Vent’anni dopo la disastrosa visita di prova organizzata da John Hammond per i suoi nipoti, un paleontologo, una paleobotanica e un matematico, il parco ha riaperto, questa volta al pubblico. Stavolta tutto fila liscio, anche troppo, tanto che i sondaggi dicono che l’hype è in calo: come per qualsiasi terra dei divertimenti, si chiami Gardaland o Jurassic World, ogni due anni servono nuove attrazioni. In questo caso nuove attrazioni significa nuovi dinosauri, ma finiti quelli messi a disposizione da Madre Natura tocca ricorrere all’ingegneria genetica. Nasce su queste basi l’Indominus Rex, mega-dinosauro femmina, un ibrido con la pelle bianca e una serie di abilità che sorprendono i suoi stessi creatori. Per quanto reggerà stavolta il recinto?
Puro cinema anni ’90, imbevuto del senso morale da Vecchio Testamento di Steven Spielberg, che manda al macello (non portate i bimbi troppo piccoli), come ormai non si usa più, guerrafondai e capitalisti senza scrupoli, e trasforma ogni incidente in un puntello al senso della famiglia e della collettività. A parte questo, la sfida del film è la stessa del parco, cioè suscitare di nuovo meraviglia in piena parabola discendente del cinema digitale, quando ormai tutto è stato creato e visto proprio a partire dai dinosauri, e si comincia a ragionare in termini di immersione e interattività. Su questo piano il film è un po’ carente, la nuova creatura assomiglia troppo a un T-Rex, e le parti migliori riguardano le zone di immaginario preistorico ancora inesplorate, quindi la piscina con lo squalo gigante – già svelata nel trailer – e il recinto con i dinosauri cuccioli per far divertire i bambini.
Per il resto la costruzione della storia viaggia su snodi che sono la copia carbone del film del 1993, esplicitamente citato in più di una scena: SPOILER dall’evasione del predatore, alla veglia al dinosauro ferito; dal salvataggio dei bambini, agli embrioni trafugati e usati come merce di scambio. L’unico spunto nuovo sono i velociraptor addomesticati, ed è molto bella la prima scena in cui il personaggio di Chris Pratt li governa. Da lì matura l’idea di una possibile alleanza tra uomini e dinosauri che porta a un finale ancor più cinefilo di tutto il resto (c’è anche un lungo omaggio agli Uccelli di Hitchcock), con lo scontro tra la vecchia e la nuova guardia, ovvero tra due immaginari e generazioni FINE SPOILER.
Visto comunque con questo spirito, come un remake più che come un sequel, Jurassic World svolge il suo compito per bene: è ancora, in fondo, un horror eco-vengeance, ed è ancora quella la sua forza, l’aver trasformato un genere di nicchia in un brand popolare attraverso l’esplorazione di un immaginario fanciullesco. I bambini urlano, ma non ne hanno mai abbastanza. E, ad essere onesti, nemmeno noi.
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