Nella giornata di ieri il film di Stefano Mordini, La Scuola Cattolica, tratto dal libro omonimo di Edoardo Albinati Premio Strega nel 2016 e nelle sale da giovedì 7 ottobre, è stato vietato ai minori di diciotto anni.
La censura viene operata su un film che racconta una storia vera, una storia di omicidio e di stupro. Quella di una grave violenza perpetrata ai danni di due donne, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, un crimine che sconvolse l’intero Paese, ancora vivo nella coscienza collettiva: il delitto del Circeo.
Un divieto, che viene imposto per un film che ripercorre i fatti che hanno segnato la storia dell’ordinamento giuridico italiano, aprendo nel 1975 un dibattito che si sarebbe concluso solamente nel 1996, quando per la legge italiana la violenza sessuale passò dall’essere considerata un reato contro la morale a un crimine contro la persona.
Il film era già stato presentato fuori concorso all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, lo scorso settembre, e in quella circostanza era stato classificato come vietato ai minori di 14 anni.
La Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche incaricata dalla Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura ha così motivato la sua decisione:
Il Film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. In particolare i protagonisti della vicenda pur partendo da situazioni sociali diverse, finiscono per apparire tutti incapaci di comprendere la situazione in cui si trovano coinvolti. Questa lettura che appare dalle immagini, assai violente negli ultimi venti minuti, viene preceduta nella prima parte del film, da una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono sostanzialmente messi sullo stesso piano. Per tutte le ragioni sopracitate la Commissione a maggioranza ritiene che il film non sia adatto ai minori di anni diciotto.
Le motivazioni del divieto imposto vertono dunque tutte attorno a elementi tematici del film o a valutazioni di tipo artistico-espressivo, limitando di fatto la stessa libertà artistica e di espressione degli autori.
Questo è accaduto sebbene il DPR 11/11/1963 n. 2029 (Regolamento di esecuzione della Legge 21/4/62 n. 161 sulla revisione dei film e dei lavori teatrali) all’articolo 9 elenchi in modo chiaro gli elementi scenico/narrativi che possono determinare l’applicazione del divieto di visione ai minori, e tra i quali non è di certo inclusa la tematica di un film (anche quando la stessa risulti incentrata su valutazioni teologiche o filosofiche).
Una decisione in netta contrapposizione con quanto affermato lo scorso aprile dal Ministro Dario Franceschini che, alla firma del decreto che istituì la nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, commentò: «Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti».
«Non riesco a trovare delle ragioni valide per questa censura e se mi sforzo di trovarle, mi inquietano – commenta così Stefano Mordini – Nella motivazione della commissione censura si lamenta il fatto che le vittime e i carnefici siano equiparati, con particolare riferimento a una lezione di un professore di religione, ma questo è esattamente il contrario di quello che racconta il film, e cioè che, provenendo dalla stessa cultura, è sempre possibile compiere una scelta e non deviare verso il male. Una delle due vittime, all’epoca, era minorenne e il nostro è un film di adolescenti interpretato da adolescenti. Trovo assurdo che oggi si vieti ai ragazzi anche solo di vedere, attraverso un libero mezzo di espressione, quello che due ragazze come loro anni fa hanno subito, questo atto censorio priva una generazione di una possibile presa di coscienza che potrebbe essere loro utile per difendersi da quella violenza spesso protagonista nella nostra cronaca. E questo perché alcune delle ragioni di quella tragedia sono purtroppo ancora attuali».
«I miei assistiti sono, rispettivamente, sorella di Rosaria Lopez e fratello di Donatella Colasanti, e ne sono anche eredi mortis causa – così dichiara l’avvocato Stefano Chiriatti – Hanno visionato, unitamente al sottoscritto scrivente, il film ‘La Scuola Cattolica’. Il loro evidente coinvolgimento, personale e affettivo, nella vicenda narrata, per la parte che li riguarda, ha indotto in Letizia e Roberto il risvegliarsi di traumi e dolori profondi, legati a quanto patito nel 1975 e negli anni successivi. Malgrado l’enorme sacrificio, umano ed emotivo, legato alla rievocazione vivida, visiva e sonora, di quanto accaduto alle rispettive sorelle, hanno, tuttavia, apprezzato la volontà di tramandare, anche in chiave di ammonimento per il futuro, la memoria della loro tragedia, soprattutto alle giovani generazioni. Hanno, pertanto, appreso con grande sorpresa della decisione del Ministero della Cultura di vietare la visione del film ai minori degli anni diciotto».
Foto: @ Claudio Iannone
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