Vi avevamo parlato delle minacce contro James Franco e a Seth Rogen da parte del governo Nord Coreano per The Interview, il film politicamente scorretto su un conduttore americano Dave Skylark (James Franco) e del suo produttore Aaron Rapoport (Seth Rogen) che volano a Pyongyang per intervistare il dittatore e grande fan dello show Kim Jong-un, che per l’occasione diventa il centro di un’operazione di eliminazione da parte della CIA .
La vendetta annunciata è stata infatti compiuta: nessuno spargimento di sangue, ma un’operazione di cyberspionaggio da parte del governo nordcoreano ha messo fuori uso i sistemi informativi e informatici della Sony, la casa di produzione del film. Il gruppo di hacker, che si fa chiamare Guardians of Peace, ha violato e diffuso ben 40 GB di materiale riservato, tra cui numeri di passaporto, carte di credito, discussioni private e dati sugli stipendi dei dipendenti. Tra questi figurerebbero proprio i cachet dei due attori, che dalla pellicola avrebbero guadagnato rispettivamente 8.4 milioni di dollari Rogen (che è anche regista insieme ad Evan Goldberg) e 6.5 Franco per la sua parte come co-protagonista. La pellicola è costata in tutto 44 milioni di dollari di cui, a budget, 241 mila risultano impiegati per un’intera tavolata di erba, coca, pillole e mutandine. Considerato lo screening speciale a base di marijuana organizzato da Rogen non ci sarebbe di che stupirsi.
La Sony avrebbe infatti ben altro di cui lamentarsi: tra le informazioni trapelate, emerge un manifesto malcontento da parte dei dipendenti, che si sarebbero lamentati delle scelte produttive. Tra le rimostranze più diffuse, ci sarebbe un’intolleranza di base per il franchise di Spiderman e per i film con Adam Sandler, che mettono in ombra pellicole più sperimentali, del tenore di The Social Network o Moneyball. Mentre i piani alti sono accusati di consentire ai registi di sperperare le risorse economiche in jet privati e capricci, le produzioni, dicono i dipendenti, si assomigliano tutte, rischiando di rendere la Sony molto meno competitiva sul mercato delle Major.
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