Tutti lo temono, nessuno vorrebbe trovarselo davanti. D’altronde stiamo parlando di colui che i fratelli Wachowski scelsero per interpretare l’Eletto. E una parte di quel ruolo gli è rimasto cucito addosso, e lo dimostra il personaggio che interpreta in questo film, un uomo sospeso fra due mondi, « quello reale e quello sotterraneo, e nascosto, dei criminali» come ci racconta Mr. Reeves.
John Wick ha appena perso la moglie e si ritrova coinvolto, suo malgrado, in un’irruzione in casa, con annesso furto della sua auto d’epoca, da parte di un gruppo di malavitosi capitanati da Alfie Allen (Theon Greyjoy de Il trono di spade), e uccisione del cane che la moglie gli aveva regalato poco prima di morire. Nessuno dei ladri sa però che John Wick è in realtà “The Boogeyman”, il più temibile sicario di New York, ritiratosi anni prima, e ora pronto a tornare sul campo di battaglia per cercare la sua vendetta.
Incontrarlo a Roma mi ha fatto ripensare a un’immagine viral, vista qualche tempo fa su internet. Un susseguirsi di foto identiche, in cui cambiava solo l’anno, lui era sempre uguale, immutabile, quasi vampiresco. Keanu Reeves è come il vino buono, non invecchia mai.
Ecco la nostra intervista esclusiva (che non poteva non sfociare, almeno in parte, in discorsi filosofico-spirituali).
Come descriveresti il tuo personaggio, dato che tutti, al solo a sentire il suo nome, rimangono pietrificati dalla paura?
Keanu Reeves: «Una leggenda, un assassino professionista che lavora nel mondo del crimine, un killer dei killer. Per amore ha lasciato tutto, ma per vendicare la sua perdita deve affrontare un ultimo scontro, dove il passato torna a turbare il presente».
Ha aiutato nella realizzazione di un action/thriller come John Wick avere due ex stuntman, David Leitch e Chad Stahelski, come registi?
KR: «Si, indubbiamente! Avevo lavorato con loro alla trilogia di Matrix. Quando gli ho mandato il progetto erano entusiasti. Sapevo che erano pronti per passare in cattedra e dirigere un film, solo loro potevano rendere spettacolari le scene d’azione, e soprattutto ricreare il mondo reale e quello sotterraneo, nascosto, dei criminali».
Nelle scene d’azione c’è spesso un contrasto fra la violenza e la musica, soft, in sottofondo. Da produttore esecutivo hai influito su questa scelta?
KR: «So a cosa ti riferisci, specie nella scena del Night Club, dove vado in giro a pugnalare la gente! Si è un particolare interessante, è molto sexy e divertente a mio avviso. È stata una scelta dei registi, che io ho appoggiato a pieni voti. Le scene di lotta sono visivamente belle ma altrettanto brutali, e la musica è la ciliegina sulla torta».
E questa dicotomia funziona. In altre scene, quando la tensione è alle stelle, ci sono dei piccoli gesti che ti spiazzano, come il boss che per chiamare al telefono John Wick non riesce a leggere bene il numero in rubrica…
KR: «Sono piccoli particolari e sfumature inserite all’interno della sceneggiatura che rendono speciale questo film. Servono a creare un prodotto unico, che lega più registri in uno, passando dal thriller, all’action senza dimenticarsi dello humorv».
Il tuo personaggio decide di cambiare il proprio destino. Pensi che questo sia possibile nel mondo reale?
KR: «Se hai un destino, forse si. Possiamo imparare dai nostri stessi errori, e se hai speranze e sogni, se sai cosa vuoi diventare, il cambiamento è possibile. O almeno lo spero!»
John Wick cerca vendetta. Cosa saresti disposto a fare (legalmente parlando) per vendicarti?
KR: «Non lo so, forse agirei come John Wick, che cerca vendetta ma al tempo stesso vuole riottenere il controllo sulla sua vita, arrivare alla fonte del problema e affrontarlo. Un qualcosa di profondamente mitologico, in stile “Vecchio Testamento”. Ma in realtà io sono più “Nuovo Testamento”, cercherei di risolvere le cose senza dovermi necessariamente vendicare. Insomma, una cosa molto più spirituale, lascio fare al karma!»
Nella tua carriera hai interpretato ruoli di ogni genere, ma ce n’è uno che manca al tuo carnet, e che non hai avuto ancora occasione di portare sul grande schermo?
KR: «Macbeth. C’era un progetto di adattamento ma non è andato in porto. Quello è un mio gran rimpianto».
E che tipo di film invece non rifiuti mai d’interpretare?
KR: «Quelli che trattano di critica sociale, che siano action come Matrix o thriller drammatici come L’avvocato del diavolo».
Nel 2016 produrrai Rain, una serie tv, di cui sarai sia protagonista che produttore. Ci puoi anticipare qualcosa del progetto?
KR: «Si basa su John Rain, un killer, protagonista di otto romanzi dello scrittore Barry Eisler. Il regista di John Wick me l’ha fatto conoscere e insieme stiamo cercando di realizzarlo. Vediamo cosa succederà!»
Come spettatore invece che show preferisci?
KR: «Una delle mie serie preferite era Breaking Bad, prima di quella non guardavo proprio la televisione! Poi sono passato a House of Cards e True Detective».
Nell’immaginario collettivo tu sei Neo, un hacker, un genio dei computer, l’Eletto di Matrix. Ma Keanu Reeves, nella vita reale, che rapporto ha con la tecnologia e con i social media?
KR: «In realtà mando solo sms, non invio neanche tante foto, e non ho account sui social network, ma forse ne dovrei creare almeno uno! Non è che non mi piacciano, ma non lo so, per me sono molto più funzionali gli sms. Però è divertente vedere le persone che continuano a fotografare quello che mangiano! »
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