Oggi ha aperto i battenti la 67esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Per l’occasione pubblichiamo per intero l’articolo firmato dal direttore Marco Mueller, che trovate sul nostro numero di settembre, all’interno dello speciale Venezia 2010. (Foto Kikapress)
Lasciarsi invadere dalla ricchezza di proposte: è questo il mio consiglio per gli spettatori della 67ª Mostra di Venezia. Chi arriva, anche se per la prima volta, non dovrebbe faticare troppo a orientarsi tra le linee del programma. Certo, abbiamo voluto suggerire itinerari per orientarsi in Orizzonti, ma quello è un nuovo continente visivo ancora senza mappe. Tutti potranno invece fabbricarsi le proprie coordinate dentro il cinema italiano di Controcampo, e soprattutto tra i film da tutto il mondo in corsa per il Leone d’oro e Fuori Concorso. Una conferma: non frequentate solo le proiezioni del mattino riservate agli accreditati, ma anche quelle serali, ci sarà sempre un contingente di posti perché gli accreditati possano sperimentare l’atmosfera “elettrica” della proiezione ufficiale in Sala Grande, seduti a poche poltrone dalle grandi star del Festival. A Venezia di stelle ce ne saranno tante, a cominciare da quelle che sfileranno sul tappeto rosso della serata d’apertura, e incarnano la parte del divismo che meglio ci riguarda: la madrina della Mostra Isabella Ragonese; i “divini” atipici Natalie Portman e Vincent Cassel protagonisti di Black Swan; le superstar asiatiche Donnie Yen e Shu Qi di Legend of the Fist; Danny Trejo – il Kitano impassibile del cinema action occidentale – e Jessica Alba per Machete di Robert Rodriguez. Sono attori e attrici dalla versatilità spesso imprevista, a proprio agio nel cinema d’autore come in quello di genere, in continua evoluzione. Un po’ come gli interpreti dei film italiani selezionati per il Concorso, che a volte tornano anche in altre sezioni: l’Alba Rohrwacher “rimodellata” tanto da Saverio Costanzo ne La solitudine dei numeri primi che da Marco Bellocchio in Sorelle Mai; Giuseppe Battiston, che vi farà commuovere e ridere ne La passione di Carlo Mazzacurati per poi lasciarvi con un groppo in gola in Notizie degli scavi di Emidio Greco, col suo modo di sfiorare con un gesto e uno sguardo Ambra che ti entra dentro e non ti lascia più; e poi c’è il gran cast, giovane e non, di Noi credevamo di Mario Martone; oppure l’altra faccia, anche quella imprevedibile, di Maya Sansa, che ne La pecora nera piroetta con Ascanio Celestini in formidabili interludi comico-sentimentali. Accanto agli interpreti “stelle”, i registi “superstelle”: maestri come Martin Scorsese con la sua cinelettera a Elia Kazan, il genio dell’animazione est-europea Jan vankmajer, Manoel de Oliveira, dimostrazione che sullo schermo la giovinezza è una categoria dello spirito che non ha nulla a che fare con l’anagrafe, e Monte Hellman, uno dei numi tutelari del cinema indipendente americano, che torna con il thriller antonioniano Road to Nowhere. O come John Woo, il cineasta che ha fatto esplodere per poi rifondarli gli stilemi del gangster-movie, premiato con il Leone d’oro alla carriera. Nomi “storici”, come Paul Morrissey e Ken Jacobs, anche in Orizzonti, sezione reinventata quest’anno per accogliere modelli di cinema che rifiutano di appartenere a questo o quel campo estetico, e che soddisferanno le più diverse inclinazioni, curiosità, ossessioni. Un territorio ricchissimo di sorprese: come tutta la Mostra, che torna a confrontarsi con uno dei fenomeni delle ultime stagioni, la stereoscopia, scegliendo di puntare sul cinema di casa nostra che si sposa coi percorsi di ricerca delle arti visive (All Inclusive), e sul 3D degli antipodi, con l’horror dei fratelli Pang The Child’s Eye, che richiede spettatori dai nervi ben saldi, e il primo film tridimensionale cinese, il corto di animazione Space Guy di Zhang Yuan, molto vicino allo stile della Pixar. John Lasseter e compagni stiano in guardia…