Fare altro nella vita – tipo laurearsi – e poi improvvisamente diventare comici di Zelig, trovandosi un bel nome d’arte, ovvio. Creare dei tormentoni che il pubblico difficilmente possa dimenticare e su YouTube facciano milioni di contatti. Diventare l’idolo di talmente tanti fan da tentare la fortuna anche al cinema. Jonny Groove, all’anagrafe Giovanni Vernia, deve aver studiato con attenzione il manuale del successo di Checco Zalone, suo amico, tanto che questo 38enne che nella vita credeva di fare l’ingegnere elettronico (e per alcuni anni l’ha pure fatto) ora è pronto per l’ultimo step. Oggi debutta al cinema nel triplice ruolo di sceneggiatore, regista e interprete in Ti stimo fratello (a proposito di tormentoni…), film in parte autobiografico dove racconta le avventure di due gemelli diversi (gli stessi su cui ha costruito anche le sue due tournée teatrali) e dove tornerà a far ballare l’Italia al grido di: «Essiamonoi».
Best Movie: Come vive questo debutto Giovanni Vernia?
Giovanni Vernia: «Con molta ansia. E molto sonno. Io sono un pessimista di natura. Del resto, sono genovese. Cerco di riempirmi le giornate in modo da non pensarci troppo. Per cui se vogliamo continuare quest’intervista a oltranza, per me va bene».
BM: E Jonny?
GV: «Ehi, fratelli, spettacolo! Questo qui è un film dove nel biglietto d’ingresso c’è anche la consumazione. E quando esci dalla sala, se non balli «Essiamonoi essiamonoi», devi rimanere dentro. C’è la selezione naturale all’uscita».
BM: Tra l’altro si tratta di un “battesimo” impegnativo. Non solo interpreti due ruoli, ti sei seduto anche dietro la macchina da presa?
GV: «Sì, e ho anche fatto la colonna sonora!».
BM: Perché Jonny Groove aveva bisogno di un film?
GV: «Perché Paolo Uzzi, il mio autore storico, ed io volevamo raccontare la storia di questo personaggio. E, partendo addirittura dalla sua infanzia, spiegare da dove nasce questa sua passione per la musica house e perché è così deficiente. Un desiderio nato dopo due anni di Zelig, quando Jonny era ormai diventato un personaggio piuttosto popolare. Per fortuna abbiamo trovato un produttore disposto a sostenere il nostro sogno».
BM: Quanto, in tutto questo, ha contribuito il successo al botteghino dei film di Checco Zalone?
GV: «Be’, tanto. Anche perché grazie a lui il cinema ha iniziato a guardare con interesse e molta meno diffidenza il mondo dei comici, specie quelli lanciati da Zelig».
BM: Uno stimolo ma anche un rischio.
GV: «E questo è il lato dolente. Perché, dopo l’exploit di Checco e di altri film analoghi, vedi Benvenuti al Nord, sembra quasi che tu sia obbligato a raggiungere lo stesso risultato. E questo mette molta ansia».
BM: Ti stimo fratello funzionerà?
GV: «Sinceramente non lo so. Io sono molto soddisfatto e vi posso garantire che la gente uscirà dal cinema ridendo. Questo era ed è il nostro principale obiettivo. E anche quello che potrebbe scatenare il passaparola e decretare il successo del film».
BM: Maurizio Micheli, che nel film interpreta tuo padre, l’ha definito un film garbato…
GV: «Sì, perché non c’è volgarità, non c’è l’uso della parolaccia o del nudo. Anche perché il mio è anche un pubblico di bambini. Abbiamo pensato questo film per le famiglie».
BM: Quale è stato il film comico che negli ultimi anni ti ha divertito di più?
GV: «Benvenuti al Sud, ma anche quelli di Checco».
BM: A proposito di Zalone, spesso capita che veniate paragonati, data la somiglianza dei vostri personaggi. Ti infastidisce?
