Ken Loach, l’iconico filmmaker e sceneggiatore politicamente impegnato, già regista di conclamati capolavori come Piovono pietre (1993), Terra e libertà (1995) e My Name Is Joe (1998), ha annunciato la decisione di dire addio al mondo del cinema a 87 anni, dopo una lunga e prolifica carriera.
In passato Loach aveva già manifestato l’intenzione di fare un passo indietro, senza tuttavia cessare del tutto l’attività registica. Lo scorso maggio, durante una conferenza stampa dedicata al suo ultimo film, The Old Oak, presentato in anteprima in concorso al 76º Festival di Cannes, il regista aveva dichiarato che quello sarebbe stato il suo ultimo film, e stavolta sembra determinato a fare sul serio.
Ken Loach ha parlato della sua irrevocabile decisione in un’intervista rilasciata a Variety nelle ultime ore, nella quale ha spiegato come ormai non si senta più fisicamente in grado di proseguire con la sua carriera:
«Penso che, per quanto riguarda la salute, l’idea di rimettermi di nuovo al lavoro sia probabilmente un passo troppo lungo. Ti fermi solo quando devi assolutamente farlo, e io credo di essere arrivato al capolinea.»
Il regista ha però insistito sul non definire l’attuale ciclo di impegni con la stampa come una sorta di “tour di addio”:
«Cerco solo di pensare al futuro e di non essere nostalgico. Non fare film non significa che il tuo rapporto con i film, gli studenti e persone che scrivono di film debba cessare del tutto. E sono stato fortunato, perché rimangono molte possibilità di fare cose legate al mio lavoro che tuttavia non richiedono lo stesso livello di fatica e di impegno nel viaggiare.»
Con la sua cinematografia, Ken Loach ha affrontato innumerevoli argomenti sociali, come la povertà, la salute mentale, i diritti del lavoro e lo stato sociale offrendo anche alcuni interessanti ritratti dei periodi più significativi del XX secolo del Regno Unito. Ha tuttavia ammesso di non essere riuscito a portare sul grande schermo uno degli argomenti che più ha a cuore, ovvero la Palestina:
«È sempre stato un argomento sul quale avrei voluto lavorare, ma non sapevo davvero come affrontarlo. Avrei potuto fare un documentario, ma volevo fosse un grande progetto e certamente nell’ultimo decennio è diventato qualcosa che va oltre le mie possibilità.»
Osservazione che ha poi portato il regista a lodare il celebre discorso espresso da Jonathan Glazer in occasione dell’ultima Notte degli Oscar, dove è stato premiato con la statuetta al Miglior film straniero grazie a La zona d’interesse:
«Ha ottenuto un sacco di sostegno da molti, molti ebrei che hanno detto come sia riuscito a spezzare lo stereotipo secondo il quale tutti gli ebrei supporterebbero ciò che Israele sta facendo, perché chiaramente non è così. È stato molto coraggioso, soprattutto perché sono sicuro che fosse bene a conoscenza delle conseguenze delle sue parole. Ho grande rispetto per il suo lavoro.»
Nel corso della sua carriera Ken Loach ha ricevuto molti prestigiosi riconoscimenti. Al Festival di Cannes ha ottenuto per due volte la Palma d’oro grazie a Il vento che accarezza l’erba (2006) e Io, Daniel Blake (2016), mentre si è aggiudicato per tre volte il Premio della giuria grazie a L’agenda nascosta (1990), Piovono pietre (1993) e La parte degli angeli (2012).
Nel 1994 ha invece ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, mentre nel 2014 è stato premiato con l‘Orso d’oro alla carriera al Festival internazionale del cinema di Berlino. A questi si aggiungono anche i premi ottenuti al Festival internazionale del film di Locarno, che ha conferito al regista il Pardo d’onore nel 2003 ed il Prix du Public nel 2016.
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Foto: Juan Naharro Gimenez / Getty Images
Fonte: Variety
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