Jacqueline Bisset ha ricevuto un premio alla carriera al Festival internazionale di Sedona, nell’Arizona, dopo la presentazione del suo ultimo film Loren & Rose, regia e sceneggiatura di Russell Brown, dove interpreta una famosa attrice corteggiata da un giovane regista che la vuole come protagonista del suo film da esordiente, la loro collaborazione è descritta durante conversazioni in un ristorante.
La leggendaria attrice ha interpretato film come Bullitt (1968) con Steve McQueen, Effetto notte (1973) di Francois Truffaut, La donna della domenica (1975) di Luigi Comencini, Abissi (1977) con Nick Nolte, Il magnate greco (1978) con Anthony Quinn, Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa di Ted Kotcheff (1978), Ricche e famose (1981) di George Cukor con Candice Bergen, Sotto il vulcano (1984) di John Huston con Albert Finney.
Perché ha deciso di interpretare questo film, Loren & Rose?
Mi ha attirato il fatto che c’era profondità, ironia, senso dell’umorismo, e soprattutto un ottimo ruolo per me. Era come ricevere un gran bel regalo. La mia prima reazione è stata che non si trattava di un progetto facile, ma piuttosto difficile, però ho ringraziato Russell Brown per avermelo mandato. Ho girato molti film ma quelli che ti soddisfano veramente sono pochi. La vita di un attore non è facile e quando sei giovane subisci molti rifiuti, ma più cresci, più incominci a credere in te stesso, a capire quanto possa essere vasto il tuo talento e a gravitare verso artisti di qualità con cui lavorare. Lo trovo un viaggio meraviglioso.
Che cosa intendeva comunicare con questa interpretazione?
Rose voleva distanziarsi dalla sgradevole reputazione che aveva acquisito senza sua colpa, il modo in cui era stata trattata in precedenza e i risultati spiacevoli che ne potevano conseguire. Intendeva raggiungere il livello di una attrice fresca e vitale, impiegata da un giovane regista, e sentiva di avere le doti necessarie per risultare brava nel personaggio che lui voleva filmare. Capiva di poter fare da maestro e quasi da mamma per questo giovane che ammirava, mentre lui ammirava lei, quindi Loren diventò per lei un ottimo amico.
Che effetto le ha fatto essere scelta da Roman Polanski per Cul-de-sac (1966), il suo primo film?
Avevo incontrato Roman Polanski a Londra alcuni anni prima durante un pranzo o una cena nel quartiere di Soho, era seduta di fianco a lui e stavo zitta, quindi mi ha detto, “Sei così introversa che potresti diventare una brava attrice.” Per quel film cercavano una attrice sconosciuta, allora Roman Polanski mi ha fatto un provino, ma sono sono stata fortunata che mi abbia dato quel piccolo ruolo e non scelto come protagonista, perché non avrei saputo interpretare quella donna, non avevo idea di chi fosse. Il ruolo è andato a Françoise Dorléac che era straordinaria e io la guardavo stupefatta. Giravamo su un’isola fredda e ventosa e l’atmosfera era surreale. Roman è una persona molto intelligente e ovviamente sapeva fare il suo mestiere. Era andato a quella famosa scuola nazionale di cinema in Polonia (Leon Schiller a Lodz). Non avevo nessun altro regista con cui paragonarlo, era un uomo affascinante e mi piaceva, mi commuoveva come essere umano, quindi ho passato un mese ad osservalo come un avvoltoio. Per me è stata un’esperienza straordinaria che mi ha insegnato molto.
Cosa ricorda dei film che ha girato in Francia 50 anni fa, Effetto notte di Francois Truffaut e Le Magnifique (Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo) con Jean-Paul Belmondo, regia di Philippe de Broca?
Quei film mi hanno dato uno sprazzo di energia, perché stavo girando dei film in America, ma non mi sembravano i tipi di film che piacevano a me. La richiesta di Truffaut mi ha molto lusingato perché era uno dei miei registi preferiti in assoluto e avevo seguito tutti i suoi film; quasi non potevo credere che mi chiedesse di entrate nel suo mondo. Ho solo dei bei ricordi, tutti erano molto gentili con me, ero una ragazza ben educata e tranquilla, parlavo poco. E ho fatto fatica perché non parlavo bene il francese, era la lingua imparata a scuola da una ragazzina inglese, ma per Le magnifique il mio francese era migliorato e avevo più fiducia nella mia interpretazione del doppio ruolo. Sapevo cosa voleva dire fare una snob inglese, quindi mi è servito per creare la bionda snob francese. Come Truffaut, anche Philippe de Broca era molto paziente con me, ma non ho provato un particolare legame con Belmondo, eccetto che sul lavoro, quindi spesso mi sentivo davvero una straniera in Francia.
Pensa che i giovani di oggi dovrebbero riscoprire i classici film della storia del cinema?
É vero che alle giovani generazioni non interessano i vecchi film. Allo stesso modo in cui non vogliono i mobili dei genitori a casa loro per poter incominciare una loro storia. Secondo me è importante imparare dal passato. Nel mio caso mi è nato i desiderio di fare l’attrice studiando quello che era successo prima dei miei tempi che mi ha totalmente ispirato nella vita. Quindi sì, vorrei dire ai giovani di guardare i vecchi film, ma sono quelli ben fatti, perché ce ne sono anche tanti di brutti. Lo considero molto importante, ma questa è solo la mia preferenza, non puoi obbligare al gente a fare quello che non vuole.
Loren & Rose è stato presentato a moltissimi festival del cinema in giro per il mondo. Che cosa le ha insegnato questa esperienza?
Adoro andare ai festival, specialmente quelli internazionali, perché impari tante cose su altri paesi che normalmente non sapresti. Uno dei vantaggi di fare l’attrice da tanto tempo è di arrivare a un punto in cui ti invitano a far parte della giuria di un festival, e adesso mi sento in grado di farlo. Ma non mi piacciono quei film enormi con un mucchio di effetti speciali, omicidii e violenza, trovo difficile guardarli, preferisco piccoli film indipendenti con storie magnificamente recitate, come Loren & Rose.
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