle che crediamo essere indiscutibilmente le nostra diverse nature, ci porterà invece a fare cose che mai avremmo creduto possibili. Questo sembra essere il messaggio di un film dai molteplici livelli di lettura, davvero capace di rivolgersi universalmente alle persone più diverse. Riuscire a far ridere, piangere e pensare è da sempre la missione di quasi tutto il cinema d’intrattenimento, ma la verità è che pochi, pochissimi centrano l’obiettivo. Obiettivo invece pienamente centrato da Il Robot Selvaggio, complice anche l’ottimo doppiaggio dei nostri Esther Elisha e Alessandro Roja o la tradizionale ricerca di Dreamworks sul linguaggio visivo, frutto della combinazione delle tecniche di animazioni tradizionali con la computer grafica.
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