Alla Berlinale 2019 è approdato l’unico film italiano in concorso, La paranza dei bambini, diretto da Claudio Giovannesi e tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, che l’ha sceneggiato insieme al regista e a Maurizio Braucci. Un romanzo di formazione criminale spietato ma toccante, che ha per protagonisti un gruppo di quindicenni alla conquista del potere e della supremazia territoriale nel Rione Sanità di Napoli. Arriverà nelle sale italiane domani, distribuito da Vision Distribution, ma intanto i realizzatori hanno avuto modo di presentarlo alla stampa al Festival di Berlino, dove sono arrivati anche gli otto giovani protagonisti, che il titolo internazionale ribattezza Piranhas.
In conferenza stampa hanno preso brevemente la parola, lasciando trapelare con stupore e semplicità quanto quest’esperienza totalmente inaspettata su un set cinematografico sia stata per loro fonte di arricchimento umano e occasione per fare i conti una quotidianità tormentata. Un ambiente e un’atmosfera che conoscono da molto vicino, essendo ragazzi del luogo, e che hanno portato sullo schermo con enorme verosimiglianza. Nella vita vera sono pasticcieri, cuochi, barbieri. Per Francesco Di Napoli, che interpreta il protagonista, la scena più difficile da girare è stata la sequenza in cui ha dovuto piangere allo specchio dopo il primo omicidio.
Quella de La paranza dei bambini è una storia decisamente in linea col percorso cinematografico di Giovannesi, che in passato ha diretto Alì ha gli occhi azzurri e Fiore, racconti adolescenziali dolorosi e sofferti, ma anche degli episodi di Gomorra – La serie: «Il mio film si regge sui volti di questi ragazzi e la macchina da presa doveva stare su di loro senza giudicarli. Quello che cerco di fare nel mio lavoro è mostrare l’umanità dei personaggi, creare un universo empatico in cui ci si possa riconoscere. Il mio è sempre un percorso di conoscenza, che poi cerco di restituire al pubblico. Non penso che un film debba avere un impianto pedagogico, educare spetta alle istituzioni e a alle famiglie».
I giovani attori del film sono stati scelti alla vecchia maniera neorealista, dopo ben 4000 provini dai quali sono emersi le facce più giuste e vere per aderire ai componenti della baby gang partenopea. «Abbiamo scelto di girare in sequenza perché i ragazzi protagonisti non avevano letto il libro – spiega Giovannesi – Dovevamo far progredire gradualmente ogni personaggio. Non abbiamo voluto fare della sociologia su Napoli né tornare a immergerci a Scampia, ma quello che ci interessava era un racconto sull’adolescenza che fosse ambientato nella Napoli di Eduardo De Filippo e Vittorio De Sica, che a differenza di altri luoghi, come Trastevere a Roma, ha conservato la sua anima popolare».
Neorealisti sono anche molti dei riferimenti da cui il cineasta si è fatto ispirare: «Mi sono lasciato guidare da un’immagine del prefinale di Germania anno zero di Roberto Rossellini, con il ragazzino che gioca tra le macerie. Ho guardato anche a Francesco Rosi, mescolando questi riferimenti con film di ragazzini degli anni ’80 come Stand by me e I Goonies. Dopotutto La paranza dei bambini già dalla fase di scrittura si muoveva sul binomio del gioco da un lato e della guerra dall’altro. Del gioco volevamo raccontare la purezza e l’innocenza, ma anche il modo in cui progressivamente precipita verso il conflitto. La prima scena è il furto di un albero di Natale e dice già tutto. Di sicuro non volevo rifare Gomorra né fare una Gomorra junior e l’ho ripetuto spesso anche agli attori».
«Questo film non vuole raccontare Napoli attraverso il mondo ma il mondo attraverso Napoli – aggiunge invece Roberto Saviano – In questo territorio c’è una grande dispersione scolastica e immergerci al suo interno ci ha permesso di raccontarlo senza scorciatoie. I bambini nelle organizzazioni criminali non sono mai mancati, ma nel mio romanzo ho voluto raccontare il punto di vista di chi ha 13, 14 anni e si ritrova ad avere migliaia di euro a settimana. Paranze come questa esistono in Bulgaria, Albania e Sudafrica e stanno cambiando i percorsi umani: si torna a morire come in età medievale, giovanissimi, entro i ventiquattro anni. Per questi ragazzi la pistola è come la lampada di Aladino, gli permette di avere subito tutto quello che vogliono: 500 euro per andare la sera in un locale, scarpe, vestiti, Playstation, la felicità di una casa, l’illusione di vivere nel paese dei balocchi. Quella dei paranzini è un’euforia del crimine, come un videogame da cui non si può tornare indietro».
In risposta a delle domande di giornalisti stranieri, Saviano ha avuto anche modo di soffermarsi sulla politica italiana e sulla sua vita sotto sorveglianza: «La questione della mia sicurezza non è un privilegio, è un dramma. La scorta è stata tolta anche a un altro giornalista, Sandro Ruotolo, ma grazie all’impegno mio e di altri gli è stata rimessa. L’Europa non è più un territorio sicuro per chi scrive e chi racconta. Rimango comunque sereno e non mi farò intimidire dalle minacce del Ministro dell’Interno. Salvini è l’unico politico in occidente che indossa la divisa della polizia in occasioni pubbliche, ed è un attacco alla democrazia».
Foto: Getty Images
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