L’INTERVISTA COMPLETA È PUBBLICATA SU BEST MOVIE DI MARZO
Un truffatore, un venditore di aria fritta, un imbonitore da fiera di paese, che però salverà il mondo di Oz, dove da tempo si aspettava l’arrivo del mago. Che non è un mago e che in un paradosso temporale possibile solo al cinema, sessant’anni prima (era il 1939 quando uscì il film di Victor Fleming), ormai anziano viene smascherato da una bimba accompagnata da uno strampalato gruppo di amici.
Con la regia immaginifica di Sam Raimi e un cast d’alta scuola (James Franco, Mila Kunis, Rachel Weisz e Michelle Williams), Il mago di Oz, uno dei titoli più iconici e leggendari nella storia del cinema, torna in vita.
Tempi diversi da quando Judy Garland nei panni di Dorothy si avventurò in quel mondo accompagnata dallo Spaventapasseri, il Leone cordardo e l’Uomo di latta. Ma in quel mondo, nel suo passato, non è cambiato molto. Stessi personaggi, o quasi, la malvagia strega dell’Ovest, la buona strega del Nord, le scimmie volanti e tutti i personaggi scaturiti dalla fantasia di L.Frank Baum sono ancora protagonisti: ad essere cambiata è invece la tecnologia e la possibilità di un regista di creare grazie ad essa un intero universo dai contorni straordinari. «Ovviamente questo è un film dove le immagini realizzate al computer hanno un’importanza fondamentale. Ma Sam (Raimi, ndr) è riuscito a trovare un buon equilibrio tra “live” e digitale, grazie anche alla Disney che gli ha permesso di costruire set giganteschi dove noi attori potessimo essere facilitati, ottenendo un effetto più realistico» ci racconta James Franco, che abbiamo incontrato per farci raccontare che cosa si nasconde nel cilindro del suo Oz.
Di green screen, comunque, ne avrete visto parecchio…
«Assolutamente. Ci sono state giornate in cui si usciva dallo studio con un puntino verde negli occhi, ma ne è valsa la pena. E, come dicevo, Raimi ha fatto di tutto per ricreare ambienti reali, scenografie tradizionali, non solo immagini realizzate al computer. Ormai sono abituato a recitare in film “tecnologici”, a immaginare cose che non esistono, ma quando invece che parlare a una pallina da tennis legata a un bastone, ci si può rivolgere a un essere in carne e ossa è sempre più facile».
Questo ruolo è stato prima offerto a Robert Downey Jr. e poi a Johnny Depp. Solo dopo il loro rifiuto hanno chiesto a te. Come te lo spieghi?
«Che abbiano chiesto a me o che gli altri abbiano rifiutato?».
Che abbiano rifiutato…
«Robert, in realtà, aveva accettato la parte. Solo che Sam gli ha regalato una piantina quando si sono visti per la prima volta. Al secondo incontro, a casa di Robert, Sam ha visto che era stata abbandonata in un angolo, lasciata a morire e lo ha interpretato come un cattivo segno».
A te la piantina l’ha data?
«No, non c’era bisogno: mi conosceva già bene per avere lavorato insieme alla trilogia di Spider-Man. Comunque dopo Robert è toccato a Johnny Depp, che alla fine ha deciso di mollare. Solo allora Sam si è rivolto a me e mi ha fatto leggere la sceneggiatura. Mi ha impressionato molto. Ne abbiamo parlato un po’ e ho avuto la sensazione che entrambi avessimo lo stesso approccio e volessimo pagare un tributo all’adattamento originale de Il mago di Oz, dove il personaggio viene presentato al pubblico come un elegante vecchietto. Ora se ne potrà conoscere la versione giovane, con uno spirito completamente diverso». […]
(Foto Getty Images)
© RIPRODUZIONE RISERVATA