In anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2024 anche il nuovo film di Claudio Giovannesi, già vincitore dell’Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino con La Paranza dei Bambini: Hey Joe, in arrivo nei nostri cinema il prossimo 28 novembre con Vision Distribution. E a Roma Film Festival è arrivato anche James Franco, protagonista assoluto di questa storia. Il suo personaggio, Dean Barry, è un veterano americano che ha avuto una relazione con una giovane napoletana durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo aver scoperto dell’esistenza di un figlio, torna a Napoli all’inizio degli anni ‘70. Provato da tre guerre e svariati fallimenti personali, vorrebbe recuperare venticinque anni di assenza come padre. Ma quel figlio ormai è un uomo, e soprattutto è cresciuto nel mondo sommerso della malavita partenopea, già che quello che considera come il suo vero padre è uno dei più temuti boss del contrabbando. Il processo di riavvicinamento si rivelerà così tutt’altro che facile. Ma non sarà certo un caso che James Franco, artista e uomo a sua volta in cerca di riscatto, abbia saputo interpretare il veterano Dean Martin con tanta sensibilità.
«Questa storia nasce quando Maurizio Marucci mi portato questa idea, raccontandomi la vera storia di questo soldato americano che tornava per riprendersi un figlio – spiega il regista di Hey Joe, Claudio Giovannesi -. Da lì immediatamente mi sono innamorato dell’idea, perché ho sentito due cose: una relazione tra padre e figlio, quindi una vicenda privata, e allo stesso tempo una relazione con la Storia, la grande Storia, quindi con il rapporto tra Italia e Stati Uniti, tra vecchio mondo e nuovo mondo, raccontata attraverso la relazione tra un padre e figlio che non parla la sua lingua. La possibilità di mostrare Napoli attraverso i loro occhi e poi con la documentazione che abbiamo fatto ci ha mostrato una città di frontiera. Come un confine non tra due stati ma tra due mondi. Perché la storia nasce nel 1943 quando gli americani arrivano in Europa e poi continua negli anni ’70, quando la presenza degli americani d’istanza nella Base Nato fa sembrare Napoli una città di frontiera. Tutto questo per me ha rappresentato un immaginario estremamente forte e coinvolgente».
E per James Franco, lavorare con lui ha rappresentato una sfida e un’esperienza per molti versi inedita: «Claudio fa film in modo molto particolare, ispirato dal Neorealismo. Chiamo questo film il Nuovo Neo-Neorealismo italiano. Per la maggior parte delle scene avevano solo due angolazioni. In un tipico film americano si fanno tantissime inquadrature, totali, piani medi, primi piani, Claudio faceva solo due set up. Il film doveva essere dal mio punto di vista, quello del protagonista. La macchina da presa era sempre qui, proprio dietro la mia spalla e poi proprio di fronte al mio volto, per tutta la scena. Ogni scena veniva girata dall’inizio alla fine, molte, molte volte per ogni angolatura. Per me si tratta di un ritmo insolito, ma l’effetto è veramente vivere nel film. Anni fa ho lavorato con Danny Boyle per 127 ore. In una scena mi si spezzava un braccio dopo essere rimasto intrappolato sotto una roccia e abbiamo girato esattamente in questo modo. Senti l’esperienza, diventa reale. Non devi far finta di essere sfinito, sei realmente sfinito. Mi ha ricordato molto questa esperienza lavorando con Claudio».
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Foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images
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