GV: «È la nostra ossessione, anche perché credo che Checco e Jonny siano molto diversi, nonostante si tratti di “due elefanti in una cristalleria” che in qualsiasi ambiente si trovino riescono a combinare disastri per via della loro ingenuità».
BM: Un po’ come Giovanni. Anche lui, in fondo, ha questo tratto ingenuo che non lo rende così diverso dal fratello Jonny. Nel film questo è evidente.
GV: «Sì, anche Giovanni è uno sfigato!».
BM: Come è stato tornare a Milano? (Giovanni da qualche anno si è trasferito a Roma dove vive con la moglie e la piccola Matilda)
GV: «Meraviglioso. Io sono un fan accanito di Milano. A me piace chiamarla la New York dell’Italia, perché è una città sempre in fermento e che ti permette di realizzare i sogni».
BM: Quanto ti manca la tua vita di prima?
GV: «Non mi manca. E non perché avessi un lavoro noioso. Anche quando mi assorbiva completamente, io mi prendevo i miei spazi. Mi ricordo che una sera sono andato a ballare con i miei amici al Cafè Solare, a Milano. Siamo rimasti lì fino alle 5 del mattino, poi abbiamo accompagnato a casa delle ragazze che avevamo conosciuto e ci siamo ritrovati alle 7.30 nel traffico della tangenziale e io alle 9 dovevo essere in ufficio in giacca e cravatta. Arrivato a casa mi sono fatto la doccia gelata e poi sono andato. Durante la giornata, ogni tanto andavo in bagno, puntavo la sveglia e dormivo per 10 minuti e poi tornavo al lavoro».
BM: Quando è nato Jonny?
GV: «In un certo senso proprio lì, in ufficio. Mi divertivo a fare le imitazioni dei manager ai miei colleghi e a un certo punto mi è venuto il pallino di iscrivermi alla scuola di teatro. Perché tutti mi dicevano che facevo ridere».
BM: Dopo il film, il futuro di Jonny cosa prevede?
GV: «Dopo il film Jonny sparirà. O meglio, tornerà solo nelle occasioni speciali. Adesso voglio dedicarmi un po’ a Giovanni perché è quello che mi diverte di più. E poi voglio dimostrare che anche lui può far ridere senza nessuna maschera».
BM: Ma non c’è in serbo nessun altro personaggio?
GV: «Sì, c’è l’idea di un personaggio alternativo, anche questo moderno, attuale e cucito addosso a me stesso, come Jonny. Però voglio andarci con calma».
BM: Se ci fosse ancora l’occasione di un film, con quali attori ti piacerebbe lavorare in futuro?
GV: «Per gli uomini, Pierfrancesco Favino. Trovo sia bravissimo, perché è un dei pochi attori “drammatici” che sa anche fare ridere, e molto. Per le donne, punto un po’ in alto… Meryl Streep. Oltre a essere un’interprete straordinaria, è anche una persona estremamente umile e simpatica. L’ho conosciuta in occasione di un’ospitata in un programma televisivo e, grazie a Jonny, sono pure riuscita a divertirla».
BM: Adesso che hai sperimentato la tv, il teatro, il cinema, dove ti trovi più a tuo agio?
GV: «In discoteca». (ride)
BM: Non vale come risposta.
GV: «In teatro. Lì mi diverto davvero e soprattutto ho il riscontro immediato del pubblico».
BM: Mai pensato a uno spettacolo solo danzato?
GV: «Nooo, mai! Anche se mi piace molto ballare».
BM: Ma non i balli latino-americani…
GV: (interviene Jonny) «No, fratella, non parlarmi di latino-americano, perché io ho visto gente sparire nelle sale di latino-americano, mangiata dai balli di gruppi».
(Giovanni) «Però, ad esempio, la salsa mi piace molto. La ballo anche nel film. E ho fatto un corso mentre ero in vacanza a Cuba».
BM: Meglio ballare Essiamonoi, però.
GV: (Jonny) «Puoi dirlo, fratella».
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