Tra gli spettatori e i cinefili più appassionati, in particolare quelli che hanno scelto il Romance come genere d’elezione – declinato anche in chiave più sperimentale, insolita e fortemente contemporanea, spaziando tra i nuovi concept della romantic comedy la dramedy, senza per questo escludere macro-categorie più eterogenee e vaste, tradizionalmente dette Melodramma e Cinema Drammatico – la notizia aveva già iniziato a serpeggiare da tempo. Questo giovedì 6 febbraio arriva infatti nelle sale cinematografiche italiane con Lucky Red uno dei film più attesi dell’intero 2025: We Live In Time – Tutto il tempo che abbiamo, con l’inedita, esplosiva coppia composta da Florence Pugh e Andrew Garfield.
Il film firmato dal cineasta John Crowley è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024, confermando l’entusiasmo, la sorpresa nonché il forte coinvolgimento emotivo che già traspariva chiaramente tra le righe delle prime recensioni, molto positive, proposte dalla stampa internazionale dopo Toronto Film Festival. Ed è stato proprio nel corso della sua magnifica conferenza stampa in Auditorium che il regista di We Live In Time aveva iniziato a introdurci al dietro le quinte di quest’opera tanto struggente quanto imprevedibile. Strutturata perché si presenti agli spettatori, per usare le sue stesse parole, come «una romcom fuori dalle regole». Lontana dai cliché e le derive più commerciali del genere, caratterizzata dalla sintonia straordinaria trovata già nei giorni delle prove dai due attori protagonisti, gli interpreti di Almut e Tobias, e da un approccio non lineare, decisamente ardito alla materia narrativa e lo script originale. E al tempo stesso in grado di imporsi per sensibilità e grazia oltre le mode e i trend del momento, per avvicinarsi pericolosamente alla Storia del Cinema, e in particolare al capitolo Love Story: inteso come il cult omonimo del 1970 con Ali MacGraw e Ryan ‘O Neal, e poi ancora avanti, seguendo quel fil rouge che conduce dalle creature di William Shakespeare, gli «Star-Crossed Lovers» Romeo e Giulietta, letteralmente «Amanti nati sotto una Cattiva Stella», a tutte le loro successive incarnazioni, e soprattutto le variazioni sul tema, proposte nel corso dei decenni dalla cinematografia contemporanea. Quelle storie dove amore e passione sono inversamente proporzionali al poco tempo che gli stessi innamorati potranno effettivamente vivere insieme, prima di essere separati da cause di forza maggiore. A volte sospesi dall’attesa di una diagnosi e in senso stretto o lato quindi di una sentenza. E in molti casi, infine ineluttabilmente, tragicamente divisi da forze più grandi della loro volontà.
«…Perché il Mistero dell’Amore è più grande del Mistero della Morte» scriveva Oscar Wilde per la sua tragedia e la sua protagonista Salomé. E se in questa gallery cinematografica avete già pensato a tutta una serie di indimenticabili capolavori, dal sopracitato Love Story a I Ponti di Madison County con Meryl Streep e Clint Estwood, allo stesso Romeo + Juliet di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio e Claire Danes, passando attraverso Come eravamo di Sidney Pollack con Barbra Streisand e Robert Redford, senza dimenticare lo straordinario successo dell’anno 2000 Autumn in New York di Joan Chen, con Winona Rider e Richrd Gere, ma neanche il più recente e per certi versi disturbante Blue Valentine con Michelle Williams e Ryan Gosling, avrete forse pensato allo stesso Ryan Gosling al fianco di Rachel McAdams in un altro film romantico comunque molto vicino alla modernità, la verità dei sentimenti, le emozioni e le sensazioni regalate da We Live in Time: Le Pagine della Nostra Vita (The Notebook), blockbuster di genere Modern Romance firmato nel 2004 dal filmmaker Nick Cassavetes, figlio di uno tra i più grandi Maestri del New American Cinema, John Cassavetes e della sua interprete di riferimento, moglie e musa Gena Rowlands.
E a questo punto, diventa già inutile dire che dal 6 febbraio non potete perdere l’appuntamento al cinema con We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo. Perché potenzialmente troverete molte lacrime, forti sensazioni ma anche il vostro prossimo film del cuore, pronto a toccare corde, interrogativi presenti, memorie e ricordi veramente profondi, e per questo un’opera da vedere e rivedere, soli e con chi più amate.
In We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo la grandissima protagonista femminile è infatti una ex campionessa di pattinaggio, ora rinomata chef di cucina fusion anglo-bavarese, pronta a battersi per affermare il suo nome, quello del suo ristorante e la sua brigata a livello internazionale. E per un crudele scherzo del destino, il fato o chi per loro, affrontare nello stesso identico momento, nelle stesse settimane le cure e le terapie necessarie per sopravvivere a una recidiva e un tumore ovarico ora al terzo stadio. Costantemente al fianco di Almut Brühl, interpretata da Florence Pugh – una delle più fulgide star del firmamento hollywoodiano contemporaneo, interprete eclettica da Midsommar – Il villaggio dei dannati di Ari Aster a Piccole Donne di Greta Gerwig, attesa a breve come grande protagonista del cinecomic Marvel Thunderbolts* – vedremo allora il giovane amore da lei soprannominato Weetabix. Alias Andrew Garfield, amato Spider-Man di quartiere qui raccontato come compagno di vita, ma soprattutto giovane uomo dal coraggio incrollabile, pronto a vivere al massimo ogni singolo secondo prima con Almut, poi con Almut e la loro bambina Elle. E come si conviene ai più straordinari drammi, tragedie e melodrammi a tema amoroso sparsi nella Storia del Cinema, della Letteratura e del Teatro, la cruda sinossi dei fatti in realtà non anticipa assolutamente nulla dell’opera che vi aspetta sul grande schermo: la cui eccezionalità non è data meramente dalla trama ma dall’intreccio, la messa in scena, i dettagli infinitesimali di regia fotografia e montaggio, e su tutto sul talento fuori scala degli interpreti al centro della scena, pronti a portare quella realtà che accomuna ogni persona al mondo, ovvero la mortalità e l’imperscrutabilità del male come fondamenta della vita umana, a un livello intensamente larger than life.
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