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Leggere Lolita a Teheran, la resistenza letteraria delle donne iraniane alla Festa del Cinema di Roma

Il film, girato in Italia, è l'adattamento del libro autobiografico di Azar Nafisi e racconta di un'insegnante che spiegò la letteratura dell’Occidente a ragazzi e ragazze esposti in maniera sempre crescente all’indottrinamento islamico.

Leggere Lolita a Teheran, la resistenza letteraria delle donne iraniane alla Festa del Cinema di Roma

Il film, girato in Italia, è l'adattamento del libro autobiografico di Azar Nafisi e racconta di un'insegnante che spiegò la letteratura dell’Occidente a ragazzi e ragazze esposti in maniera sempre crescente all’indottrinamento islamico.

Leggere Lolita a Teheran

Accompagnato dall’intero cast con in testa la protagonista Golshifteh Farahani, dal regista Eran Riklis e dall’autrice dell’omonimo bestseller edito da Adelphi Azar Nafisi, è stato presentato nel Concorso Progressive Cinema alla Festa di Roma Lettere Lolita a Teheran, che uscirà poi in sala il 21 novembre distribuito da Film Club Distribuzione

Il film, girato in Italia, è una produzione Minerva Pictures e Rosamont con Rai Cinema, in coproduzione con United King Films, Topia Communication Production e Eran Riklis Production, prodotto da Marica Stocchi, Gianluca Curti, Moshe Edery, Santo Versace, Michael Sharfshtein, Eran Riklis.

La storia è quella del romanzo omonimo, di successo anche in Italia: nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze, l’autrice Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi in un’impresa fra le più ardue: spiegare la letteratura dell’Occidente a ragazzi e ragazze esposti in maniera sempre crescente all’indottrinamento islamico. Quando le condizioni politiche e sociali non glielo consentono più, la professoressa Nafisi lascia l’insegnamento all’Università di Teheran e riunisce segretamente a casa sua sette delle sue studentesse più impegnate per leggere dei classici occidentali.

Mentre i fondamentalisti prendono il controllo, queste giovani donne tolgono il velo, parlano delle loro speranze più intime, dei loro amori e delle loro delusioni, della loro femminilità e della loro ricerca di un posto in una società sempre più oppressiva. Leggendo Lolita a Teheran, celebrano il potere liberatorio della letteratura nell’Iran rivoluzionario e formano il loro futuro. 

«Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi – dice il regista israeliano Eran Riklis alla Festa del Cinema di Roma – con la sua rappresentazione delle relazioni umane e delle questioni politiche e globali, mi ha colpito profondamente. Ero assolutamente consapevole della complessità di raccontare una storia così intima di donne in Iran, eppure sapevo che si trattava di una sfida meravigliosa ed emozionante».

«Dobbiamo trascendere la follia della violenza e siamo qui per la pace, anche se può sembrare ingenua come parola – prosegue – Volevamo trasmettere verità attraverso i nostri volti e la nostra onestà. Dobbiamo credere che il mondo cambierà, nonostante i tanti problemi che lo affliggono. “Tutto questo deve finire” potrebbe essere il motto di un prossimo candidato alla presidenza americana». 

Per la protagonista del film Golshifteh Farahani: «Le giovani donne del film si riuniscono in una casa per parlare di arte e cultura, nell’arte non ci sono differenze di lingua, religione e colore della pelle. I politici tendono a separarci, ma noi lavoriamo per l’unione, cercando una luce attraverso l’arte anche se loro lavorano per oscurarci. Nelle difficoltà possiamo riunirci per fare libri e film, tutto il resto sfuma, quasi non esiste.»

Commossa invece l’autrice del libro Azar Nafisi:  «Sono molto contenta del film. L’Italia l’ho conosciuta attraverso i cineasti italiani che finiscono tutti con la i, nomi Fellini, Visconti, Antonioni, Rossellini, tramite loro ho conosciuto l’Italia come repubblica dell’immaginazione. Abbiamo un regime totalitario che spara alle persone per strada, per accecarle, e i media parlano solo dei cattivi. Quando l’ho lasciato l’Iran mia madre mi disse: “Parla di noi”, perché le persone in Occidente non sanno chi siamo. Il nostro regime ci fa credere che il mondo si è dimenticato di noi, che non importa a nessuno».

«Il libro è stato scritto quarant’anni fa, in questo periodo il regime ha cercato di cambiare la mente e il cuore degli iraniani ma non ci sono riusciti: non mettersi il velo è una dichiarazione contro il regime» aggiunge, mentre Farahani conclude: «Non c’è alcuna separazione tra chi è fuori e chi è dentro, siamo lo stesso popolo, anche se alcuni di noi sono dovuti andar via per vari motivi e perché rimanere significava andare in prigione ed essere frustrati. Siamo ali dello stesso aereo, siamo uniti nella lotta per la libertà e l’uguaglianza, anche se appare molto lontana siamo pronti a camminare e siamo un’unica nazione ovunque noi siamo.»

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