Passando in rassegna le sue ultime apparizioni su grande schermo (diciamo da Iron Man 2 in poi) è chiaro come la carriera di Scarlett Johansson corra ormai su due binari paralleli: da una parte Vedova Nera (la chiamata alle armi della supereroina Marvel iniziata con Iron Man 2 e proseguita con The Avengers e Captain America: The Winter Sodlier continuerà con Avengers: Age of Ultron), dall’altra tutto il resto. Tradotto: dramedy (La mia vita è uno zoo), biopic (Hitchcock), rom-com caustiche (Don Jon), drama sci-fi da presentare ai festival (Under the Skin, in concorso lo scorso anno a Venezia) e performance vocali talmente straordinarie da essere equiparate a prove attoriali vere e proprie (è successo alla passata edizione del Festival di Roma, dove la Johansson è stata premiata come Miglior attrice protagonista nonostante in Lei usasse solo la voce, senza mai apparire sullo schermo).
Una varietà che è indubbiamente indice di talento e racconta in modo sincero la volontà di mettersi continuamente in gioco che da sempre accompagna la Johansson. Il resto lo fanno una bellezza che per lei non è mai stata un problema (sfatiamo un mito: le curve spesso celebrate dai giornalisti sono meno “pronunciate” nella relatà; è molto più magra di quanto sembri) e un’umiltà che si traduce in “fame” di novità. Qual è Lucy, il film di Luc Besson, dove interpreta «una giovane donna trascinata da una serie di circostanze in missioni pericolose e ad alto rischio, nelle quali è capace di sfruttare a pieno il cervello e le sue abilità intellettive».
Si può dire che è una sorta di supereroina?
«Per me è semplicemente una ragazza che vive a Taipei e si barcamena tra vari lavoretti. È una studentessa che è rimasta lontana da casa per sei mesi e sta attraversando una fase delicata della vita, un momento di passaggio. La prima volta che la vediamo nel film sta cercando di capire dove si trova e sente che è arrivato il momento di rimettersi in carreggiata».
Che idea ti sei fatta dello script, dopo averlo letto? E in generale la tua visione del film è cambiata prima, durante e dopo le riprese?
«La sceneggiatura in sé non era complicata; a esserlo erano soprattutto le questioni che stavano alla base: Lucy riflette su domande esistenziali piuttosto toste. Era difficile immaginare come Luc Besson l’avrebbe tradotta sullo schermo e intuire la sua visione del film. Qualunque cosa avessi immaginato all’epoca non si avvicinerebbe minimamente al look e alla “vita” che Luc ha dato a questo progetto. Ogni aspetto è stato sviluppato secondo il suo disegno, la sua prospettiva. Rispetto alla mia idea iniziale il film è molto più colorato». […]
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