Il Signor diavolo: intervista a Pupi Avati, l'uomo che sussurrava al maligno
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Il Signor diavolo: intervista a Pupi Avati, l’uomo che sussurrava al maligno

A cinque anni da Il ragazzo d'oro, il regista classe 1938 torna in sala con un horror in cui mescola elementi religiosi, credenze popolari e orrori assortiti, ricreando un'alchimia che rimanda ad alcuni suoi cult degli anni '70 e '80

Il Signor diavolo: intervista a Pupi Avati, l’uomo che sussurrava al maligno

A cinque anni da Il ragazzo d'oro, il regista classe 1938 torna in sala con un horror in cui mescola elementi religiosi, credenze popolari e orrori assortiti, ricreando un'alchimia che rimanda ad alcuni suoi cult degli anni '70 e '80

I fan di Zeder, La casa dalle finestre che ridono e L’arcano incantatore possono stappare una bottiglia di champagne. Pupi Avati è tornato. E a 80 anni è ancora il mefistofelico creatore di paure ancestrali e inquietudini folkloriche di una volta. Perché il Male – precisa, esigendo che gli si dia del tu – esiste sempre e si annida in mezzo a noi.

Il signor Diavolo, proprio come il suo romanzo pubblicato l’anno scorso da cui il film è tratto, è una machiavellica dispensa di turbamenti e orrori legati a credenze popolari e religiose dimenticate. Il regista, riaprendo la scatola dei propri ricordi, le ha riportate alla luce. Tornando là, in quel misterioso lembo di terra tra il Delta del Po e la laguna veneta, dove tutto ebbe inizio e dove il tempo sembra essersi fermato.

Che si tratti di un periodo particolarmente florido e propositivo per Pupi Avati, lo si capisce dall’entusiasmo che trapela dal suo tono di voce: cinico, tagliente e come sempre sarcastico, ma mai così allegro, propenso al dialogo e contento di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Adesso che, finalmente, è tornato al cinema dopo un quinquennio di esilio televisivo.

Le soddisfazioni, infatti, non si limitano a Il signor Diavolo. La Cineteca di Bologna ha restaurato tre suoi film. Il prossimo autunno, invece, riceverà il prestigioso premio Nosferatu alla carriera durante la 52ª edizione del Festival Internazionale di Cinema Fantastico di Sitges.

Solo un anno fa sembrava che il film Il signor Diavolo non si dovesse fare, e che al suo posto avresti fatto la serie Bare galleggianti per Sky. Poi cos’è successo?

«Che la serie per Sky è saltata. Così, dopo che avevo già ricevuto sei rifiuti, ho riconsiderato l’ipotesi di fare il film, a costo di ridurre in gran parte il romanzo».

Il nascondiglio è del 2007. Che situazione hai trovato per il cinema di genere in Italia?

«Infinitamente peggiorata. Io sei no da sei distribuzioni diverse non li avevo avuti in tutta la mia vita. Parliamo di distribuzione, non di produzione. Rai Cinema il film l’ha voluto fare da subito. E adesso, se ho 01 Distribution, è solo perché sono tornato da questo pellegrinaggio a mani vuote e genuflesso».

Qual è il problema secondo te?

«Il calvario è proporre al cinema italiano un film così, quando negli anni ’80 avrei avuto la fila dei produttori. Oggi, fatte salve alcune eccezioni, è la commedia a dominare incontrastata. Con una panchina molto corta, peraltro, perché poi gli attori sono sempre gli stessi. Il problema è che non sono più neanche abituati a leggerli, i film di genere. Li comprano, li distribuiscono, ma non li producono».

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