Intervista a Pierfrancesco Favino: «Il cinema deve affrontare la crisi»
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Intervista a Pierfrancesco Favino: «Il cinema deve affrontare la crisi»

Esce in sala L'industriale di Giuliano Montaldo, storia di un piccolo imprenditore alle prese con il crollo della propria azienda e del proprio matrimonio

Intervista a Pierfrancesco Favino: «Il cinema deve affrontare la crisi»

Esce in sala L'industriale di Giuliano Montaldo, storia di un piccolo imprenditore alle prese con il crollo della propria azienda e del proprio matrimonio

Dopo la presentazione in prima mondiale, in autunno, al Festival di Roma sta per arrivare anche in sala il nuovo film di Pierfrancesco Favino, L’industriale. Diretto da Giuliano Montaldo (I demoni di San Pietroburgo), l’attore romano interpreta il ruolo di un piccolo imprenditore piemontese, proprietario di una fabbrica di pannelli solari. Travolto dalla crisi economica, l’uomo deve fronteggiare assieme il fallimento della sua impresa e del suo matrimonio con una bellissima ereditiera (Carolina Crescentini). E per restare a galla, si presta a compromessi “estremi”. Best Movie ha incontrato Favino a Roma alla presentazione del film.

Best Movie: Che messaggio si può trarre dal film?
Pierfrancesco Favino: «Fino a due mesi fa non si poteva parlare di crisi. Era proibito. Ora che tutti sono diventati consapevoli è importante far luce su un fenomeno negativo come la solitudine degli imprenditori. Perché è così che si sentono oggi i piccoli industriali, soli contro un mondo che improvvisamente gli mette tutto contro. È dunque importante che non si sentano abbandonati. Me lo hanno confermato anche alcuni industriali che hanno già visto il film: parlare della crisi è un bene anche secondo loro».

BM: Quale aspetto del personaggio ti ha interessato maggiormente?
PF: «Nel 2008 leggevo articoletti su fabbriche che chiudevano, imprenditori che si suicidavano e gente che dormiva nei propri mobilifici dismessi. La vita di quelli colpiti dalla crisi, questo era quello che volevo indagare. Scoprire cosa accade al loro quotidiano, come la congiuntura economica trasformi tutto quello che gli ruota attorno».

BM: Nicola però non sta perdendo solo l’azienda ma anche la moglie…
PF: «Il mio imprenditore ha costruito la propria identità sulla condizione economica, così vive la crisi come uno smacco, una sconfitta personale. Nicola è uno tenace e proprio questa caratteristica lo premia e penalizza allo stesso tempo: nel lavoro è il suo punto di forza, nel privato diventa la sua rovina».

BM: Il cinema italiano dovrebbe tornare a fare film di denuncia?
PF: «Sì, certo. Per esempio mi spiace che non ci siano film che analazzino la crisi per i giovani, quelli che hanno tra i 18 e i 25 anni, un’età in cui le persone cominciano a costruirsi un’identità attraverso il lavoro: togliere a queste persone la possibilità di sentirsi integrati professionalmente è molto grave».

BM: Lei Ha una ricetta anti-crisi?
PF: «Se ce l’avessi me la farei pagare bene (ride, NdR). No, non ce l’ho. Ma penso che da questo momento storico potremmo imparare a rifarci ad una serie di valori come la solidarietà e l’operosità».

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