Intervista a Ron Howard
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Intervista a Ron Howard

Il regista premio Oscar racconta il suo Angeli e demoni  a due giorni dall'arrivo sul grande schermo

Intervista a Ron Howard

Il regista premio Oscar racconta il suo Angeli e demoni  a due giorni dall'arrivo sul grande schermo

Il team del fenomeno globale de Il Codice Da Vinci ritorna per l’attesissimo Angeli e Demoni, basato sull’omonimo bestseller di Dan Brown. Nel film l’esperto di simboli e religioni, il professor Robert Langdon intepretato da Tom Hanks, scopre che la setta degli Illuminati è tornata a minacciare il suo acerrimo nemico: la Chiesa cattolica.
Il premio oscar Ronald William Howard è sia uno stimato regista, sia produttore e attore (nell’immaginario collettivo, resterà per tutti Ricky Cunningham di Happy Days). Da quando ha abbandonato la recitazione ha diretto molti film di successo tra cui Apollo 13, A Beautiful Mind e Il Codice Da Vinci.
Angeli e Demoni è stato scritto da Dan Brown prima di creare Il Codice Da Vinci. Per la produzione dei film hai cambiato l’ordine cronologico. Per quale motivo?
«Molte persone si sono trovate a leggere Angeli e Demoni successivamente e sapevo che per il pubblico sarebbe stato strano tornare indietro. Il personaggio di Tom, Robert Langdon, poteva svilupparsi e crescere in questo modo perché ora può aggiungere a questa nuova avventura la precedente esperienza di un altro assurdo mistero. Ciò ha certamente influenzato l’interpretazione, rendendola umana ed entusiasmante. Penso quindi che sia stata una scelta giusta».
In che modo l’adattamento di Angeli e Demoni è cambiato rispetto a Il Codice da Vinci?
«Il Codice Da Vinci era così centrale nel panorama culturale che mi sono sentito più vincolato per quanto riguarda l’adattamento. Guardando indietro, sono ancora molto soddisfatto delle mie scelte. Mi sono sentito più libero, però, con Angeli e Demoni, che è sicuramente un romanzo molto famoso ma non implica lo stesso grado di analisi e attenzione. Lo stesso Dan Brown mi ha detto: ‘Penso che con Angeli e Demoni tu possa sentirti più libero nell’adattamento, facendo le scelte che credi opportune per renderlo un film moderno ed entusiasmante.’ E questo è quello che abbiamo fatto. Ci sono dei cambiamenti, ma finora durante i test screening il pubblico che ha letto il libro e ha visto il film è rimasto molto soddisfatto delle scelte che abbiamo fatto. È sempre oggetto di discussione e fonte di divertimento andare a vedere un film che è stato adattato da un romanzo noto».
Avete dovuto posticipare il film e cambiare gli sceneggiatori a causa del loro sciopero. Ci sono state modifiche dalla prima idea al risultato finale?
«Poiché era una storia piuttosto complicata, a un certo punto abbiamo dovuto cambiare scrittori a causa dei nostri impegni. Quando David Koepp è entrato a far parte del progetto ha portato una nuova prospettiva e in quel momento sono nate alcune idee creative molto interessanti. Non è cambiato del tutto. Si trattava sempre di un adattamento del romanzo di Dan Brown e sapevamo quali punti cruciali volevamo portare sullo schermo. È stato un processo in continua evoluzione, certo è stato rimandato e, ripensandoci, ne sono felice. Questo è il mio 20° film da regista e circa a metà percorso ricordo di aver detto a me stesso: ‘Sono contento di avere accumulato l’esperienza dei precedenti 19 film perché l’insieme di tanti elementi lo ha reso uno dei progetti più complicati che abbia mai realizzato’».
Sappiamo che non avete ricevuto il permesso di filmare al Vaticano. Come avete superato questo problema?
«Utilizzando tutti i mezzi tecnologici a disposizione. Mi sento tranquillo nel dire che siamo capaci di condurre il pubblico in un viaggio assolutamente realistico tra le mura del vaticano».
In che modo l’esperienza al CERN, il più grande laboratorio al mondo per lo studio della fisica delle particelle, ha cambiato la tua visione della scienza?
«Non ha cambiato proprio la mia visione, ma ha certamente approfondito la mia conoscenza dei modi in cui l’essere umano sta cercando di esplorare l’universo. Ho pensato alla NASA quando sono stato qui. In questo caso la ricerca non riguarda il lancio verso lo spazio, ma l’analisi e la comprensione del mondo a livello microscopico e la creazione di questi eventi dinamici per poterli osservare. Sono tutti esperimenti di laboratorio – ogni missione compiuta dalla NASA è finalizzata a capire l’universo e il nostro posto in esso».
Sei stato molto fedele alla scienza, girando Apollo 13. Ci sono state alcune lamentele per il libro Angeli e Demoni da parte di esperti di anti-materia per quanto riguarda i dettagli. Ti sei preoccupato di correggere le imperfezioni nella storia di Dan Brown?
«Sì e no. Sono andato lì, ho fatto molte ricerche e ho partecipato a straordinarie riunioni con scienziati che mi hanno spiegato come si potesse realizzare una buona science fiction che fosse plausibile. Il film presenta un contesto e fa capire che del materiale molto pericoloso è stato preso dal suo posto. Il film non va a fondo per spiegare la scienza o la storia. Infatti il ritmo del film non lo consente. In questo caso il pubblico segue il percorso di Robert Langdon. Quello che facciamo è dare le informazioni necessarie per far capire qual è il rischio, il pericolo, per far capire cosa viene scoperto attraverso gli indizi, qual è il signifcato, come possono rapportarsi alle teorie della cospirazione e alle questioni cruciali del momento».
Noi non possiamo vedere l’anti-materia, come hai fatto nel film?
«Credi di vederla. La vedrai. Devo dire che ho passato molto tempo al CERN con il designer Alan Cameron  che è stato costantemente in riunione con i fisici. Quindi non bisogna preoccuparsi, non c’è una massa di anti materia mortale che potrebbe far esplodere il Vaticano. Abbiamo costruito le storie e le cose, essendo influenzati dalle informazioni che stavamo assumendo. E’ sicuramente fiction, ma si tratta di science-fiction molto credibile».

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