Il più grande errore di Sauron, il Signore Oscuro de Il Signore degli Anelli, non risiede solo nella sua sete di potere o nella sua brutalità, ma in una scelta fatale compiuta durante la Guerra dell’Ultima Alleanza. Questo momento, rappresentato nel prologo del film di Peter Jackson, ha conseguenze che si ripercuotono per millenni, mettendo in evidenza come la sua arroganza e il suo eccessivo desiderio di controllo ne abbiano segnato la rovina.
All’inizio de Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello, ci viene mostrata la Guerra dell’Ultima Alleanza, evento che segna la fine della Seconda Era di Arda, con la coalizione di uomini ed elfi ormai in una situazione disperata: il Signore Oscuro Sauron ha infatti ucciso il re Elendil ed è sul punto di infliggere il colpo di grazia a suo figlio Isildur. Tuttavia, proprio in quel momento cruciale, Isildur utilizza la spada spezzata di suo padre per tagliare l’Unico Anello dalla mano di Sauron. L’oggetto, fonte del potere del Signore Oscuro, una volta separato da lui ne distrugge il corpo, lasciando solo cenere e un’armatura vuota.
Nonostante ciò, Sauron, essendo uno spirito immortale noto come Maia, non viene realmente sconfitto: trascorre oltre un millennio cercando di ricostruire la propria forma fisica e recuperare le forze. Tuttavia, il gesto teatrale di allungare la mano verso Isildur, si rivela un errore fatale. Il Signore Oscuro avrebbe potuto facilmente uccidere il suo avversario con la sua mazza gigantesca o schiacciandolo sotto il suo piede corazzato. Perché, dunque, ha optato per un’azione che ne ha messo in luce la più grande debolezza?
La risposta potrebbe risiedere in un’idea mai portata a compimento nel film: in una scena eliminata, Sauron avrebbe infatti dovuto mostrare il suo potere distruttivo uccidendo il re elfico Gil-galad, strangolandolo e bruciandolo con il calore delle sue mani magiche, un dettaglio tratto direttamente dai libri di Tolkien. Nella sua spettacolarità, questo metodo avrebbe rispecchiato la crudeltà e il desiderio di umiliare i suoi nemici. Probabilmente, Sauron intendeva riservare lo stesso destino a Isildur, trasformando la sua morte in un atto intimidatorio capace di spezzare la speranza dell’Ultima Alleanza e rafforzare la fedeltà dei suoi servitori.
Questo comportamento teatrale di Sauron si collega a un tema ricorrente ne Il Signore degli Anelli: i principali antagonisti, pur essendo astuti, spesso si lasciano accecare dai loro difetti personali. L’arroganza, la sete di potere e la crudeltà li portano a commettere errori fatali. La stessa dinamica si osserva con il Re Stregone di Angmar, che, al posto di eliminare rapidamente il Re Théoden, si attarda a tormentarlo, esponendosi così palesemente alla sua predestinata sconfitta per mano di Éowyn. Anche Saruman, nel suo abuso costante di Gríma Vermilinguo, finisce per essere tradito e ucciso dal suo servitore.
Nella Terza Era, Sauron dimostra di aver imparato alcune lezioni dalla Guerra dell’Ultima Alleanza, preferendo rimanere al sicuro nella torre di Barad-dûr durante la Guerra dell’Anello. Tuttavia, il suo orgoglio eccessivo e la sua visione limitata lo portano nuovamente alla rovina. Un esempio lampante è la sua mancata protezione del Monte Fato: un piccolo contingente di Orchi all’ingresso della Voragine del Destino avrebbe potuto fermare Frodo e Sam. Sauron, però, non prende nemmeno in considerazione l’idea che qualcuno avrebbe potuto tentare di distruggere l’Anello, essendo convinto che chiunque lo possieda cercherebbe di utilizzarlo per conquistare potere.
In entrambi i casi, nella Seconda e nella Terza Era, il Signore Oscuro si dimostra incapace di superare le sue debolezze interiori, dimostrando che la sua stessa arroganza e crudeltà furono gli strumenti della sua disfatta.
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Fonte: CBR
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